Caso camici in Lombardia, Attilio Fontana prosciolto in appello

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Cade l’accusa di frode in pubbliche forniture perché “il fatto non sussiste”. Anche altre quattro persone scagionate, tra cui il cognato dell’esponente leghista

 

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Il presidente della Lombardia Attilio Fontana è stato prosciolto “perché il fatto non sussiste” con altre quattro persone dall’accusa di frode in pubbliche forniture per il caso dell’affidamento nell’aprile 2020 da parte della Regione di una fornitura, poi trasformata in donazione, da circa mezzo milione di euro di 75 mila camici e altri dispositivi di protezione individuale a Dama, società del cognato Andrea Dini. La Corte d'Appello di Milano ha confermato il proscioglimento. Il gup Chiara Valori in udienza preliminare, infatti, il 13 maggio 2022, aveva emesso sentenza di "non luogo a procedere perché il fatto non sussiste" per il governatore, per il cognato Andrea Dini, per Filippo Bongiovanni, per Carmen Schweigl, ex dg e dirigente di Aria, centrale acquisti regionale, e per il vicesegretario generale di Regione Lombardia e per Pier Attilio Superti.

 

Le motivazioni

“Sono felice. Felice innanzitutto per aver tolto un peso enorme ai miei figli e a mia moglie. E poi i lombardi, tutti quei lombardi, e sono moltissimi, che mi hanno sempre sostenuto” è stato il commento di Fontana dopo il prosciglimento. Fontana era accusato di frode per avere sostanzialmente simulato una donazione fin dall'inizio, a riguardo dei 75mila camici (poi diventati 50 mila) forniti dalla Dama. Nelle motivazioni rese note il 26 maggio, si legge che Dini aveva chiarito fin da subito di non voler consegnare gli ultimi 25 mila camici, e che intorno al 20 maggio 2020 si era cercato di risolvere il problema dell'imbarazzo nascente, vista l'inchiesta giornalistica appena scaturita, ma senza cercare a posteriori "di considerare la fornitura come a titolo gratuito fin dall'origine". Anche perché le prime fatture erano già state emesse.

 

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