L’attentato al cuore di Barcellona: un anno fa l’attacco alla Rambla

Mondo

Ambra Orengo

(Getty Images)

Il 17 agosto 2017 un 22enne alla guida di un furgone si è scagliato contro la folla sulla via principale della città catalana. In totale sono morte 16 persone. Tutti i membri della cellula jihadista che ha organizzato l’assalto sono deceduti o sono stati arrestati

È passato un anno dall'attentato a Barcellona. Era il 17 agosto 2017 quando la città catalana meta di giovani e turisti da tutto il mondo è stata colpita al cuore. L’attacco avvenuto sulla Rambla, la strada simbolo che attraversa il centro di Barcellona, ha ucciso 16 persone ed è stato il peggiore nel Paese dopo gli attentati di Madrid del 2004. Il blitz è stato poi rivendicato dal sedicente Stato Islamico (FOTO).

Il furgone sulla folla

Il 17 agosto del 2017, intorno alle 17, un furgone bianco, partito da piazza Catalunya, ha invaso la zona pedonale della Rambla, lanciandosi a tutta velocità sulla folla che stava passeggiando (FOTO) (VIDEO1) (VIDEO2). Il mezzo ha percorso circa 600 metri, interrompendo la sua corsa omicida alla piazza del mercato della Boqueria. Diversi turisti e passanti sono riusciti a mettersi in salvo rifugiandosi nei numerosi locali che si affacciano sulla strada. Quindici di loro però, non sono scampati alla follia omicida del terrorista. Inoltre, più di 100 persone sono rimaste ferite. Una volta concluso il suo percorso sulla Rambla, l’attentatore è sceso dal furgone, è scappato a piedi e ha rubato un’auto, uccidendo il conducente. Si tratta della sedicesima vittima. L’allora premier spagnolo Mariano Rajoy parlò alla nazione nella notte, denunciando il “selvaggio attentato jihadista” che ha colpito la capitale catalana. 

Le vittime

Nel corso dell’attacco sulla Rambla, 14 persone sono morte sul colpo, investite dal furgone guidato dal terrorista, inclusi due bambini di 3 e 7 anni. Un’altra vittima, una donna tedesca di 51 anni, è morta in seguito, a causa delle gravi ferite riportate. Tra le vittime dell’attentato, anche tre italiani: Bruno Gulotta, 35 anni, di Legnano, in provincia di Milano, morto sotto gli occhi dei figli di 7 mesi e 5 anni e della moglie Martina (IL RACCONTO DELLA MOGLIE); Luca Russo, 25 anni, di Bassano del Grappa, laureato in ingegneria e in vacanza insieme alla fidanzata, rimasta ferita nell’attacco; Carmen Lopardo, 80enne, originaria di Sasso di Castalda (Potenza), che dagli anni Cinquanta viveva in Argentina.

La fuga e l’uccisione dell’attentatore

Alla guida del furgone che li ha uccisi, c’era Younes Abouyaaqoub, 22enne marocchino. L’attentatore, fuggito a bordo dell’auto rubata dopo l’attacco sulla Rambla, è stato individuato e ucciso a Subirats, cittadina a una cinquantina di chilometri dalla capitale catalana, quattro giorni dopo l’attentato. "Volevamo catturarlo, ma purtroppo l'abbiamo ucciso", ha detto in conferenza stampa il portavoce della polizia catalana, il maggiore Josè Lluis Trapero. Il ragazzo, ha spiegato, indossava una sospetta cintura esplosiva che poi si è rivelata falsa. A portare alla sua individuazione, ha raccontato il maggiore Trapero, è stata la segnalazione di una donna: ha riconosciuto Abouyaaqoub mentre si avvicinava ad alcune abitazioni a Subirats. La signora si è "insospettita anche per il fatto che, malgrado il caldo, indossasse una camicia a maniche lunghe". Così ha avvertito la polizia, che è intervenuta e ha ucciso il ragazzo mentre fuggiva tra i vigneti.

La cellula jihadista: l’attentato di Cambrils

Younes Abouyaaqoub però non era solo. Il ragazzo, infatti, faceva parte di una cellula jihadista di 12 persone tra i 17 e i 28 anni, responsabile di aver organizzato l’attentato. Dopo l’attacco, il gruppo è stato sgominato nel corso di diverse operazioni: otto membri sono stati uccisi e quattro arrestati. Secondo gli investigatori, la cellula stava progettando attacchi multipli nel Paese, tra cui quello, parzialmente sventato, a Cambrils. La sera del 17 agosto di un anno fa, infatti, cinque membri della cellula hanno cercato di travolgere (e poi aggredire con dei coltelli) i passanti e alcuni agenti di polizia nella cittadina marittima di Cambrils, minacciandoli di far esplodere le cinture esplosive, poi risultate finte. Nel corso dell’operazione, un poliziotto ha aperto il fuoco uccidendo gli attentatori. Sei civili e un agente sono rimasti feriti, mentre una donna è morta a causa delle ferite riportate.

