Sofisticati software di localizzazione, investigazioni multimediali e un lavoro di squadra sul campo con le autorità locali: ecco come è stato trovato e arrestato l’ex terrorista rosso a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia
Durante la latitanza ha utilizzato anche i social e comunicato tramite Skype, ma grazie all’ausilio di sofisticati software di localizzazione e di un lavoro d'intelligence sul campo con le autorità boliviane, gli uomini dell'Antiterrorismo, della Criminalpol, dell'Interpol e della Digos di Milano, con il contributo degli 007 dell'Aise, sono riusciti a ad arrestare Cesare Battisti (CHI È- IL VIDEO DELLA CATTURA - PRIMA NOTTE IN CARCERE). Poco prima dell’arresto, l’ex terrorista ha pochi spiccioli in tasca e cammina con una birra in mano. Porta la barba lunga e un paio di occhiali scuri. Nel momento in cui viene fermato, sabato nel tardo pomeriggio boliviano a Santa Cruz de la Sierra, Battisti non oppone resistenza: si trova in quelle stesse strade tra una pizzeria e una birreria in cui era solito andare. Proprio quei luoghi dove, secondo investigatori e Interpol, aveva costruito una rete di appoggi e collusioni. Rete che potrebbe aver ceduto sotto il peso dei debiti: erano sempre più frequenti le segnalazioni e i pattugliamenti in quelle vie identificate dall’incrocio dei dati satellitari e di rete. Nonostante i numerosi cambi di identità, covi e cellulari, gli investigatori italiani avevano già ristretto il perimetro di ricerca prima di Natale grazie ad un imponente lavoro di intercettazioni telefoniche e multimediali. (L'ARRIVO A CIAMPINO. FOTO - LE IMMAGINI DOPO L'ARRESTO)
Sorvegliato speciale dopo l’elezione di Bolsonaro
In realtà, il "monitoraggio" delle utenze vicine a Battisti, viene intensificato, quando Jair Bolsonaro (CHI È) diventa presidente del Brasile e conferma la sua volontà di consegnare l'ex terrorista all’Italia. Da quel momento gli investigatori italiani tengono sotto controllo una quindicina tra pc, tablet e telefoni: ci sono i familiari stretti di Battisti, amici brasiliani e persone del suo entourage, compresi alcuni italiani. Con loro, pur tra mille precauzioni, l'ex Pac entra in contatto: nessuna conversazione ma solo con messaggi o attraverso i social. I primi controlli su Battisti e sulla sua rete di 'protezione' sono cominciati lo scorso 16 ottobre, proprio il giorno in cui Bolsonaro ha annunciato che in caso di elezione avrebbe riconsegnato Battisti all'Italia, ed è emerso che l'ex terrorista ha usato il suo profilo Skype 'Cesare 1900'.
"Una rete di protezione l’ha aiutato"
"C'è stata una rete di protezione che lo ha aiutato e sulla quale stiamo facendo accertamenti". Questa l'ammissione del direttore dell'Antiterrorismo Lamberto Giannini. "Essere latitanti implica una serie di spostamenti e contatti, il monitoraggio e la nostra presenza sul territorio ci ha consentito di rintracciarlo e di stargli addosso". Proprio quei contatti si sono rivelati fondamentali per gli investigatori quando la fuga di Battisti a metà dicembre è diventata ufficiale con l'ordine di arresto firmato giudice del Supremo tribunale federale Luis Fux. In realtà l'ex terrorista del Pac era già scappato "tra la metà e la fine di novembre", ha spiegato una fonte che ha seguito tutte le indagini. Date qualche modo confermate prima di Natale dall'avvocato Igor Tamasauskas: lo aveva sentito l'ultima volta "verso la fine di novembre o forse i primi di dicembre". Fatto sta che Battisti ha lasciato Cananeia, l'isola sulla costa di San Paolo, la sua ultima residenza, indisturbato: "Forse la polizia locale era convinta che avesse aspettato l'estradizione a casa e non ha controllato" è stato sottolineato.
I movimenti tra Brasile e Bolivia
Così a scovarlo sono stati gli investigatori dall'Italia, proprio grazie al sistema di localizzazione e al monitoraggio delle utenze a lui vicine e a intercettazioni nel frattempo disposte dal sostituto pg Antonio Lamanna e dall'Avvocato Generale Nunzia Gatto. Da qui vengono registrati tutti i suoi movimenti. Battisti era a Santa Cruz de La Sierra dal 16 novembre, poi è rientrato per una decina di giorni in Brasile e alla fine è tornato in Bolivia il 17 dicembre, passando il confine nei pressi della cittadina boliviana di San Matias, proveniente dal Mato Grosso. A San Paolo, in Brasile, l'ex terrorista dei Pac avrebbe preso un volo per raggiungere Sinop, una cittadina nel Mato Grosso dove molto probabilmente organizza gli ultimi dettagli per il suo ritorno in Bolivia. Da lì si sposta infatti a Lucas do Rio Verde, a soli 150 km a sud, e il giorno dopo è a Caceres, ultima grande città prima del confine. Che viene passato il giorno dopo: il sistema di localizzazione con il metodo a 'imbuto' lo colloca infatti a San Matiàs il 17 dicembre. Da qui Battisti sembra scomparire un'altra volta fino agli inizi di gennaio, tra il 5 e il 7: il segnale dei telefoni intestati a prestanome (uno in particolare) viene individuato in Plaza 21 de Diciembre a La Paz, non molto lontano dall'aeroporto. E' l'ultimo segnale che spinge gli investigatori a tornare in Bolivia. Da quel giorno Battisti è seguito costantemente fino al suo ritorno a Santa Cruz de La Sierra, dove viene bloccato nel pomeriggio di sabato 12 gennaio. Una volta bloccato l'ex terrorista prima fa finta di non capire, poi parla portoghese dicendo di non avere i documenti. Portato in caserma, davanti ai poliziotti italiani, capisce che è finita.