Nello stato autoritario dell'Asia centrale, classificato all'ultimo posto nel World Press Freedom Index 2019 di Reporter Senza Frontiere, nessun caso di contagio dichiarato. Arresto per chi indossa la mascherina in pubblico
In Turkmenistan ai media statali è stato proibito usare la parola “coronavirus”. La segnalazione arriva da Reporter Senza Frontiere, organizzazione internazionale che si occupa di libertà di stampa. Ai giornalisti non è più permesso usare il vocabolo che, secondo quanto denunciato dal Turkmenistan Chronicle, sarebbe stato rimosso anche dalle brochure informative sulla salute distribuite in scuole, ospedali e luoghi di lavoro. La parola “coronavirus” è stata sostituita con “malattia” o “infezione respiratoria” (AGGIORNAMENTI - SPECIALE - LA DIFFUSIONE GLOBALE IN UNA MAPPA ANIMATA - I LUOGHI DEL MONDO IN CUI SI SONO REGISTRATI PIÙ CASI).
Nessun contagio dichiarato
La comunicazione ufficiale sull’epidemia nel paese è stata da subito insufficiente e le misure restrittive sono state imposte senza grandi giustificazioni e spiegazioni: da una decina di giorni la capitale è stata chiusa e gli spostamenti tra le province del Paese sono stati fortemente limitati con posti di blocco e controlli. Ma i corrispondenti di Radio Free Europe testimoniano di aver visto che nella capitale, Aşgabat, alcuni gruppi di persone sorprese a parlare della pandemia sono stati dispersi da agenti di polizia in borghese, che – sempre secondo la radio – adesso hanno il potere di arrestare chi indossa la mascherina in pubblico.
Mancanza di trasparenza del governo
Non è chiaro quale sia la strategia dietro questa censura imposta dal governo del Turkmenistan, che è formalmente una repubblica presidenziale ma concretamente una dittatura, guidata dal 2006 da Gurbanguly Berdimuhamedow. In queste settimane la mancanza di trasparenza del governo turkmeno è emersa anche dal conteggio ufficiale dei contagi da coronavirus nel paese: nessuno. I confinanti stati di Kazakistan, Uzbekistan e Afghanistan hanno comunicato qualche decina di contagi, anche se si crede siano molti di più.