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La procura egiziana: "Caso Regeni usato per nuocere ai rapporti tra Cairo e Roma"

Mondo

Per il procuratore il processo chiesto dai pm italiani "è immotivato". Il Cairo: "Il responsabile dell'omicidio resta sconosciuto". La Farnesina: "Parole inaccettabili"

La Procura generale dell'Egitto si schiera contro la decisione della magistratura italiana che, indagando sulla morte di Giulio Regeni, il 10 dicembre scorso aveva chiuso le indagini contro 4 appartenenti ai servizi egiziani, passo che precede l'apertura di un processo.  Per il Cairo ci sarebbe invece un tentativo in atto per guastare i rapporti tra Italia ed Egitto utilizzando la morte del ricercatore come pretesto. "Il Procuratore generale – si spiega in un comunicato - ha annunciato che per il momento non c'è alcuna ragione per intraprendere procedure penali circa l'uccisione, il sequestro e la tortura della vittima Giulio Regeni, in quanto il responsabile resta sconosciuto". Una presa di posizione subito duramente criticata dal portavoce di Amnesty International in Italia, Riccardo Noury: "Consideriamo inaccettabile" la dichiarazione della procura egiziana, con cui respinge ufficialmente le conclusioni delle indagini della procura di Roma sull'omicidio di Giulio Regeni, "e dovrebbe ritenerla inaccettabile anche il governo italiano dal quale auspichiamo una presa di posizione". 

Il procuratore egiziano esclude ciò che è stato attribuito ai quattro ufficiali

Nel comunicato della Procura si legge ancora: "Il procuratore" generale egiziano Hamada Al Sawi "esclude ciò che è stato attribuito a quattro ufficiali della Sicurezza nazionale a proposito di questo caso". Nel testo, pubblicato sulla pagina Facebook dell'istituzione, che per ora ha evitato di fornire l'elezione di domicilio degli indagati come richiesto invece dalla Procura di Roma, si sottolinea che "vista la morte degli accusati, non c'è alcuna ragione di intraprendere procedure penali circa il furto dei beni della vittima, il quale ha lasciato segni di ferite sul suo corpo". Il riferimento è ai cinque componenti della "banda criminale" specializzata in rapine a "stranieri", "tra i quali un altro italiano oltre alla vittima", come ricorda la nota della procura. Il gruppo fu sgominato in uno scontro a fuoco con forze di sicurezza al Cairo il 24 marzo 2016. Le autorità egiziane sostennero che nel loro covo furono trovati documenti di Regeni, tra cui il passaporto, ma la versione non convinse gli inquirenti italiani. Già nel comunicato congiunto del 30 novembre con la Procura di Roma, quella generale egiziana aveva avanzato "riserve sul quadro probatorio" che, a suo dire, è costituito "da prove insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio".

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"Parti ostili a Egitto e Italia vogliono guastare i rapporti tra i due Paesi"

Nel sostenere che un processo in Italia sarebbe immotivato, la Procura generale egiziana nel suo comunicato accredita la tesi che imprecisate "parti ostili a Egitto e Italia vogliano sfruttare" il caso di Giulio Regeni "per nuocere alle relazioni" tra i due paesi. Ciò sarebbe provato dal luogo del ritrovamento del corpo e dalla scelta sia del giorno del sequestro sia di quello del ritrovamento del cadavere, avvenuto proprio durante una missione economica italiana al Cairo, si sostiene nel testo. Per la Procura "sconosciuti potrebbero aver sfruttato" i movimenti di Regeni "per commettere il crimine, scegliendo il 25/1/2016 (anniversario della rivoluzione del 2011, ndr) perché sapevano che la sicurezza egiziana era occupata a garantire la sicurezza delle istituzioni dello Stato". Il responsabile "avrebbe dovuto rapirlo e torturarlo affinché il crimine fosse attribuito alla sicurezza egiziana, ha gettato il suo corpo a lato di una struttura importante appartenente alla polizia e in coincidenza con la visita in Egitto di una delegazione economica" italiana, si sostiene nel testo con implicito riferimento alla missione condotta dall'allora ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi. 

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L'autore dell'omicidio di Regeni per l'Egitto "non è ancora stato svelato"

"Tutto ciò come se il criminale avesse come scopo quello di informare il mondo intero della sua morte e di attirare l'attenzione" su di essa, viene aggiunto. "Ciò prova alla Procura generale che parti ostili all'Egitto e all'Italia vogliono sfruttare questo incidente per nuocere alle relazioni fra i due Paesi nel momento in cui questi rapporti avevano avuto ultimamente sviluppi positivi", si afferma nella nota. "Queste parti sono anche sostenute da media noti per la loro istigazione dei conflitti", sostiene ancora il comunicato aggiungendo che "la Procura generale", sulla base delle "circostanze di questo caso e alla luce di questa analisi, ritiene che ci sia un altro lato che non è stato ancora svelato dalle inchieste, come anche l'autore" del crimine.

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Farnesina: "Inaccettabili le parole della Procura egiziana su Regeni"

In una nota diffusa in serata la Farnesina sottolinea che "quanto affermato dalla Procura Generale egiziana relativamente al tragico omicidio di Giulio Regeni sia inaccettabile" e ribadisce "di avere piena fiducia nell'operato della magistratura italiana" e che "continuerà ad agire in tutte le Sedi, inclusa l'Unione europea, affinché la verità sul barbaro omicidio di Giulio Regeni possa finalmente emergere". "La Farnesina auspica che la Procura Generale egiziana condivida questa esigenza di verità e fornisca la necessaria collaborazione alla Procura della Repubblica di Roma".

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Amnesty International: "Il Cairo vuole smarcarsi da ogni resposabilità"

Secondo Amnesty International "c'è di nuovo un palese tentativo delle autorità del Cairo di smarcarsi da ogni responsabilità, attribuendo quanto  accaduto a misteriosi soggetti che avrebbero agito per contro proprio", sottolinea Noury, "si torna sull'idea del depistaggio con un'assoluzione da ogni responsabilità". "Dopo cinque anni", fa notare il portavoce di Amnesty, "salta fuori in questa nota che Regeni era stato attenzionato, ma poi disattenzionato, nonostante il suo comportamento fosse ritenuto sospetto". La posizione della procura egiziana, conclude Noury, "conferma l'indisponibilita' a collaborare, rilanciando piste diverse che puntano allo stesso obiettivo: l'auto-assoluzione da ogni responsabilità da parte del Cairo". 

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