Grecia, fine della crisi. Dal 2009 all'accordo sul debito: le tappe

Economia

Matteo Furcas

Un sostenitore della permanenza della Grecia nell'Eurozona, nel giugno 2015 (foto Getty)
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Dopo oltre 8 anni tra austerità, riforme "lacrime e sangue" e tensioni sociali, Atene è arrivata a un accordo per l'uscita dal piano di aiuti. Dal rischio di default al salvataggio del Paese, fino all'ultima intesa con l'Eurozona, ecco una cronologia di quanto accaduto

La crisi economica della Grecia è arrivata all’epilogo dopo oltre 8 anni. Con l’accordo raggiunto con l’Eurogruppo per l’alleggerimento del debito e l’uscita dal programma di aiuti, termina un periodo segnato da riforme economiche, tagli, austerità, tensioni sociali e instabilità politiche. Ecco le principali tappe della crisi che fatto tremare non solo un Paese ma anche le fondamenta economiche e finanziarie dell’Unione Europea e dell’Eurozona.

Dalla verità sul debito al primo piano di aiuti

4 ottobre 2009: emerge la verità sul debito greco. Dopo aver vinto le elezioni, il partito socialista Pasok innalza le previsioni del governo uscente ed emerge la realtà sui conti pubblici: a una settimana dal voto si scopre che il rapporto deficit/pil 2009 è al 12%, il doppio del previsto. A dicembre le agenzie di rating cominciano a declassare il debito greco.

8 dicembre 2009: l'Europa si muove. Il commissario Joaquin Almunia afferma che la Commissione “è pronta ad assistere il governo greco nel mettere a punto un programma di risanamento e di riforme complessivo”.

2 febbraio 2010: il premier Papandreou annuncia misure più forti, tra cui il congelamento di tutti i salari pubblici per il 2010, l'aumento dell'età pensionabile e nuove tasse sui carburanti.

23 aprile 2010: con 350 miliardi di debito, Atene chiede l'aiuto internazionale. Una settimana dopo arriva l’ok di Ue e Fmi a un piano da 110 miliardi di aiuti: 80 miliardi di prestiti dal Fondo monetario e 30 di prestiti bilaterali dai Paesi Ue. In cambio la Grecia approva un piano di austerità (tagli alle pensioni e ai salari, aumento delle tasse e riforme strutturali) che provoca violente manifestazioni.

5-6 maggio 2010: proteste violente nel Paese mentre il Parlamento approva il piano di austerità. Muoiono tre impiegati di banca in un incendio.

Il memorandum "lacrime e sangue" e il secondo piano di salvataggio

27 ottobre 2011: l’Eurozona elabora un secondo piano di salvataggio attraverso il potenziamento del Fondo salva-stati (Efsf) per un ulteriore prestito da 110 miliardi di euro, combinato con la cancellazione di una parte del debito delle banche private (107 miliardi di euro su 206).

9 novembre 2011: il premier Papandreu si dimette e viene sostituito da Lucas Papademos, alla guida di un governo di unità nazionale.  

20 gennaio 2012: cominciano le trattative con la troika (COSA È?) Ue-Bce-Fmi sulle riforme da adottare.

9 febbraio 2012: accordo politico su drastiche misure per la deregolamentazione del mercato del lavoro e sui salari, in cambio del secondo piano di salvataggio. Il memorandum viene adottato dal Parlamento tre giorni dopo mentre in piazza si scatena la protesta. Contestualmente all’accordo Ue-Grecia, i creditori privati cancellano in parte il debito, evitando l’insolvenza dei pagamenti.

20 giugno 2012: dopo elezioni che decretano l’ingovernabilità si forma un governo di coalizione guidato dal leader di Nuova Democrazia Samaras, sostenuto anche dal Pasok. Il parlamento approva una nuova legge di bilancio improntata all’austerità per il 2013.

26 luglio 2012: la rincorsa di azioni e obbligazioni nell’Eurozona e la crescita a dismisura dello spread fanno temere per il futuro dell’unione monetaria. Il presidente della Bce Mario Draghi interviene con un discorso a Londra e pronuncia la frase divenuta celebre: “Faremo tutto ciò che è necessario (“Whatever it takes”) per salvare l’euro”. È in sostanza l’avvio del programma di quantitative easing, l’acquisto di titoli di stato da parte della Bce.

