Sunniti e sciiti: quali sono le differenze tra i due rami dell'Islam
MondoUna frattura risalente al VII secolo condiziona ancora oggi gli equilibri nell’area. Anche se, spesso, i motivi dei contrasti sono più politici che dottrinali
La separazione fra i principali rami dottrinali dell’Islam, sunnismo e sciismo, condiziona tutt’ora la situazione geopolitica del Medio Oriente. Come fa notare però Lorenzo Declich, esperto di Islam contemporaneo e autore dei saggi "L’Islam nudo" e "Islam in 20 parole", "non tutto quello che succede è riconducibile a questa dicotomia: anzi, spesso dietro di essa si nascondono interessi politici ed economici". Ecco allora la storia della frattura e le differenze principali fra le confessioni.
Storia di uno scisma
La divisione fra sunniti e sciiti risale al settimo secolo: alla morte di Maometto (632 d.C.), la guida della comunità islamica fu affidata ad Abu Bakr, compagno del Profeta e padre della moglie Aisha, che divenne il primo califfo. Alcuni fedeli, però, sostenevano che la leadership spettasse a un consanguineo di Maometto e quindi al cugino e genero Ali: da questo "partito", chiamato shiaat Ali (fazione di Ali), derivano gli sciiti odierni. L’etimologia della parola sunnita, invece, si rifà alla sunna, il codice di comportamento tramandato dal Profeta, che insieme al Corano costituisce la base per la sharia, la legge islamica. Se i sunniti hanno monopolizzato il potere politico all'epoca del califfato, gli sciiti hanno cercato una guida nei loro imam (guida). La frattura si consolidò nel 680, quando a Kerbala (Iraq), il figlio di Ali, Hussein bin Ali fu sconfitto e ucciso dalle truppe del califfo omayyade Yazid ibn Muawiya: da allora i rami dottrinali si separarono definitivamente ed emersero gradualmente le differenze religiose.
Sunniti e sciiti: la diffusione
Come conferma Lorenzo Declich, i sunniti costituiscono circa l’80-85% del mondo islamico (1,6 miliardi di fedeli totali). "Gli sciiti sono in maggioranza solo in Iran, in Bahrein e in Iraq, dove però la situazione è più complessa. Grosse comunità sciite si trovano in Yemen, Libano, Siria, Pakistan e Arabia Saudita; in generale lo sciismo è malvisto e ostacolato in tanti Paesi a maggioranza sunnita". Ma è sbagliato pensare a sunnismo e sciismo come due mondi omogenei, visto che anche al loro interno sono molte le correnti: "Gli sciiti dell’Iran, ad esempio, sono duodecimani, quelli dello Yemen zaiditi".
Sunniti e sciiti: le differenze
"Sunniti e sciiti condividono il Corano come libro sacro e i cinque pilastri dell'Islam, ai quali questi ultimi aggiungo un sesto: il jihad. Questo termine non va inteso solo nell’accezione bellica con cui viene presentato in Occidente, ma riguarda soprattutto lo sforzo di adesione del singolo individuo ai valori dell'Islam. Per la comunità significa difesa dei propri valori e diffusione degli stessi, non necessariamente tramite la violenza". E se il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca è comune a tutti i musulmani (ma spesso oggetto di polemiche, perché la Città Santa si trova in Arabia Saudita e gli sciiti si sentono discriminati), ci sono ricorrenze diverse a seconda del ramo dottrinale. "Gli sciiti ad esempio celebrano l’ashura, la commemorazione del martirio di Hussein bin Ali e dei suoi seguaci nella battaglia di Kerbala; i sunniti sono invece correligionari del califfo responsabile della loro morte", continua Declich.
