Macedonia, referendum verso il fallimento. Quorum molto distante
MondoVotazione terminata. Alle 18.30 affluenza al 34,09%, ben al di sotto del 50% più uno che serve a dare validità alla consultazione. L'obiettivo del voto: stabilire se si volesse adottare la nuova denominazione, dando il via all' integrazione con Ue e Nato
Va verso il fallimento il referendum che si è tenuto in Macedonia sull'accordo con la Grecia per il nuovo nome del Paese ex jugoslavo. Alle 19 di domenica 30 settembre si sono chiusi i seggi, con l'affluenza che alle 18.30 - secondo la commissione elettorale - si è fermata al 34,09%: un dato ben al di sotto del 50% più uno previsto dalla legge per dare validità alla consultazione (alle 11 era all'8,12%). Il premier socialdemocratico Zoran Zaev, che ha voluto la consultazione, non ha escluso elezioni anticipate già nei prossimi mesi. Ma ha anche sottolineato la sua volontà di continuare sulla strada dell'integrazione euroatlantica della Macedonia.
Il referendum sul nome della Macedonia
Il quesito del referendum recita: "Sei favorevole a entrare nella Nato e nell'Unione europea, accettando l'accordo sul nome tra Repubblica di Macedonia e Grecia?". Nello specifico, la consultazione è stata indetta dopo l'intesa raggiunta lo scorso giugno con Atene, che ha messo fine a una disputa che si trascinava dal 1991, decretando il nuovo nome per l'ex repubblica jugoslava, ossia 'Repubblica di Macedonia del Nord'. Nel caso in cui avessero vinto i 'sì', la Grecia avrebbe fatto cadere il veto che finora ha sbarrato la strada di Skopje verso Ue e Nato. La comunità internazionale, inoltre, ha posto il 'sì' al referendum come condizione prioritaria per una accelerazione del processo di integrazione euroatlantica della Macedonia. L'accordo è stato voluto dal governo guidato proprio da Zaev che ha invitato i macedoni a votare a favore per togliere il Paese dall'isolamento. Contrari, invece, il presidente Gjorgje Ivanov e l'opposizione conservatrice che, pur favorevoli al processo di integrazione euroatlantica, ritengono l'accordo con Atene anticostituzionale e dannoso agli interessi nazionali del Paese.
Una disputa lunga 27 anni
La firma dello storico accordo tra Atene e Skopje è arrivata domenica 17 luglio e ha messo fine a un'impasse che durava dal 1991, anno in cui l’ex repubblica jugoslava ha adottato il nome Macedonia. Proprio questa scelta è stata al centro di una disputa lunga 27 anni, durante i quali la Grecia ha accusato i vicini di essersi appropriati indebitamente della denominazione che contraddistingue già la provincia settentrionale ellenica. L'accordo, nei giorni successivi all'annuncio, ha causato diversi scontri al confine tra i due Paesi. Sia i nazionalisti greci, sia quelli macedoni, infatti, hanno protestato contro la sigla dell'intesa.
Appelli opposti del premier e del presidente
Durante la campagna elettorale di questi mesi le due maggiori cariche dello Stato si sono schierate agli antipodi. Il premier Zoran Zaev ha invitato gli elettori a recarsi in massa alle urne e a votare sì all'accordo, mentre il presidente Gjorgje Ivanov ha definito la consultazione "un suicidio storico". "In quanto cittadino, io ho preso la mia decisione – ha spiegato Ivanov il 27 settembre, parlando all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York - Il 30 settembre io non andrò a votare. E sono convinto - ha aggiunto - che i miei concittadini, prenderanno la stessa saggia decisione". Dello stesso parere il leader dell'opposizione conservatrice, Hristijan Mickoski, secondo il quale, l'accordo ha "cancellato" la Repubblica di Macedonia, mettendo in pericolo la sua identità e la sua sovranità. Mickoski nel giorno del referendum si è astenuto dal voto perché ha considerato la questione referendaria "manipolativa".
Macedonia: appello Ue al voto, potete decidere vostro futuro
Nelle ultime settimane a Skopje si sono recati numerosi leader politici ed esponenti della comunità internazionale, da Angela Merkel a Donald Tusk, che si sono schierati tutti a sostegno del 'sì' all'accordo. Il 28 settembre ha lanciato un ultimo appello ai macedoni anche il commissario Ue all'allargamento, Johannes Hahn, che ha dichiarato: "Esorto i cittadini macedoni a partecipare a un processo libero e democratico, è un diritto, hanno l'opportunità di decidere da soli sul futuro del loro Paese". Nei giorni scorsi la Commissione europea ha iniziato l'analisi dei requisiti di Albania e Macedonia per l'avvio dei negoziati di adesione, previsto per giugno 2019. Per l'avanzamento del processo, però, sarà decisivo l'esito del referendum.
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