Il premier greco contro l’austerity di Bruxelles, dieci anni dopo. Bilancio di una scommessa."L’Europa ha dovuto adattarsi, e l’ha fatto tardi. La mia direzione invece non è mai cambiata"
La determinazione corre su un filo sottile. Raggiungere l’obiettivo è il risultato di un sapiente equilibrio tra realismo e ideologia. Basta un attimo per superare il limite, compromettendo ogni piano. Alexis Tsipras, premier greco dal 2015, a capo dell’estrema sinistra, conosce il principio.
Si narra che la composta cancelliera tedesca Merkel, nelle convulse trattative con l’Europa sul salvataggio ellenico, divise tra rigore e solidarietà, lo abbia nominato tra i suoi, e non una sola volta, “portatore di problemi”. L’altro lato della medaglia della caparbietà. Tsipras però è in grado di conquistarsi i suoi interlocutori perché non pensa solo al futuro del suo popolo, ma al futuro dell’Europa. È il giudizio dei molti greci che l’hanno consacrato premier in carica, il più giovane della storia del Paese.
Nasce ad Atene il 28 luglio 1974 in una famiglia della media borghesia
La politica non è la sua prima passione. L’ostinazione è un patrimonio da costruire. Alexis Tsipras nasce ad Atene il 28 luglio 1974 in una famiglia della media borghesia. Tifoso indefesso del Panathinaikos, se da piccolo sogna prodezze nello sport, durante l’adolescenza si avvicina ai giovani comunisti. Prende la tessera, partecipa alle riunioni, imperversa ai comizi, si fa le ossa da leader nelle manifestazioni studentesche contro la riforma dell’istruzione del governo. Lo intervistano i giornalisti, lo cercano i media, lo invitano le televisioni. Mentre si laurea in ingegneria civile, diventa segretario dei giovani del Synaspismós, formazione di sinistra, e poi membro del comitato centrale. Si candida a sindaco di Atene nel 2006, riuscendo a entrare nel consiglio municipale. Due anni dopo, con la benedizione del vecchio saggio, Alekos Alavanos, lo sostituisce alla guida del partito, che poi confluirà in Syriza. Un acronimo: coalizione della sinistra radicale, fondata nel 2004 per raggruppare comunisti, socialisti, maoisti, trotskisti e verdi.
La Troika e l'austerità per superare la crisi
Accanto a lui, la compagna di sempre, dai tempi delle superiori, Peristera Batziana. Nota ai più come Betty. Hanno due figli: Febo e Orfeo Ernesto, omaggio a Che Guevara, per volere di entrambi. Lei, secondo le cronache, è una radicale ancora più fervente di Alexis. È con lui anche nel 2009, l’anno cruciale. Per Tsipras, eletto presidente di Syriza e deputato al Parlamento ellenico. Per la Grecia, protagonista di una delle più dolorose crisi economiche ed esistenziali della Storia del Vecchio Continente. In quel 2009, il neopresidente socialista Papandreou fa esplodere la bomba. Accusa i precedenti governi di aver falsificato il bilancio pubblico. Il Paese è sul baratro e rischia il fallimento. Inizia quell’operazione congiunta con i creditori che nei titoli dei giornali per anni sarà riassunta in questi termini: lacrime e sangue. La Troika (il tridente formato da Bce, Fmi e Commissione europea) stabilisce un programma di aiuti pluriennale. Il primo piano prevede 110 miliardi finanziati dagli Stati membri dell’Ue e dal Fondo monetario internazionale. In cambio, l’austerità. Una scuola economica in cui il rigore - dunque il risparmio, le riduzioni di pensioni e salari, l’imposizione fiscale, le riforme strutturali- è la via per superare la crisi.
Vince le elezioni del 2015, è un eroe per alcuni, un populista per altri
Lacrime e sangue. Lo dicono i cittadini in piazza per protestare, in fila ai bancomat per ritirare gli ultimi soldi, rimasti senza lavoro e con un potere d’acquisto decimato. Lacrime e sangue. Lo dice Tsipras, vincitore delle elezioni del gennaio 2015 con la promessa di rinegoziare il debito e di porre fine alla politica messa in atto dall’Europa. Il nuovo premier è un eroe per alcuni, un populista per altri. Gli estremi, in entrambi i casi. Perché estrema è la situazione del Paese. Il dialogo con Bruxelles si trasforma in un braccio di ferro. Da una parte i soldi, dall’altra le condizioni. In comune la paura, concreta, dell’uscita dall’euro. È il 5 luglio 2015 quando Tsipras chiama i greci a esprimersi in un referendum sulle proposte avanzate dalla Troika. Vince il no, l’esito auspicato dal leader di Syriza. Il governo torna a Bruxelles per trovare un’altra intesa. Ci riesce, ma l’esecutivo implode. Tsipras si dimette e indice elezioni anticipate. "Sta a voi decidere se abbiamo portato la Grecia sulla strada giusta- dice in tv- La mia coscienza è a posto e ora voglio un mandato forte". Lo ottiene, a settembre.
Nel 2018 la Grecia esce dal tunnel ma la strada è ancora lunga
Tre anni più tardi, quasi dieci dall’inizio della crisi, nell’estate del 2018, la fine dell’ultima tranche del memorandum. Termina l’assistenza, la Grecia esce dal tunnel, la strada è ancora lunga, per realizzare gli obiettivi concordati. Tsipras, che ritiene i simboli parte essenziale della politica, festeggia indossando una cravatta davanti ai deputati. L’aveva promesso. Il miracolo però non dura molto. Pochi minuti e il collo è già libero, abbracciato dal consueto bianco ottico della camicia slacciata. Tanto basta perché il fioretto, con ostinazione, risulti onorato.