Usa, le primarie repubblicane proseguono sul web
MondoIn attesa dei prossimi appuntamenti elettorali la battaglia del Gop si infiamma in Rete. Romney punta su Foursquare. Santorum insegue, penalizzato da bordate satiriche a sfondo sessuale messe a segno tramite Google. Intanto Obama scatta su Instagram
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Terminato il primo scontro in Iowa, che ha lanciato con un testa a testa il favorito Mitt Romney e l'ultraconservatore Rick Santorum, con il libertario Ron Paul a occupare il terzo gradino del podio, le primarie repubblicane iniziano a entrare nel vivo. E, dal prossimo round - in New Hampshire il 10 gennaio – diventerà sempre più intensa anche la campagna web.
Se parte dell'exploit di Santorum è dovuto alla sua comunicazione porta a porta (sono stati oltre trecento gli incontri organizzati nello stato del Midwest che ha inaugurato la battaglia elettorale), d'ora in poi, passando dalla dimensione di quartiere dei caucus a quella più ampia delle primarie, il peso della Rete sarà molto più rilevante. Del resto, ha fatto notare l'Huffington Post, il risultato che arriva dalle pianure americane è da prendere con le molle: alle assemblee appena svolte ha votato solo il 5,4 per cento degli elettori dell'Iowa.
UN FOTOFINISH ANCHE SUL WEB - In compenso, anche dall'analisi del web, è evidente che Rick Santorum sia in rapida ascesa, come dimostrano le statistiche della ricerca per parole chiave su Google nell'ultimo mese.
E pure sul fronte delle menzioni su Twitter, Santorum sembra continuare a tenere testa a Romney, come mostrerebbe il confronto del numero di tweet contenenti il nome dei due candidati nell'ultima settimana, evidenziato attraverso il sito Hashtagbattle.com. Lo stesso dato è confermato dal Washington Post con la sua Mention Machine, uno strumento che conteggia le citazioni su Twitter dei vari candidati. Per altro, secondo quest'ultima analisi, il più chiacchierato e cinguettato sarebbe il terzo incomodo Ron Paul, che è evidentemente ancora in gioco in queste primarie, se non altro come portatore di una preziosa dote di voti.
I GUAI DI SANTORUM - Se la stella di Santorum è in ascesa, la sua performance digitale non sembra tuttavia all'altezza della sfida che ha davanti. E qui non si può fare a meno di parlare del suo scheletro nell'armadio: digitando Santorum su Google tra i primi risultati esce fuori un sito che ha usato il cognome del senatore dalle origini italo-americane per coniare una parola nuova, correlata a un atto sessuale. Artefice di questo diabolico capolavoro di posizionamento sui motori di ricerca è stato anni fa Dan Savage, brillante giornalista e autore satirico (celebre ed esilarante la sua posta del cuore Savage Love), oltre che attivista per i diritti gay. Proprio per punire le affermazioni omofobiche di Santorum, Savage aveva creato nel 2003 il sito con la definizione in questione, che col tempo ha conquistato i primi posti del ranking di Google.
Ora che il nome di Santorum verrà digitato da milioni di americani, quella presenza online comincia a essere imbarazzante: e anche se Google di certo non la toglierà (si è sempre rifiutato), c'è chi sta dando alcuni consigli al candidato per migliorare il proprio posizionamento.
Anche sul fronte Facebook, Santorum non brilla: ha circa 60mila fan contro gli oltre 1 milione e duecentomila di Romney, e comunque meno di tutti gli altri candidati ancora in corsa, come mostra il sito SocialBakers.com attraverso questa infografica. Per la cronaca, Obama di “seguaci” ne ha oltre 24 milioni: ma certo lui è anche il presidente in carica.
ROMNEY IL VOLENTEROSO – Mitt Romney, dal suo canto, ce la sta mettendo tutta e svolge il compitino al meglio: abbiamo detto della sua performance, la migliore tra i candidati repubblicani, su Facebook. Inoltre si cimenta con strumenti un po' più freschi. Ad esempio usa Storify – il sito che racconta storie attraverso i social media, usato più volte anche da Sky.it – per mostrare, tappa dopo tappa, il proprio tour elettorale, attraverso il rendiconto giornaliero di spostamenti e incontri. E un po' con lo stesso obiettivo si è iscritto a Foursquare, il social network basato sulla geolocalizzazione. Tuttavia, malgrado l'impegno profuso, l'impressione è che gli manchi ancora quel non so che per diventare virale e sfruttare al meglio le potenzialità comunicative della Rete.
PAUL, NATURALMENTE VIRALE – Proprio quella viralità che Ron Paul invece si porta dietro con naturalezza. Politics, il canale di YouTube dedicato alle elezioni 2012, mostra la fuga in avanti dell'anziano candidato texano, che avrà pure 75 anni ma che sul sito di video-sharing fa il pieno di visite. E che conquista la palma della viralità anche su Facebook, laddove s'intende non tanto il numero di fan, ma quanto gli utenti parlano di lui.
