La denuncia di un informatore della Cia, la diffusione del colloquio con il presidente ucraino, l'indagine del Congresso e il voto di Camera e Senato per la messa in stato di accusa: i passaggi fondamentali del caso che ha coinvolto il presidente americano
Una telefonata del 25 luglio 2019 al presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha scatenato un caso che ha inguaiato Donald Trump, fino a fargli rischiare l'impeachment. Dopo mesi di indagini, il Senato ha chiuso la vicenda assolvendo il presidente dopo che invece la Camera aveva votato sì alla messa in stato di accusa per abuso di potere e ostruzione alla giustizia (PERCHÉ ERA SOTTO ACCUSA). Secondo le accuse, il presidente americano avrebbe chiesto per “otto volte” di riaprire un’indagine sul suo rivale, Joe Biden, favorito tra i Democratici a diventare suo sfidante alle Presidenziali del 2020, e su suo figlio, Hunter, membro del board di un’azienda ucraina del gas coinvolta in un caso di corruzione. In cambio del “favore” Trump avrebbe promesso di sbloccare fondi americani destinati all'Ucraina, congelati dalla stessa amministrazione Usa. Tutto era nato dalla denuncia di un informatore - un analista della Cia che ha prestato servizio presso la Casa Bianca, rimasto anonimo e che ora vive sotto protezione - avvenuta lo scorso agosto ed emersa grazie alla stampa americana. La Casa Bianca ha quindi diffuso il contenuto della telefonata tra Trump e Zelensky: “Fammi questo favore”: così inizia il colloquio che ha scatenato la nuova bufera sul presidente americano. Ecco cosa c'è da sapere sulla vicenda.
Il contenuto della telefonata Trump-Zelensky
Al centro dello scandalo ci sono due documenti. Il caso parte dalla denuncia dell'informatore della Cia, partita il 12 agosto ma resa pubblica soltanto il 26 settembre. E poi il Memorandum della telefonata tra Trump e Zelensky fornito dalla Casa Bianca il giorno prima, il 25 settembre. Va ricordato che il Memorandum non è una trascrizione esatta ma si basa sulle annotazioni degli addetti che registrano e ascoltano la conversazione. “Qualunque cosa puoi fare è molto importante che tu la faccia, se è possibile", inizia Trump nella telefonata con Zelensky. “Si fa un gran parlare del figlio di Biden, si dice che Biden abbia bloccato l’inchiesta e qualunque cosa lei possa fare con il nostro ministro della giustizia sarebbe grande. Biden andava in giro a vantarsi di aver bloccato questa inchiesta e tutto ciò a me sembra orribile”. Nel colloquio il tycoon chiede al leader ucraino di contattare il ministro della giustizia William Barr e il suo legale personale Rudolph Giuliani e Zelensky risponde che un suo assistente aveva già contattato l’avvocato americano. Trump avrebbe sollecitato in totale “circa otto volte” Zelensky a lavorare insieme a Giuliani sulle indagini sui due Biden.
L’indagine sul figlio di Biden
A cosa fa riferimento Trump? A una vicenda risalente al 2014 che riguarda il figlio di Joe Biden, Hunter. In quell’anno Hunter Biden è entrato nel consiglio di amministrazione di Burisma Holdings, una delle maggiori aziende di gas naturale dell'Ucraina. La società è stata fondata da Mykola Zlochevsky, che è stato anche ex ministro dell'ecologia sotto il governo Yanukovych, il presidente filo-russo condannato per alto tradimento per aver chiesto l’intervento di Mosca in seguito alle manifestazioni di protesta in Ucraina. Nell'ambito di un'indagine sul riciclaggio, alcuni funzionari britannici hanno congelato conti bancari londinesi contenenti 23 milioni di dollari che presumibilmente appartenevano a Zlochevsky. Le autorità di Kiev hanno quindi aperto una loro indagine su Zlochevsky nel maggio del 2014, lo stesso mese in cui Hunter Biden è entrato nel cda di Burisma. L'indagine su Zlochevsky, che è stata poi archiviata, era nelle mani del procuratore Viktor Shokin. Secondo la tesi di Trump, Joe Biden, all’epoca vicepresidente Usa, per aiutare il figlio avrebbe esortato il suo licenziamento e avrebbe minacciato Kiev di congelare un miliardo di dollari di garanzie sui prestiti nel caso in cui Shokin non fosse stato rimosso.
La questione dei fondi bloccati all’Ucraina
Ma nella vicenda è emerso anche altro. Secondo New York Times e Washington Post, che citano fonti dell’amministrazione Usa, nella settimana precedente alla richiesta di Trump nella telefonata del 25 luglio, la sua amministrazione avrebbe sospeso un consistente pacchetto di aiuti finanziari all’Ucraina. Un mezzo, secondo gli accusatori di Trump, per aumentare la sua influenza e ricattare il governo ucraino spingendolo ad accogliere la richiesta su Biden e suo figlio.
