Silvia Romano rapita e costretta a matrimonio islamico, gli inquirenti: nessun riscontro

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E' quanto si apprende da fonti giudiziarie in merito alla ricostruzione pubblicata sul Giornale: citando fonti dei servizi, il quotidiano afferma che la giovane sarebbe stata costretta all'islamizzazione in Somalia 

Non c’è alcuna evidenza investigativa sulla presunta islamizzazione forzata di Silvia Romano, la cooperante italiana rapita in Kenya il 20 novembre scorso. È quanto si apprende da fonti giudiziarie a Roma in relazione alla notizia riportata oggi dal Giornale: in un articolo che cita fonti dei servizi italiani, il quotidiano afferma che la giovane, dopo il rapimento, sarebbe stata costretta all'islamizzazione e a sposarsi in Somalia con un uomo legato all'organizzazione che la terrebbe in ostaggio. Una ricostruzione smentita dagli inquirenti.

Le ipotesi al vaglio degli inquirenti

Al momento le uniche ipotesi valide dei magistrati di piazzale Clodio, che sulla vicenda indagano per sequestro di persona con finalità di terrorismo, sono che la ragazza potrebbe essere stata trasferita in Somalia dopo il sequestro. In base a quanto accertato dagli inquirenti, ci sono stati contatti telefonici tra gli autori materiali del rapimento e la Somalia. Altro elemento acquisito è che si è trattato di un sequestro su commissione e che i mezzi (armi e moto) di cui erano dotati i rapitori - un gruppo composto da otto persone - sono giudicati da chi indaga "sproporzionati" rispetto al livello medio delle bande criminali keniote. Infine, la fuga: dopo che Silvia è stata prelevata gli spostamenti dei rapitori sono segnalati verso la Somalia. Quel che sembra certo, dai riscontri degli inquirenti, è che la giovane era ancora in vita il giorno di Natale.

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