Elezioni nel Regno Unito 2019: tutto quello che c’è da sapere

Mondo

Il 12 dicembre in Uk si vota per la quarta volta (contando il referendum Brexit) in meno di 5 anni. Il premier conservatore Johnson vuole rafforzare la sua maggioranza. Lo sfida il leader laburista Corbyn. Ecco come si vota, le forze in campo e cosa può succedere

Il 12 dicembre il Regno Unito torna alle urne per la quarta volta (contando il referendum sulla Brexit del 2016) in meno di 5 anni, e per la prima volta a dicembre da quasi un secolo: l’ultimo voto pre-natalizio fu nel 1923. Il primo ministro conservatore in carica, Boris Johnson, attualmente privo di una maggioranza parlamentare assoluta, spera di capitalizzare il proprio consenso e di rafforzare i Tory alla Camera dei Comuni, per superare lo stallo in cui è finita la Brexit (LE TAPPE) e far approvare un accordo entro il 31 gennaio 2020, data in cui scadrà la terza proroga concessa dall’Unione europea a Londra. Il principale avversario di Johnson - dato in testa nei sondaggi - è Jeremy Corbyn, leader dei Laburisti. Ecco tutto quello che c’è da sapere in vista del voto. (UN SECOLO DI ELEZIONI IN UN'ANIMAZIONE)

La scommessa di Johnson

La scadenza naturale della legislatura in corso sarebbe stata nel 2022. Tuttavia, poco dopo le dimissioni di Theresa May e dopo essere stato nominato primo ministro a giugno di quest’anno, Johnson aveva ammesso di puntare a elezioni anticipate per sbrogliare la situazione in Parlamento, dove i suoi Tory, nonostante siano il primo partito, non hanno la maggioranza assoluta dei seggi e faticano a far passare i propri provvedimenti, in primis il deal per la Brexit. Nemmeno gli unionisti nordirlandesi del Dup, stampella della maggioranza, hanno infatti sostenuto Johnson sull’intesa con Bruxelles, e il premier - sostenitore di una hard Brexit - si è dovuto rimangiare la promessa di un’uscita tassativa dalla Ue entro il 31 ottobre 2019 (scadenza del secondo rinvio). Dopo alcuni tentativi falliti, Johnson è infine riuscito a ottenere l’appoggio delle opposizioni alla mozione sul voto anticipato: i Laburisti si sono convinti dopo la concessione da parte dell’Ue di più tempo per trovare un accordo, scongiurando quindi uno scenario "no deal". Ma non è detto che ora tutto vada secondo i piani di “BoJo”: anche la sua predecessora Theresa May aveva tentato la stessa mossa, senza però riuscirci. L’ex premier conservatrice, succeduta a David Cameron nel luglio 2016, aveva convocato elezioni anticipate l’8 giugno 2017 motivando il gesto proprio con la volontà di consolidare la maggioranza favorevole all’uscita del Regno Unito dall’Ue. Ma nonostante fossero favoriti nei sondaggi, i suoi Conservatori erano usciti dalle urne avendo perso 13 seggi e la maggioranza in Parlamento.

Le forze in campo

I protagonisti di queste nuove General Elections sono il Partito Conservatore di Johnson, secondo gli ultimi sondaggi della Bbc dato al primo posto con il 41% delle intenzioni di voto; il Partito Laburista di Corbyn, la principale forza di opposizione, quotata al 30% dei voti; e i Liberaldemocratici di Jo Swinson, stimati intorno al 15% dei consensi. Seguono a distanza il Brexit Party del brexiteer Nigel Farage (5%), il Partito Nazionale Scozzese (4%, ma con una previsione di zero seggi) e i Verdi (3%, ma con la possibilità di ottenere qualche seggio).

I temi della campagna elettorale

Al centro della campagna elettorale non può che esserci la Brexit. Una rilevazione Ipsos riportata dalla Bbc mostra come dal 2016 a oggi la politica britannica sia riuscita gradualmente a imporre come priorità degli elettori proprio l'addio di Londra all’Ue. I principali partiti in corsa hanno posizioni diverse sul tema: i Conservatori vogliono far passare il deal raggiunto da Johnson con la Ue e rendere la Brexit una realtà il prima possibile; i Laburisti vogliono negoziare con Bruxelles un’uscita più soft per poi ridare la parola agli elettori con un secondo referendum. I Libdem, invece, non vogliono la Brexit, mentre il Brexit Party di Farage tifa per un’uscita senza accordo. Ma ai britannici stanno a cuore anche altri temi: in primis il Sistema sanitario nazionale, bisognoso di nuovi investimenti (tema su cui il Labour punta molto), la lotta alla criminalità (su cui spingono i Tory), l’economia e l’immigrazione.

Come funziona il sistema elettorale britannico

Nel Regno Unito - che è una democrazia parlamentare - gli aventi diritto al voto non eleggono direttamente il premier, ma il candidato del collegio che li rappresenterà in Parlamento. Il Paese è suddiviso in 650 collegi elettorali tra Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord, corrispondenti al numero dei seggi della Camera dei Comuni, il ramo elettivo e dominante del Parlamento britannico (il secondo è la Camera dei Lord), quello che vota la fiducia al governo. Il sistema in vigore è un maggioritario con collegi uninominali (le constituency), detto anche first-past-the-post. Funziona così: ogni partito candida una sola persona in ciascun collegio e il singolo candidato che prende più voti viene eletto. Il partito che raggiunga la maggioranza assoluta di seggi nella Camera dei Comuni (326) ha diritto a formare un nuovo governo e il suo leader a diventare primo ministro. Altrimenti si verifica la circostanza dell’hung Parliament, letteralmente il “Parlamento appeso”, in cui il partito che ha ottenuto la maggioranza relativa non ha i numeri per passare il voto di fiducia e deve quindi cercare alleati per dare vita a una coalizione.

Chi e quando può votare

Si vota il 12 dicembre, dalle 7 alle 22. Sono 46 milioni gli elettori chiamati alle urne: può votare chiunque abbia più di 18 anni e sia un cittadino britannico, del Commonwealth o della Repubblica d’Irlanda, ma solo dopo essersi iscritto al registro elettorale. Alla chiusura dei seggi, comincerà lo spoglio delle schede elettorali. I risultati saranno annunciati tra la notte e il giorno seguente. Se uno dei partiti in corsa otterrà la maggioranza assoluta, il suo leader si recherà a Buckingham Palace per chiedere alla Regina il permesso di formare un nuovo governo. Si tratta di un meccanismo automatico, tanto che se il partito di governo cambia segretario a legislatura in corso, il primo ministro deve dimettersi e la Regina deve assegnare al nuovo leader l’incarico di formare un nuovo esecutivo. Concluse tutte le procedure, il nuovo premier si stabilirà nella tradizionale residenza al civico 10 di Downing Street.

Mondo: I più letti