Brexit, tutti gli scenari dopo il “no” dei Comuni all'accordo May-Ue

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La bocciatura di Westminster apre diverse possibilità per il futuro dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. La premier supera la sfiducia. Ipotesi rinvio al 2020

La bocciatura da parte del Parlamento di Westminster dell'accordo tra Gran Bretagna e Bruxelles – negoziato dalla premier Theresa May - per l'uscita di Londra dall'Unione Europea apre diversi scenari. La premier May si è salvata, superando la mozione di sfiducia promossa dall'opposizione laburista e che ha ricevuto 325 voti contrari e 306 a favore. Ecco cosa potrebbe accadere ora.

Le mosse della premier May

Theresa May adesso lavora a una nuova ipotesi di accordo e lunedì 21 gennaio è tornata alla Camera presentando un "piano B" per la Brexit. La premier pensa di sbloccare lo stallo sul cosiddetto 'backstop' e valuta una modifica all'accordo di pace del Venerdì Santo che mise fine al conflitto Nordirlandese. L'Ue apre a una proroga per l'uscita del Regno Unito, che secondo fonti di stampa potrebbe arrivare al 2020. Ma incombe ancora lo spettro del “no deal”. Per cercare di convincere i ribelli Tories May potrebbe voler tentare di strappare nuove concessioni dall'Ue e chiedere un secondo voto ai Comuni. Ma i leader delle istituzioni comunitarie hanno ribadito più volte negli ultimi giorni che il testo legale dell'accordo di ritiro della Gran Bretagna non può essere rinegoziato.

Il voto del 29 gennaio

Il 29 gennaio la Camera dei Comuni discuterà e si pronuncerà su una serie di emendamenti che propongono di fornire un’indicazione al primo ministro inglese su cosa è necessario per ottenere il sostegno del Parlamento e poter tornare a Bruxelles a rinegoziare l'uscita del Regno Unito dall'Ue.

Nuovo negoziato con Ue solo se Gb restasse nel mercato interno

L'Ue a 27 potrebbe essere disponibile a negoziare un accordo completamente nuovo solo nel caso in cui la Gran Bretagna decidesse di restare nel mercato interno o nell'unione doganale. Tuttavia il governo britannico dovrebbe rinunciare a due obiettivi fissati dopo il referendum Brexit: riprendere il controllo sull'immigrazione dai paesi Ue e avere mano libera sulla politica commerciale.

L'ipotesi rinvio Brexit

Scenari che implicano comunque una sospensione del processo Brexit e un rinvio dell'uscita oltre il 29 marzo con una proroga dei due anni previsti dall'articolo 50 del Trattato. Tuttavia è la Gran Bretagna a doverne fare richiesta e serve l'unanimità dell'Ue a 27 per concederla.

Il rischio "no deal"

Anche se la Commissione europea ha chiarito a più riprese che non intende riaprire il negoziato sull'accordo di uscita a cui i 27 hanno dato il via libera a novembre, tra Londra e Bruxelles i contatti sono serrati, per evitare lo scenario peggiore, quello del 'no-deal'. Secondo fonti del “Times”, funzionari Ue stanno già esaminando la possibilità di rinviare la Brexit fino al 2020, ben oltre i piani precedenti che prevedevano una proroga di tre mesi, ovvero alla fine giugno. Un'uscita disordinata e senza accordo il 29 marzo prossimo, il cosiddetto "no deal", avrebbe conseguenze catastrofiche per la Gran Bretagna e molto negative per l'Ue.

Il secondo referendum voluto da una parte dei Labour 

Per quanto riguarda l'opposizione, il risultato della mozione si sfiducia mette Corbyn sotto pressione: una parte del partito vuole un secondo referendum sulla Brexit, un'ipotesi per lui accettabile solo se non si torna a elezioni. Corbyn vorrebbe infatti andare al governo per rinegoziare un accordo. L'obiettivo è: una nuova unione doganale che assicuri una relazione stretta con il mercato unico e protegga impiego e ambiente secondo gli standard europei.

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