La denuncia dell'informatore
Il caso inizia in realtà ben prima che diventi di pubblico dominio. È il 12 agosto quando viene registrata la denuncia formale di un funzionario della Cia, con un passato alla Casa Bianca. “Ho ricevuto informazioni da diversi funzionari del governo che il presidente sta usando il suo potere per sollecitare interferenze da parte di un Paese straniero sulle elezioni del 2020”, si legge nella denuncia. Tali "interferenze – si legge ancora – includono, tra l'altro, la pressione su un Paese straniero per indagare uno dei maggiori rivali politici del presidente". L'informatore ha anche detto che la Casa Bianca avrebbe cercato di nascondere la telefonata e di insabbiarne il contenuto: "Funzionari della Casa Bianca mi hanno detto di aver ricevuto indicazioni dai legali della Casa Bianca di rimuovere la trascrizione elettronica dal sistema computerizzato interno in cui trascrizioni simili sono solitamente conservate", scrive l’informatore nella sua denuncia.
La difesa di Trump
Trump ha respinto qualsiasi accusa e ha sostenuto di essere vittima di una “guerra politica”. "Il presidente dell'Ucraina ha detto di non aver ricevuto pressioni da me. Non può esserci miglior testimonianza di questa", ha spiegato. E ha attaccato: "Quando era vicepresidente, Biden aveva invece suo figlio che prendeva milioni dal presidente ucraino". Lo stesso presidente Usa ha ammesso di aver fatto pressioni su Zelensky, specificando che la richiesta non era però legata a uno scambio di aiuti tra Stati Uniti e Ucraina, come invece ha denunciato lo 007 americano.
La richiesta di impeachment
Dopo le rivelazioni della stampa americana, la diffusione del contenuto della telefonata tra Trump e Zelensky e della denuncia del whistleblower, Nancy Pelosi - speaker democratica della Camera - ha annunciato l'avvio di una inchiesta formale di impeachment per Trump. Il leader Usa è accusato di aver chiesto aiuto politico a un governo straniero per essere rieletto e di aver cercato di gettare ombre sul candidato dem Joe Biden. Al Congresso, davanti alla Commissione, è stato sentito il capo degli 007 Usa, Joseph Maguire. I democratici sono convinti, parlano di "smoking gun", la pistola fumante: il contenuto della telefonata rappresenterebbe la prova definitiva che il presidente si è macchiato del gravissimo reato di abuso di potere a fini politici personali, mettendo tra l'altro a rischio la sicurezza nazionale. In una parola, "tradimento”. L'ambasciatore Usa presso la Ue, Gordon Sondland, nel corso di un’udienza ha ammesso di aver lavorato con Rudolph Giuliani su ordine di Trump per fare pressioni sull’Ucraina. La Casa Bianca aveva messo in piedi un canale diplomatico “irregolare” con l’Ucraina, ha sostenuto l’ambasciatore statunitense a Kiev, William Taylor.
La Camera dice sì all’impeachment
Il 18 dicembre la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato l'impeachment per Trump per abuso di potere e ostruzione alla giustizia sulla vicenda ucraina. Il tycoon diventa così ufficialmente il terzo presidente della storia del Paese ad essere messo in stato di accusa. Prima di lui solo Bill Clinton nel 1998 e Andrew Johnson nel 1868. “Oggi è un grande giorno per la Costituzione, un giorno triste per l'America": il commento della speaker Nancy Pelosi. Dopo 8 ore di dibattito si è arrivati al voto sui due articoli che contenevano le accuse. Entrambi sono stati approvati grazie alla maggioranza democratica dell'aula che ha votato compatta tranne pochissime eccezioni a favore. 230 voti a favore e 197 contro per il primo dei due articoli dell'impeachment, l'abuso di potere. 229 voti a favore e 198 contrari per il secondo, ostruzione al Congresso. Il quorum della maggioranza semplice in entrambe le votazioni era di 216 voti. Per il presidente è una "vergogna".
Il Senato assolve Trump
Il 5 febbraio 2020 è arrivata la parola fine alla vicenda: il Senato Usa ha assolto il presidente Trump dall'accusa di abuso di potere. In seconda votazione sul secondo articolo di impeachment, è stato assolto anche dall'accusa di ostruzione al Congresso. L'assoluzione è stata votata con 52 voti a favore e 48 contrari. Per approvare l'impeachment con la conseguente rimozione del tycoon dallo Studio Ovale sarebbe stato necessario il via libera di 67 senatori. "Una vittoria del Paese", ha twittato il tycoon dopo l'assoluzione in quella che il presidente americano torna a definire "la truffa dell'impeachment".