Trump grazia Arpaio, ex sceriffo anti migranti. E perde un altro pezzo

Mondo
joe-arpaio-trump-ansa

Il presidente, mentre gli occhi del Paese sono puntati sull'uragano Harvey, concede la grazia all’85enne condannato per aver violato l'ordine di un tribunale che gli aveva vietato di fare altre retate d’immigrati. Si dimette, intanto, il vice assistente Sebastian Gorka

Nuove polemiche sull'amministrazione Trump. Poco prima che l'uragano Harvey si abbattesse sulla costa texana, con la proclamazione dello stato di calamità naturale, il presidente ha graziato il controverso ex sceriffo anti immigrati dell'Arizona Joe Arpaio, suo sostenitore della prima ora. E ha perso un altro pezzo della Casa Bianca, con le dimissioni del suo vice assistente Sebastian Gorka.

La grazia ad Arpaio

La grazia all’85enne Arpaio era nell'aria, ma martedì scorso Donald Trump aveva rinunciato all'annuncio nel suo comizio in Arizona per evitare tensioni e proteste, sulla scia degli scontri di Charlottesville. Un annuncio solo rinviato, arrivato in un momento in cui tutti gli occhi dell'America sono puntati sull'uragano. Ma la decisione non manca di sollevare polemiche. Arpaio era stato condannato per aver violato l'ordine di un tribunale che gli aveva vietato di fare altre retate di immigrati.

Chi è l’ex sceriffo

È la punta di un iceberg di una carriera costellata da accuse di violazione dei diritti civili, abuso di potere e discriminazione razziale nei confronti della comunità ispanica. Lo scorso novembre, proprio quando veniva eletto Trump, lui non veniva riconfermato nelle elezioni come sceriffo. Era in carica da un ventennio e si era “guadagnato” il soprannome di “sceriffo più duro d'America”. Per anni aveva coordinato, utilizzando anche delle tendopoli carcerarie, la caccia ai clandestini nella sua contea con metodi discutibili. Aveva indagato a lungo anche sul certificato di nascita di Barack Obama e, pur essendo stato costretto a terminare le indagini perché il caso ormai era chiuso, non ha mai cambiato idea sull'autenticità del documento e resta convinto ancora che si tratti di un falso. La Casa Bianca, invece, rende omaggio alla “lunga”, “ammirevole” e “altruista” carriera di Arpaio al servizio della nazione, in particolare “per proteggere la gente dalle piaghe del crimine dell'immigrazione illegale”, e lo ritiene un “candidato meritevole della grazia presidenziale”.

Le dimissioni di Gorka

Oltre alle polemiche per la grazia ad Arpaio, dopo il siluramento di Steve Bannon, il presidente Trump deve fare i conti anche con le dimissioni di un altro esponente della sua amministrazione. Sebastian Gorka, esperto in questioni di sicurezza nazionale e anti terrorismo, era vicino all'ex chief strategist Steve Bannon (silurato nei giorni scorsi) e ha detto di aver viste tradite le promesse della campagna elettorale. Ma forse, più semplicemente, è rimasto vittima della resa dei conti interna tra fazioni e della “pulizia” operata dal chief of staff John Kelly.

Le motivazioni del passo indietro

Gorka Lascia, ha spiegato, per il nuovo corso preso dalla Casa Bianca, ormai “commissariata” dai generali e da Wall Street. “Alla luce degli eventi recenti, mi è chiaro che le forze che non sostengono le promesse del ‘Make America great again’ sono, per ora, prevalenti nella Casa Bianca”, ha scritto Gorka, che in passato ha collaborato a Breitbart, il sito di estrema destra creato da Bannon. “Purtroppo le persone che più avevano incarnato e rappresentato quelle politiche sono state avversate internamente, rimosse sistematicamente o minate nei mesi recenti”, ha detto ancora. E ha citato la decisione di rafforzare la presenza Usa in Afghanistan, con un discorso dal quale “è stata rimossa ogni citazione dell'Islam radicale o del terrorismo islamico radicale”, come segno che “un elemento cruciale della vostra campagna presidenziale è andato perduto”. Anche lui, come Bannon, ritiene che sarà più efficace nel sostenere Trump da fuori.

Mondo: I più letti