Le promesse sul rispetto dei diritti fatte dai miliziani all’indomani dell’occupazione di Kabul si scontrano con la realtà delle prime denunce. La mano pesante si è fatta sentire soprattutto contro chi protesta. La onlus Pangea ha riferito che alcune attiviste afghane sono state picchiate. Alcuni giovani riferiscono di essere stati puniti in strada per non indossare abiti tradizionali
Durante la prima conferenza stampa dei talebani a Kabul, il portavoce Zabihullah Mujahid aveva affermato che ci sarebbero state "molte differenze" rispetto al passato, a partire dai diritti delle donne. Ma le promesse fatte dagli studenti coranici si scontrano con la realtà. La mano pesante della repressione talebana si è fatta sentire con chi protesta. E il futuro resta incerto per le donne: cresce la paura per il ritorno della repressione dei diritti, dopo le prime denunce di pestaggi diffuse dalla onlus milanese Pangea (GLI AGGIORNAMENTI SULL'AFGHANISTAN LIVE - LO SPECIALE - TUTTI I VIDEO).
“Picchiate dai talebani davanti ai bambini”
"Alcune donne di Pangea sono state picchiate dai talebani. Vedere le foto con i loro lividi è stato straziante. I bambini hanno assistito a scene di violenza inaudita e sono molto spaventati", scrive su Instagram la onlus che ha diffuso le immagini dell'arrivo all'alba delle attiviste e delle loro famiglie a Kabul. "Da venerdì Pangea lavora senza sosta per aiutare le colleghe di Kabul e le loro famiglie a raggiungere l'aeroporto. Sono stati giorni difficili. Le donne dello staff di Pangea e le loro famiglie sono rimaste intrappolate nella folla per ore, senza acqua, anche con bambini piccolissimi tra le braccia". Questa mattina le attiviste con le loro famiglie sono riuscite a raggiungere l'aeroporto. Alcune di loro sono già state imbarcate per l'Italia e arriveranno a Roma nelle prossime ore. "Le attiviste di Pangea sono state forti e hanno resistito. Hanno combattuto come leonesse per entrare in quell'aeroporto. Da questa mattina all'alba le donne di Pangea e loro famiglie sono tutte all'interno dell'aeroporto di Kabul. Alcune sono già state imbarcate. Le abbiamo salvate insieme!", si legge. In attesa di raggiungere l'Italia ci sono 240 persone tra collaboratrici e loro familiari.
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“Frustati in strada perché indossavamo i jeans”
Alcuni giovani afghani hanno denunciato di essere stati frustati dai talebani perché indossavano i jeans. In un post pubblicato su Facebook, riportato dal quotidiano britannico Daily Telegraph, un ragazzo afghano ha raccontato che stava camminando con i suoi amici a Kabul quando sono stati fermati da alcuni talebani che li hanno accusati di "non rispettare l'Islam". Due sono riusciti a scappare ma gli altri sono stati picchiati, frustati sul collo e minacciati con una pistola. Il quotidiano afghano Etilaatroz ha denunciato che nel weekend anche uno dei suoi giornalisti è stato picchiato e frustato perché non indossava "abiti afghani". Molte le altre segnalazioni di giovani presi di mira per aver indossato magliette e jeans.
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La repressione delle proteste
La repressione talebana si è scatenata soprattutto contro chi protesta. La scorsa settimana ad Asadabad sono morte almeno quattro persone dopo che i miliaziani hanno sparato sulla folla, anche se non è chiaro se le vittime siano cadute sotto i proiettili o per il caos causato dagli spari. Almeno tre morti e 13 feriti si contano anche a Jalalabad, nell’est dell'Afghanistan, dove i talebani hanno sparato sulla folla che sventolava la bandiera nazionale in occasione delle celebrazioni dell'indipendenza del Paese. A Khost, nel Sud, i fondamentalisti hanno imposto il coprifuoco per impedire alla popolazione di protestare. A Kabul, Emergency riferisce che nella città la situazione è più tranquilla, anche se si sentono ancora scariche di mitra e ci sono spesso feriti da proiettili.