Myanmar, il partito di Aung San Suu Kyi ha vinto le elezioni

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La Lega nazionale per la democrazia conquista la maggioranza dei seggi e potrà formare il nuovo governo. La leader, ancora amatissima dalla maggioranza Bamar del Paese, è ormai invisa alle minoranze etniche. E criticatissima dalle potenze internazionali. A causa, anche, della questione Rohingya, per cui l'esercito è accusato di genocidio

Nonostante le polemiche all'estero, la Lega nazionale per la democrazia (Nld) di Aung San Suu Kyi tiene ancora in Myanmar, dove ha conquistato la maggioranza dei seggi in parlamento nelle elezioni di domenica 8 novembre. Lo ha confermato la Commissione elettorale, a conteggio non ancora ultimato ma sufficiente per garantire al partito di Suu Kyi la maggioranza assoluta nelle due camere e la possibilità di formare il nuovo governo.

346 seggi su 412

L'Nld ha vinto 346 dei 412 seggi dichiarati finora, e ancora si attende il risultato di altri 64 seggi. Ma dato che ne bastavano 322 per governare, anche contando il quarto di seggi assegnato ai militari dalla Costituzione, il risultato è un trionfo del Nld proprio come nel 2015, quando si tennero le prime elezioni libere dopo la fine della dittatura militare.

TOPSHOT - Myanmar's State Counsellor Aung San Suu Kyi looks on before the UN's International Court of Justice on December 11, 2019 in the Peace Palace of The Hague, on the second day of her hearing on the Rohingya genocide case. - Aung San Suu Kyi appears at the UN's top court today, a day after the former democracy icon was urged to "stop the genocide" against Rohingya Muslims. Once hailed internationally for her defiance of Myanmar's junta, the Nobel peace laureate will this time be on the side of the southeast Asian nation's military when she takes the stand at the International Court of Justice. (Photo by Koen Van WEEL / ANP / AFP) / Netherlands OUT (Photo by KOEN VAN WEEL/ANP/AFP via Getty Images)

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Le accuse di genocidio

La popolarità di Suu Kyi in patria rimane alta in particolare tra la maggioranza Bamar, mentre le minoranze etniche hanno perso la fiducia nella "Signora" come sincera promotrice di un processo di pace equo. Le critiche straniere al nazionalismo dell'ex Nobel per la Pace sulla questione dei musulmani Rohingya, contro cui nel 2017 l'esercito ha mosso un'offensiva a cui l'Onu ha attribuito "intento genocida", non hanno intaccato il consenso interno per la leader, accusata all'estero di non aver fatto nulla per fermare il massacro.

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