Cambio nome Macedonia, la Grecia dice sì all’accordo

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Il Parlamento greco ha ratificato l’intesa che porterà lo Stato ex-jugoslavo a modificare il proprio nome in Repubblica della Macedonia del Nord, passo decisivo per permettere a Skopje di aderire a Ue e NATO. Nei giorni scorsi proteste ad Atene contro la decisione

Il Parlamento della Grecia ha ratificato l’accordo per il cambio del nome della vicina Macedonia. Su 300 deputati, 153 hanno votato a favore e 146 contro, approvando così l'intesa di Prespa, con cui lo Stato balcanico ha deciso di modificare il proprio nome in Repubblica della Macedonia del Nord, un passo che dovrebbe sbloccare dopo decenni le aspirazioni della ex Repubblica jugoslava di aderire all'Unione europea e alla NATO.

Gli scontri dei giorni scorsi

La decisione inoltre dovrebbe portare alla fine di un’ostilità che dura da 28 anni tra Atene e Skopje sull'uso del termine “Macedonia. I macedoni hanno già ratificato l’accordo ma nei giorni scorsi si sono verificati numerosi scontri e manifestazioni di protesta nella capitale ellenica contro questa intesa (LE FOTO DEI TAFFERUGLI AD ATENE).

Le tappe della vicenda

Lo scorso 17 giugno,  alla presenza di Ue e l’Onu, Macedonia e Grecia si sono accordate per mettere fine alla disputa che va avanti dal 1991. Per tutto questo tempo, Atene ha contestato alla sua vicina l'uso del nome Macedonia perché ha una sua provincia settentrionale con lo stesso nome, che nei tempi antichi era la culla dell'impero di Alessandro Magno. La Grecia ha quindi sempre ostacolato l’adesione macedone alle istituzioni europee fino a che non avesse cambiato il proprio nome.

Il referendum flop

Il 30 settembre in Macedonia si è tenuto un referendum consultivo per conoscere la volontà popolare: è stato un flop, con un’affluenza molto bassa e lontana dal quorum. A gennaio però il parlamento di Skopje ha approvato definitivamente gli emendamenti costituzionali previsti dall'accordo con la Grecia. La Macedonia starebbe valutando un secondo referendum per avere l’ok anche dai suoi cittadini. Intanto però le polemiche si sono spostate in Grecia: scontri in piazza, manifestazioni dei nazionalisti e una crisi di governo scampata per poco. Tsipras ha incassato per un solo voto la fiducia del suo parlamento dopo le dimissioni del ministro della Difesa Panos Kammenos, leader di un partito nazionalista in coalizione col premier dal 2015, e contrario all’accordo.

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