La vittoria di Tsipras e il referendum

Aprile 2014: la Grecia torna sui mercati per la prima volta in quattro anni ed emette 3 miliardi di euro di bond a 5 anni.

25 gennaio 2015: Syriza, il partito di sinistra radicale guidato da Alexis Tsipras, vince le elezioni promettendo di rinegoziare il piano di salvataggio e di porre fine alla politica di austerità in seguito al quale il Pil greco è crollato del 25% e la disoccupazione per un quarto della popolazione. “"Oggi chiudiamo con l'austerità", dichiara Alexis Tsipras, che sostiene che la Grecia non vuole uscire dall’euro, ma annuncia degli interventi sociali per lottare contro la “crisi umanitaria” e una rinegoziazione degli accordi con i creditori.

20 febbraio 2015: Accordo tra i creditori e Atene per prolungare gli aiuti fino al 30 giugno. Atene si impegna a proporre delle misure per ricevere l’ultima tranche di prestiti.

2 giugno 2015: nuove proposte dei creditori sulle riforme da fare per evitare il fallimento. Il 15 maggio, Tsipras denuncia i creditori che chiedono al suo Paese altre misure dopo cinque anni di “saccheggio” ai danni della sua economia.

27 giugno 2015: Alexis Tsipras annuncia un referendum per il 5 luglio sulle nuove misure di austerità proposte che, secondo lui, “hanno l’obiettivo di umiliare un intero popolo”. E fa campagna per il “no”, “per vivere in Europa con dignità”, dice.

30 giugno 2015: La Grecia è insolvente rispetto al prestito dell’Fmi e non rimborsa un pagamento di 1,5 miliardi di euro.

5 luglio 2015: I greci decidono di seguire Tsipras: nel referendum vince il no con il 61,3% e vengono così rifiutate nettamente le proposte dei creditori. “Il No di oggi è un grande sì alla democrazia”, commenta il ministro delle Finanze Yannis Varoufakis.

7 luglio 2015: L’Eurozona esige delle riforme credibili per evitare la Grexit, cioè l’uscita della Grecia dall’area della moneta unica.

9 luglio 2015: si amplificano i timori di una “Grexit”. La Grecia si impegna, in un documento inviato a poche ore dalla scadenza di un drammatico ultimatum, a recepire la maggioranza delle proposte dei creditori per convincerli a riprendere gli aiuti ed evitare così la “Grexit”. Le riforme richieste sono analoghe a quelle dei salvataggi precedenti: riforma delle pensioni, aumento dell’Iva, nuove leggi sul lavoro e innalzamento delle imposte indirette.

13 luglio 2015: Dopo diciassette ore di difficili negoziati, l’Eurozona decide all’unanimità di avviare i negoziati per accordare un terzo piano di aiuti per un importo di 82-86 miliardi alla Grecia, che si concluderà nell’agosto 2018. Syriza si spacca in Parlamento, ma senza compromettere l’accordo.

L'epilogo: Atene esce dalla procedura di deficit eccessivo e trova l'accordo per alleggerire il debito

26 luglio 2017: dopo quattro anni la Grecia torna sui mercati finanziari e piazza 3 miliardi di euro di nuovi bond a scadenza quinquennale. Il tasso di interesse è leggermente più basso rispetto ai titoli venduti nel 2014.

25 settembre 2017: i ministri delle Finanze dell’Unione Europea dichiarano che la Grecia ha riportato il rapporto deficit/Pil e confermano quindi che il Paese è fuori dalla procedura per deficit eccessivo.

Gennaio 2018: secondo i dati dell’Eurostat, il quadro della situazione finanziaria greca è ancora piuttosto fragile: il debito è di 320 miliardi di euro, pari al 180% del Pil. Secondo gli indicatori del Fmi, però, le stime per il Pil indicano una crescita dello 2,02% nel 2018 e dell’1,83% nel 2019.

22 giugno 2018: l’Eurogruppo raggiunge un accordo di principio sull'uscita della Grecia dal programma di aiuti che contiene, tra l'altro, misure per alleggerire il debito. I ministri dell'Eurozona approvano poi l'ultima tranche di prestiti per una cifra di 15 miliardi di euro. Atene potrà posticipare di 10 anni, dal 2022 al 2032, il pagamento dei 110 miliardi di euro di prestiti ricevuti dal vecchio fondo salva-Stati Efsf.

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