OLTRE I NUMERI – Se questa è la fotografia attuale della corsa repubblicana sul web (e per avere un colpo d'occhio si può anche guardare l'ultimo ipnotico strumento di Google al riguardo), va però detto che molte di queste analisi non si possono tradurre facilmente in un conteggio dei consensi. Un video può diventare virale anche perché involontariamente comico, così come un candidato può essere molto citato su Twitter solo perché inviso a una parte di elettori particolarmente attiva. Ecco perché c'è chi sta provando a introdurre una “sentiment analysis”, cioè uno studio dell’attitudine positiva o negativa di un dato messaggio. Nel frattempo, comunque, va detto che Obama non sta proprio a guardare. E giusto per scompaginare le carte, ha fatto capolino su Instagram, il sito di condivisione foto da cellulare che spopola online. Come dire: sono ancora io il web candidate-in-chief.
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Se parte dell'exploit di Santorum è dovuto alla sua comunicazione porta a porta (sono stati oltre trecento gli incontri organizzati nello stato del Midwest che ha inaugurato la battaglia elettorale), d'ora in poi, passando dalla dimensione di quartiere dei caucus a quella più ampia delle primarie, il peso della Rete sarà molto più rilevante. Del resto, ha fatto notare l'Huffington Post, il risultato che arriva dalle pianure americane è da prendere con le molle: alle assemblee appena svolte ha votato solo il 5,4 per cento degli elettori dell'Iowa.
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E pure sul fronte delle menzioni su Twitter, Santorum sembra continuare a tenere testa a Romney, come mostrerebbe il confronto del numero di tweet contenenti il nome dei due candidati nell'ultima settimana, evidenziato attraverso il sito Hashtagbattle.com. Lo stesso dato è confermato dal Washington Post con la sua Mention Machine, uno strumento che conteggia le citazioni su Twitter dei vari candidati. Per altro, secondo quest'ultima analisi, il più chiacchierato e cinguettato sarebbe il terzo incomodo Ron Paul, che è evidentemente ancora in gioco in queste primarie, se non altro come portatore di una preziosa dote di voti.
I GUAI DI SANTORUM - Se la stella di Santorum è in ascesa, la sua performance digitale non sembra tuttavia all'altezza della sfida che ha davanti. E qui non si può fare a meno di parlare del suo scheletro nell'armadio: digitando Santorum su Google tra i primi risultati esce fuori un sito che ha usato il cognome del senatore dalle origini italo-americane per coniare una parola nuova, correlata a un atto sessuale. Artefice di questo diabolico capolavoro di posizionamento sui motori di ricerca è stato anni fa Dan Savage, brillante giornalista e autore satirico (celebre ed esilarante la sua posta del cuore Savage Love), oltre che attivista per i diritti gay. Proprio per punire le affermazioni omofobiche di Santorum, Savage aveva creato nel 2003 il sito con la definizione in questione, che col tempo ha conquistato i primi posti del ranking di Google.
Ora che il nome di Santorum verrà digitato da milioni di americani, quella presenza online comincia a essere imbarazzante: e anche se Google di certo non la toglierà (si è sempre rifiutato), c'è chi sta dando alcuni consigli al candidato per migliorare il proprio posizionamento.
Anche sul fronte Facebook, Santorum non brilla: ha circa 60mila fan contro gli oltre 1 milione e duecentomila di Romney, e comunque meno di tutti gli altri candidati ancora in corsa, come mostra il sito SocialBakers.com attraverso questa infografica. Per la cronaca, Obama di “seguaci” ne ha oltre 24 milioni: ma certo lui è anche il presidente in carica.
ROMNEY IL VOLENTEROSO – Mitt Romney, dal suo canto, ce la sta mettendo tutta e svolge il compitino al meglio: abbiamo detto della sua performance, la migliore tra i candidati repubblicani, su Facebook. Inoltre si cimenta con strumenti un po' più freschi. Ad esempio usa Storify – il sito che racconta storie attraverso i social media, usato più volte anche da Sky.it – per mostrare, tappa dopo tappa, il proprio tour elettorale, attraverso il rendiconto giornaliero di spostamenti e incontri. E un po' con lo stesso obiettivo si è iscritto a Foursquare, il social network basato sulla geolocalizzazione. Tuttavia, malgrado l'impegno profuso, l'impressione è che gli manchi ancora quel non so che per diventare virale e sfruttare al meglio le potenzialità comunicative della Rete.
PAUL, NATURALMENTE VIRALE – Proprio quella viralità che Ron Paul invece si porta dietro con naturalezza. Politics, il canale di YouTube dedicato alle elezioni 2012, mostra la fuga in avanti dell'anziano candidato texano, che avrà pure 75 anni ma che sul sito di video-sharing fa il pieno di visite. E che conquista la palma della viralità anche su Facebook, laddove s'intende non tanto il numero di fan, ma quanto gli utenti parlano di lui.
OLTRE I NUMERI – Se questa è la fotografia attuale della corsa repubblicana sul web (e per avere un colpo d'occhio si può anche guardare l'ultimo ipnotico strumento di Google al riguardo), va però detto che molte di queste analisi non si possono tradurre facilmente in un conteggio dei consensi. Un video può diventare virale anche perché involontariamente comico, così come un candidato può essere molto citato su Twitter solo perché inviso a una parte di elettori particolarmente attiva. Ecco perché c'è chi sta provando a introdurre una “sentiment analysis”, cioè uno studio dell’attitudine positiva o negativa di un dato messaggio. Nel frattempo, comunque, va detto che Obama non sta proprio a guardare. E giusto per scompaginare le carte, ha fatto capolino su Instagram, il sito di condivisione foto da cellulare che spopola online. Come dire: sono ancora io il web candidate-in-chief.