L’esplosione del covo della cellula

Il piano dei dodici terroristi che hanno colpito Barcellona e Cambrils e che, secondo la polizia spagnola, puntavano ad altri obiettivi, è nato ad Alcanar, cittadina a circa 200 chilometri a sud della capitale catalana. Lì, l’organizzazione aveva messo in piedi il proprio covo, all’interno di una villetta diroccata. Ed è lì che il piano si è anche interrotto. Un giorno prima dell’attentato sulla Rambla, infatti, il covo è esploso. Tra le macerie sono stati trovati due morti, un ferito, oltre 100 bombole di gas e un deposito di sostanze chimiche, utili per preparare delle bombe. Secondo la polizia, nei piani originari della cellula, le bombole sarebbero dovute servire come ordigni da piazzare nei furgoni e far esplodere in diversi punti della città, si ipotizza anche nei pressi della Sagrada Familia. L’esplosione (probabilmente causata dagli stessi terroristi durante il confezionamento degli ordigni) ha dunque fatto cambiare i loro progetti.

La mente degli attentati: l’imam Abdelbaki Es Satty

Oltre al ferito poi arrestato e a un altro dei membri della cellula, nell’esplosione di Alcanar è morto anche l'imam di Ripoll, cittadina a nord di Barcellona da cui provenivano gli attentatori: Abdelbaki Es Satty è considerato la mente degli attentati di Barcellona e Cambrils. Lo scorso novembre, il quotidiano El Pais ha rivelato che l’imam sarebbe stato un informatore dei servizi segreti spagnoli del Cni (Centro Nacional de Inteligencia). Notizia poi confermata dagli stessi 007 di Madrid, che però non hanno specificato fino a quando è andata avanti la collaborazione. I servizi segreti avrebbero avvicinato l’imam Es Satty nel 2014, mentre l’uomo, originario di Tangeri, in Marocco, si trovava in carcere con l’accusa di traffico di droga. 

Gli altri membri del gruppo

La cellula terroristica, guidata dall’imam, non si riuniva solo nel covo di Alcanar. Le indagini degli investigatori spagnoli hanno infatti portato alla luce una seconda base operativa del gruppo, una masseria a Riudecanyes, 15 chilometri a ovest di Cambrils. Della cellula, oltre agli attentatori morti, la polizia ha arrestato quattro uomini, due dei quali sono stati poi rimessi in libertà provvisoria per scarsità di indizi. Lo scorso settembre, la Guardia Civil ha poi individuato e fermato un altro uomo, un 24enne arrestato a Vinaroz, sospettato di aver fornito supporto logistico alla cellula jihadista.

Le manifestazioni dopo l’attentato

Nei giorni successivi all’attentato del 17 agosto, numerose manifestazioni di solidarietà e contro il terrorismo hanno coinvolto la città catalana e non solo. A cominciare dalla grande marcia di 500mila persone che il 26 agosto ha invaso le strade di Barcellona al grido di “Non ho paura” e dalla messa celebrata nella Sagrada Familia a ricordo delle vittime. Oltre alle bandiere a lutto issate nelle ambasciate e nelle sedi istituzionali delle capitali europee, gli spagnoli hanno voluto mostrare il proprio cordoglio lasciando sulla Rambla centinaia di fiori, messaggi e oggetti per commemorare l’accaduto. Tutto il materiale è stato poi raccolto e trasferito nel Museo d’história di Barcellona e nell’Archivio Municipale.

La commemorazione della città

Per il primo anniversario dell’attentato, la città ha messo a disposizione un sito web contenente un archivio digitale dei circa 12mila oggetti e documenti recuperati sulla Rambla. Inoltre, Barcellona commemorerà durante la giornata del 17 agosto le vittime dell’attentato con una manifestazione che non prevede l’intervento di autorità ma solo dei familiari e dei sopravvissuti all’attacco. La scelta è stata fatta anche per evitare contestazioni, in particolare contro il re Felipe VI, già criticato durante il corteo del 26 agosto 2017. Verranno depositate corone di fiori sulla Rambla e poi 50 studenti delle cinque scuole di musica di Barcellona suoneranno 'El Cant dels ocells'. Infine, verranno letti nelle sette lingue di appartenenza (catalano, spagnolo, inglese, francese, portoghese, italiano e tedesco) i nomi delle vittime dell’attentato. Si prevede inoltre che, con i lavori di ristrutturazione della Rambla del 2019, verrà posata una targa a memoria delle 16 vittime.

Gli attacchi con i mezzi di trasporto

L’attentato di Barcellona si inserisce in una lunga scia di attacchi caratterizzati dallo stesso metodo “low cost”. L’utilizzo di furgoni o auto per scagliarsi contro la folla è infatti una strategia “a basso costo” con cui lo Stato Islamico ha invitato i jihadisti in Europa ad attaccare gli “infedeli”. Il primo risale al 14 luglio del 2016 a Nizza, quando un tir si è lanciato a tutta velocità sulla Promenade des Anglais uccidendo 86 persone. Il 19 dicembre successivo è la volta di Berlino, con la morte di 12 persone. Nel 2017 si registrano gli attacchi a Londra (22 marzo), Stoccolma (7 aprile), Parigi (19 giugno e 9 agosto), Barcellona (17 agosto), New York (31 ottobre). Dopo i molti attentati, diverse città nel mondo si sono dotate di barriere di cemento posizionate nei luoghi strategici per ostacolare il passaggio di mezzi motorizzati (L’ESEMPIO DI MILANO).

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