Usa, due sparatorie in meno di 13 ore: 31 morti e oltre 50 feriti in Texas e Ohio

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Prima la strage a El Paso, in un supermercato: un 21enne bianco ha ucciso 22 persone, in gran parte ispaniche. Si segue pista suprematista, per lui chiesta pena di morte. Poi altri spari a Dayton: un 24enne ha ucciso 9 persone, prima di essere freddato. Dem contro Trump

Prima El Paso, in Texas, poi Dayton, in Ohio. Due sparatorie negli Usa, a meno di 13 ore l’una dall’altra, hanno provocato 31 morti e oltre 50 feriti. Per la prima strage, in un centro commerciale (FOTO), c'è già una pista legata al suprematismo bianco, una risposta "contro l'invasione ispanica del Texas". Per l’altra, avvenuta nei pressi di un locale nel quartiere della movida poco dopo la mezzanotte, si cerca ancora il movente. Le due sparatorie hanno riacceso il dibattito sulle armi nel Paese e sulla retorica incendiaria di Donald Trump, mentre entra nel vivo la campagna elettorale verso Usa 2020.

La sparatoria a Dayton

La seconda sparatoria è avvenuta poco dopo la mezzanotte a Dayton, cittadina di circa 140mila abitanti nel cuore del Midwest. Un uomo armato di un fucile automatico d'assalto e oltre 100 proiettili ha seminato il panico in un animato quartiere notturno, vicino al bar Ned Peppers. "In meno di un minuto i primi poliziotti sul posto lo hanno ucciso", ha raccontato la sindaca della città, Nan Whaley. Ma in meno di un minuto sono morte nove persone, tra cui la sorella 22enne del killer, mentre altre 27 sono rimaste ferite. Gli investigatori hanno identificato l’assalitore come Connors Betts, un giovane bianco di 24 anni, residente a Bellbrook, a circa 40 km a sud di Dayton. Secondo la Cbs, non aveva precedenti penali. Ora si scava nella sua vita e sui suoi account social per capire il movente dell'attacco.

La sparatoria a El Paso

La sparatoria in Ohio è avvenuta a meno di 13 ore di distanza dalla strage in un supermercato Walmart dentro il centro commerciale “Cielo Vista” di El Paso, la città del candidato presidenziale dem Beto O'Rourke, vicino a quel confine col Messico che ossessiona Trump e dove si trova anche un centro di detenzione per i migranti. In totale i morti sono 22, tra cui alcuni bambini, e 26 feriti (anche tre messicani). Tutti in gran parte ispanici. A fare fuoco con un fucile automatico per circa un'ora, sabato mattina, è stato Patrick Crusius, un giovane bianco di 21 anni, residente con i genitori ad Allen, a mezzora da Dallas e a più di nove ore d'auto dalla città della strage. La procura texana ha annunciato che chiederà per lui la pena di morte e che il massacro è trattato come terrorismo domestico e crimine d'odio. Gli investigatori sospettano che il 21enne sia l'autore di un manifesto razzista e suprematista - non firmato - postato online una ventina di minuti prima della sparatoria. “Questo attacco è una risposta all'invasione ispanica del Texas", si legge. E l'autore afferma anche di sostenere il killer delle moschee di Christchurc, Brenton Tarrant.

Trump nel mirino dei democratici

Gli account social di Crusius, il killer di El Paso, contengono retweet di Trump, post sul muro al confine col Messico e attacchi al candidato presidenziale Bernie Sanders e alla speaker della Camera Nancy Pelosi. Tutti elementi che stanno mettendo in imbarazzo il presidente Usa. Il leader della Casa Bianca si è affrettato a chiarire su Twitter che condanna i crimini d'odio, poi ha ordinato bandiere a mezz'asta e ha pregato affinché "Dio benedica la gente di El Paso e di Dayton". I candidati presidenziali dem hanno attaccato il presidente e i repubblicani che in Senato bloccano l'approvazione di una legge per rafforzare i controlli sui precedenti di chi acquista armi. “Trump è un razzista, sta attizzando il razzismo in questo Paese e questo cambia fondamentalmente il carattere del Paese e porta alla violenza", ha detto l'ex deputato texano Beto O'Rourke. Anche Bernie Sanders ha puntato il dito contro il presidente e i repubblicani, invitando a "rifiutare questa pericolosa e crescente cultura di intolleranza abbracciata da Trump e dai suoi alleati". Anche altri candidati presidenziali dem, come il frontrunner Joe Biden, le senatrici Elizabeth Warren e Kamala Harris, il sindaco di South Bend Pete Buttigieg, hanno invitato ad agire e ad approvare una legge "di buon senso" sulle armi.

Dall’inizio dell’anno 246 morti negli Usa per sparatorie di massa

Si calcola che negli Stati Uniti circolino oltre 350 milioni di armi, contro una popolazione di 327 milioni di persone: c'è, quindi, più di un'arma per persona. Il diritto di possederla è garantito dal secondo emendamento della Costituzione, anche se ogni Stato può imporre limitazioni alla possibilità di portarla con sé. Dall’inizio dell’anno, nel Paese ci sono stati 246 morti e 979 feriti in 249 "sparatorie di massa" (mass shooting). Secondo la definizione dello Stanford data project, rientrano nella categoria gli assalti a mano armata in cui ci siano più di quattro persone colpite (morti o feriti, esclusi gli aggressori) in un unico luogo e in un arco di tempo minimo. In media, quindi, più di una persona al giorno è morta in attacchi da parte di killer solitari armati di fucili o pistole. Una vera e propria forma di terrorismo interno, che vede spesso protagonisti suprematisti bianchi e che ha ampiamente superato il bilancio delle vittime del cosiddetto terrorismo islamico. Fino a oggi, l'episodio più sanguinoso dell’anno è stato quello di El Paso (22 morti e 26 feriti), seguito da quello di Virginia Beach (31 maggio, 13 morti e 4 feriti) e da quello al Garlic festival di Gilroy, California (28 luglio, 4 morti e 12 feriti). Nella storia degli Usa, invece, l'assalto più sanguinoso resta quello avvenuto il primo ottobre del 2017 a Las Vegas: 59 morti e 489 feriti. Il 2017 è stato l'anno peggiore per numero complessivo di vittime da armi da fuoco: 14.542 morti.

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