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11/9 Stories, Danielle Pletka (AEI): cosa ci ha insegnato l'11 settembre?

Mondo

Valentina Clemente

"Spero che il 20mo anniversario dell’11 settembre sia davvero un'opportunità per tutti noi per ricordare non soltanto che 3000 americani hanno dato la vita. E nemmeno che un gruppo di terroristi ha colpito il cuore dell’America. Questa è la storia di altri. La nostra accetta gli insegnamenti e li porta avanti nella storia" - Danielle Pletka, Senior Fellow in Foreign e Defense Policy Studies all'American Enterprise Institute e docente di US Middle East policy alla Walsh School of Foreign Service 

Danielle Pletka è un punto di riferimento all'American Enterprise Institute, uno dei think tank più importanti negli Stati Uniti: per i suoi studi, per i suoi approfondimenti e la sua preparazione. Una scholar di altissimo livello, che ho avuto il piacere di conoscere nel 2005, quando ho fatto un periodo di internship proprio lì, all'AEI. Incontrarla via zoom dopo 16 anni è stato molto interessante, soprattutto perchè il mondo è molto cambiato da allora.

Secondo lei l'11 settembre è stato dimenticato?

 

Sì, assolutamente, la gente ha scordato quello che è accaduto. Penso che Barack Obama se ne sia dimenticato. E penso che ogni presidente da allora abbia dimenticato quello che è successo. Se un presidente americano può dimenticare, è pressoché certo che i leader stranieri abbiano messo da parte il pensiero su quello che è successo nel 2001.

La nostra storia deve portare avanti quello che ci ha insegnato l'11 settembre

Penso che molte persone abbiano dimenticato l'11 settembre e tanti insegnamenti che ci ha dato quel giorno. Se guardiamo la storia, la prima guerra mondiale finì nel 1918. Vent'anni dopo, nel 1938, Hitler occupò l'Austria. Questi furono i primi venti della seconda guerra mondiale. E tanti hanno dimenticato quei momenti di storia. Vent'anni sono tantissimi e le persone, come allora, dimenticano molte lezioni importanti. È un peccato e spero che il 20° anniversario dell’11 settembre sia davvero un'opportunità per tutti noi per ricordare non soltanto che 3000 americani hanno dato la vita – ovviamente: li ricordiamo ogni giorno. E nemmeno che un gruppo di jihadisti salafiti ha colpito il cuore dell’America. Questa è la storia di altri. La nostra deve essere quella che riceve degli insegnamenti e li porta avanti

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Abbiamo imparato qualcosa dall'11 settembre? Se sì, cosa?

 

È un'ottima domanda ma è anche una domanda molto difficile. Abbiamo imparato un'enorme quantità di lezioni quel giorno. E se le abbiamo apprese subito (e messe in pratica) subito dopo l'11 settembre, nelle settimane e nei mesi successivi, penso anche che, ora, stiamo iniziando a dimenticarne molte. Il tempo passa per tutti, ma per noi americani in particolare, vola. Le nostre vite, il nostro nuovo ciclo è diventato molto più breve, anche in questi vent'anni. E dimenticare è diventato più semplice. Negli ultimi anni, e anche a seguito dell'emergenza coronavirus, i capi di stat di molti paesi hanno preferito guardare alla politica interna. Ma non è un aspetto recente. Da tempo accade questo, da molto prima del Covid. Lo si può notare con l'ascesa dei leader populisti negli Stati Uniti, persone come Donald Trump ma anche Viktor Orban in Europa. Queste persone non sono interessate a ciò alla "The Freedom Agenda", la libertà delle altre persone, politica delineata da George W.Bush. In questi ultimi anni abbiamo capito che gruppi terroristici come Al Qaeda, ISIS mettono le loro radici e affondano il loro potere in paesi dove non c'è governo. Dove c'è caos e instabilità. Questa è la lezione che abbiamo davvero, davvero, dimenticato. 

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Il mondo è più sicuro ora?

 

Sì e no. Se osserviamo la politica di antiterrorismo americana, quindi far sì che gli americani si sentano più sicuri in America in questo momento, penso che la risposta sia sì. Non si è verificato un altro attacco come l'11 settembre. Credo che la nostra intelligence sia migliorata, quindi sì: per il momento penso che siamo più al sicuro. Il problema è che "per ora" è un'espressione importante, perché significa davvero in questi istanti, e non si sa nulla del futuro. 

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Non entreremo nei dettagli della decisione del presidente Joe Biden di ritirare l'esercito americano dall'Afghanistan. Crede, però, che la guerra sia stata vinta o persa, come mondo occidentale?

 

Non credo che abbiamo vinto la guerra. Prima di tutto, però, dobbiamo porci una domanda molto difficile: cosa significa vincere? Vincere significa sicurezza e protezione solo per noi stessi? Penso che molte persone guardino indietro con rabbia a George W. Bush, ma se si guarda indietro si vedono esattamente le stresse domande che ho appena fatto io. Il presidente ha ricordato a tutti i privilegi della democrazia, della libertà, dell'economia di mercato, dei diritti delle donne, della libertà religiosa, della libertà civile, della libertà politica. Questi elementi non sono solo per noi. E so che questo non è vero per tutti. Questa è davvero una prospettiva. Ma è certamente mia. Finché crediamo che quei diritti siano solo per noi, perdiamo. Non è necessario guardare molto lontano. Non è necessario che accada un altro 11 settembre. Guardiamo all'esplosione del porto di Beirut: qualcuno ha davvero vinto in un mondo in cui succede questo? E i tantissimi profughi che muoiono in mare mentre cercando di fuggire dall'Africa, dalla Siria, è questa la vittoria? Mezzo milione di persone muoiono mentre il mondo non si preoccupa affatto della Siria, è questa la vittoria? Penso che per me sarebbe vergognoso chiamare quella vittoria.

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