Sunniti e sciiti: la struttura religiosa
Altre differenze riguardano la struttura religiosa. "Gli sciiti hanno qualcosa di assimilabile a un clero, con una gerarchia ben definita che vede al vertice gli ayatollah. Questi ultimi sono considerati guide spirituali e in buona misura politiche della comunità; la confessione sciita iraniana, ad esempio, è detta duodecimana, perché guidata dai 12 imam, posti a capo della comunità islamica dopo la morte di Maometto. Anche nel sunnismo troviamo autorità religiose, ma il loro peso politico è più limitato e la gerarchia interna meno marcata". I sunniti, del resto, basano la loro pratica religiosa su atti e insegnamenti tramandati da Maometto, mentre gli sciiti vedono negli ayatollah un riflesso di Allah sulla terra, figure che sopperiscono alla mancanza di diretti discendenti del Profeta, gli unici a cui spetterebbe la guida della comunità.
Un conflitto complesso
A partire dalla rivoluzione iraniana del 1979, Arabia Saudita e Iran si sono progressivamente imposti come attori principali in Medio Oriente. Nonostante questi due Stati si propongano come campioni rispettivamente di sunnismo e sciismo, combattendosi "per procura" anche nella guerra civile siriana, i blocchi religiosi della regione non sono così monolitici. "Tendenzialmente l’Iran appoggia le formazioni sciite nell’area, come i ribelli Houthi in Yemen o gli oppositori dei sovrani Al-Khalifa in Bahrein - spiega Declich - ma anche organizzazioni sunnite, quando questo favorisce i suoi interessi, come nel caso di Hamas contro Israele nei decenni scorsi". Secondo l’esperto, è importante capire dove finisce il conflitto religioso e dove inizia quello politico. Anche la frattura fra Arabia Saudita e Qatar è un esempio a sostegno di questa tesi: "I regnanti sauditi e qatarini sono ugualmente sunniti wahhabiti, ma il Qatar condivide importanti interessi con l’Iran (un enorme giacimento petrolifero nel golfo Persico) e ha buoni rapporti con il regime degli ayatollah”. Allo stesso modo, i sauditi sono acerrimi nemici dei Fratelli Musulmani (sunniti come loro), tanto da supportare il colpo di stato del luglio 2013 di Al-Sisi, che in Egitto ha messo fine al governo di Mohamed Morsi.
Wahhabiti e salafiti
Quando si parla di correnti dell’Islam, poi, si rischia di incorrere in eccessive semplificazioni: i termini wahhabismo e salafismo, ad esempio, sono spesso usati come sinonimi, ma non sono sovrapponibili. "Il primo è un movimento di riforma religiosa del 18esimo secolo nato all'interno del sunnismo, che insiste su un'interpretazione letteralista del Corano. Il wahhabismo era inizialmente considerato quasi un’eresia, ma ora questa versione ha preso molto piede, grazie soprattutto alle case regnanti di Arabia Saudita e Qatar, che l’hanno praticamente imposto all’interno e finanziato all’estero". Anche il salafismo è un’interpretazione purista dell’Islam, che predica un ritorno alla purezza dei musulmani delle origini: "I salafiti sono portatori di un’utopia regressiva che inizialmente non aveva un esito politico". Poi la difesa della tradizione si è gradualmente identificata con il rifiuto della subordinazione alla cultura occidentale: ci sono salafiti ad esempio fra i Fratelli Musulmani, associazione conservatrice transnazionale, in origine anti-colonialista, che ha raggiunto il potere in Egitto e Tunisia nel 2011.
Islam radicale e gruppi terroristici
Derive estremiste del sunnismo sono quelle che hanno portato alla costituzione di diversi gruppi terroristici nel mondo. I più famosi sono Al-Qaida, la sua costola siriana Al-Nusra, Boko Haram e l’Isis. Queste organizzazioni non sono necessariamente alleate fra loro (e anzi spesso lottano per la supremazia ideologica e territoriale in un’area), ma condividono di solito un’interpretazione radicale dell’Islam e violenta del jihad. Sunniti sono anche i militanti di Hamas, braccio armato della resistenza palestinese, mentre sciita è l’organizzazione paramilitare libanese Hezbollah. Entrambe sono considerate organizzazioni terroristiche da diversi Paesi tra cui Israele e Stati Uniti.