Ad Anchorage il primo summit dell'amministrazione di Biden parte in salita. Le azioni di Pechino "minacciano la stabilità globale", ha detto il segretario di Stato americano Blinken. "Azioni decise" contro "l'interferenza americana" sono quelle minacciate in risposta dalla diplomazia del Dragone. Sullo sfondo le tante divergenze tra le due superpotenze, dalla questione degli uiguri a Hong Kong, dalla guerra commerciale ai cyber-attacchi
Prove di disgelo Usa-Cina nel vertice in Alaska, ad Anchorage, ma le posizioni fra le due superpotenze economiche appaiono distanti fin dalle prime battute del summit, il primo dall'insediamento dell'amministrazione di Joe Biden. Le azioni della Cina "minacciano" la stabilità globale, ha detto aprendo i lavori il segretario di stato americano Antony Blinken, spiegando che Washington non vuole un "conflitto" con Pechino "ma è favorevole a una dura concorrenza". Yang Jiechi, il più alto responsabile per la diplomazia cinese, gli ha replicato seccamente invitando gli Usa ad abbandonare la mentalità da guerra fredda e minacciando "misure dure" contro l’”ingerenza americana". Sono stati gli statunitensi a proporre il primo incontro di alto livello dell'era Biden e a volerlo sul proprio territorio per fare da padroni di casa. Insieme a Blinken c'è il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, mentre con Yang c'è il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Il faccia a faccia si concluderà oggi.
Verso un primo incontro Biden-Xi?
“È importante avere un'occasione per parlarci direttamente, chiaramente, apertamente, per provare ai nostri omologhi che le inquietudini da noi espresse pubblicamente sono le stesse che manifesteremo in privato”, ha spiegato Blinken. Anche Pechino ha promesso di mettere sul tavolo “tutte le questioni”, riconoscendo che una riunione non sarà sufficiente a risolverle e avvisando che non farà “alcun compromesso sui temi riguardanti la sua sovranità, la sua sicurezza e i suoi interessi”. La Cina, ha anticipato il Wall Street Journal, proporrà di ristabilire incontri regolari di alto livello e di programmare un summit virtuale tra il presidente Xi Jinping e Joe Biden durante la conferenza globale sul clima del 22 aprile, cui parteciperanno leader di tutto il mondo. Sarebbe il loro primo incontro, dopo l'unica telefonata di due ore avuta finora.
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Le tante divergenze
Le aspettative sul vertice sono state già ridimensionate alla vigilia. Per Pechino, l'incontro è l'occasione per premere sulla rimozione di tariffe e sanzioni imposte durante il mandato di Donald Trump alla Casa Bianca, mentre Washington vuole avvisare la Cina delle preoccupazioni che gli Stati Uniti e i suoi alleati e partner nutrono sulle sue politiche. Pesano infatti le divergenze su diversi dossier: la repressione degli uiguri, che gli Usa hanno già qualificato come “genocidio”, il giro di vite su Hong Kong, la tensioni su Taiwan e sul Tibet, la violazione dei diritti umani e le “detenzioni arbitrarie”, la “militarizzazione” del mare della Cina meridionale, le “pressioni economiche” e le pratiche commerciali sleali, il “furto della proprietà intellettuale”, i cyber-attacchi, l'assenza di trasparenza sulle origini del Covid-19.
Le possibili collaborazioni
Ma gli Usa intendono anche sondare i terreni di possibile collaborazione, come la lotta al climate change, la non proliferazione delle armi, la pandemia. Su quest'ultimo capitolo Pechino vuole proporre la creazione di un 'passaporto vaccinale' che faciliterebbe i viaggi tra i due Paesi. Restano comunque le grandi divergenze di fondo tra le due superpotenze.