Molti connazionali hanno lasciato il Paese finito in mano ai talebani, ma c'è chi ha deciso di continuare la propria opera. Alberto Cairo, medico della Croce Rossa internazionale, vive da 30 anni nella capitale afghana e racconta a Francesca Mannocchi i motivi che lo spingono a rimanere
Nei giorni scorsi, diversi italiani - soprattutto diplomatici e civili - hanno lasciato l'Afghanistan. Ma ci sono connazionali che rimangono nel Paese finito in mano ai talebani. Tra loro c'è Alberto Cairo, medico della Croce Rossa internazionale, che nel reportage di Francesca Mannocchi racconta la sua storia, la situazione nel Paese e i motivi che lo spingono a rimanere nel territorio afghano (GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA SULL'AFGHANISTAN – LO SPECIALE SULLA CRISI - LE TAPPE DELLA GUERRA).
"Andarsene in questo momento è un crimine"
Cairo vive a Kabul da 30 anni, è arrivato per curare le persone e ha deciso che l'Afghanistan diventasse casa. Non se n'era andato negli anni Novanta durante il regime talebano, non va via nemmeno stavolta. Il medico è responsabile del programma di riabilitazione fisica, luogo di cura per migliaia di persone con handicap motori. "Non posso parlare per i militari - dice Cairo -, posso parlare per le organizzazioni internazionali. Bisogna restare, non c'è dubbio. In un momento come questo andarsene è un crimine".