Scandalo Facebook, Zuckerberg: anche miei dati a Cambridge Analytica

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Secondo giorno di audizione al Congresso per il fondatore del social network, questa volta alla Camera. Ha rivelato che tra le informazioni personali violate ci sono anche le sue. Ha aggiunto: “Inevitabile che ci siano regole ma dobbiamo fare attenzione a quali siano”

Anche i dati di Mark Zuckerberg sarebbero finiti in possesso della Cambridge Analytica. A rivelarlo è il Ceo di Facebook, Mark Zuckerberg. Il 33enne fondatore della piattaforma l’ha detto alla Camera, nel secondo giorno di testimonianza al Congresso degli Stati Uniti dopo lo scandalo sui dati acquisiti da società esterne e dopo quanto emerso sul ruolo dei social media nelle interferenze alle elezioni americane. La due giorni di Zuckerberg al Congresso Usa è partita ieri al Senato, dove è stato messo sotto torchio per cinque ore dalla commissione congiunta Giustizia e Commercio, e si è conclusa oggi alla Camera.

Violati anche dati Zuckerberg

L’audizione di oggi, 11 aprile, è stata davanti alla commissione Energia e Commercio. Zuckerberg, rispondendo alle domande della deputata democratica della California Anna Eshoo, ha rivelato che anche i suoi dati personali sul social network erano fra quelli acquisiti da Cambridge Analytica. “Tra i dati violati da Cambridge Analytica c'erano anche i suoi?”, ha chiesto la deputata. E la risposta di Zuckerberg è stata: “Sì”. Il 33enne ha ammesso che Facebook era a conoscenza della situazione dal 2015. "Avete contattato subito il Ceo di Cambridge Analytica?", ha chiesto Eshoo. "Abbiamo bloccato l’applicazione. Ci siamo messi in contatto con Cambridge Analytica chiedendo di cancellare tutti i dati e il responsabile ci ha comunicato che l’avevano fatto", ha replicato il fondatore del social. Rispondendo invece alla domanda del repubblicano Fred Upton sulla possibilità di creare una regolamentazione che però non soffochi le startup, Zuckerberg ha risposto: “Penso che sia inevitabile che ci siano delle regole ma dobbiamo fare attenzione a quali siano”.

Partite notifiche per utenti interessati

Più volte, rispondendo ad altre domande, il Ceo di Facebook ha insistito sul fatto che agli utenti viene data possibilità di scelta, ma che la gran parte di loro non utilizza i controlli messi a disposizione dalla piattaforma per scegliere il livello di privacy per il proprio profilo. Zuckerberg ha anche confermato che lunedì scorso sono partite le notifiche per gli utenti del social network i cui dati sono stati interessati dal caso Cambridge Analytica. Poi ha spiegato quali sono le tre mosse principali adottate da Facebook perché "quello che è successo non si ripeta". "Primo: scopriremo quello che ha fatto Cambridge Analytica e lo diremo a tutti quelli coinvolti - ha detto Zuckerberg -. Quel che sappiamo è che hanno raccolto informazioni su milioni di utenti comprandoli da una app che molte persone avevano scaricato. Stiamo lavorando con i governi di tutto il mondo per fare in modo che tutti i dati in loro possesso vengano cancellati". Necessario, per Zuckerberg, anche "fare in modo che nessun sviluppatore di app possa usare dati personali" e "che gli sviluppatori di app non possano accedere a troppe informazioni".

Le scuse

Nell’audizione di ieri al Senato, Zuckerberg si era scusato e aveva ammesso: "La mia responsabilità è creare strumenti ma anche che questi strumenti siano utilizzati per il bene. Non abbiamo fatto abbastanza per impedire che vengano utilizzati in modo dannoso. È stato un errore e mi dispiace. Sono d'accordo sul fatto che siamo responsabili per i contenuti". Già nelle interviste rilasciate nelle ultime settimane Zuckerberg aveva ammesso le colpe di Facebook nella gestione dei dati e si era impegnato a misure più stringenti in fatto di privacy.

Lo scandalo

Lo scandalo è scoppiato a marzo, quando le inchieste di New York Times e Guardian hanno rivelato che i dati di 87 milioni di utenti Facebook - 214mila quelli italiani (la mappa dei profili tracciati in italia) - sono finiti nelle mani di Cambridge Analytica, società di analisi e consulenza politica britannica che ha lavorato alla campagna elettorale di Donald Trump nel 2016. I dati erano stati raccolti nel 2013 da un ricercatore dell'università di Cambridge, Aleksandr Kogan, attraverso un test sulla personalità sotto forma di app. L'applicazione è stata installata da circa 300mila utenti: accettando le condizioni, hanno condiviso con il ricercatore anche le informazioni dei propri contatti. Una pratica consentita da Facebook fino al 2014. Kogan ha però ceduto questo patrimonio di dati a Cambridge Anlytica, andando contro i termini di utilizzo del social network che vietavano la condivisione con terzi di informazioni raccolte dagli sviluppatori. Zuckerberg è venuto a conoscenza nel 2015 della violazione e sostiene di avere avuto la rassicurazione formale che quei dati sarebbero stati cancellati. Non è andata così, come hanno rivelato diverse inchieste giornalistiche: quei dati infatti sarebbero stati utilizzati per condizionare, attraverso attività mirate su Facebook, l'orientamento di voto dei cittadini Usa durante le ultime presidenziali.

Il Russiagate

Un tema che si intreccia anche con il Russiagate e con le presunte interferenze della Russia sulle elezioni americane. Zuckerberg ha impiegato 10 mesi, dal giorno delle elezioni, per ammettere il coinvolgimento di Mosca. L'intelligence russa ha creato profili falsi impersonando cittadini americani e diffondendo fake news: i loro post, tendenzialmente a favore di Trump, sarebbero comparsi sul newsfeed di circa 126 milioni di utenti, pari a quasi metà della popolazione adulta americana. Per condurre questa campagna di disinformazione, l'intelligence russa ha speso in pubblicità, tra Facebook e Instagram, circa 100mila dollari. Gli account finti sono stati chiusi nell'agosto del 2017.

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