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Caso Lidia Macchi, a Stefano Binda 303 mila euro per ingiusta detenzione

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Lo ha deciso la quinta Corte d'Appello di Milano accogliendo l'istanza di riparazione presentata dal 53enne, assolto nel gennaio 2021 in via definitiva dall'accusa di avere ucciso la studentessa Lidia Macchi

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La quinta Corte d'Appello di Milano ha accolto l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione e ha liquidato oltre 303 mila euro a Stefano Binda, il 53enne assolto nel gennaio 2021 in via definitiva dall'accusa di avere ucciso la studentessa Lidia Macchi. L'uomo è stato in carcere 3 anni e mezzo, tra il 2016 e il 2019, e lo scorso maggio, in aula, aveva chiesto un "indennizzo" di oltre 350mila euro.

L'omicidio

Lidia Macchi, 21 anni, venne uccisa con 29 coltellate nel gennaio 1987. Scomparve dopo aver fatto visita a un'amica ricoverata in ospedale a Cittiglio, nel Varesotto. Il cadavere fu trovato due giorni dopo, il 7 gennaio, in un bosco non lontano dall'ospedale. L'omicidio è rimasto irrisolto.

La vicenda giudiziaria

In primo grado, a trent'anni dalla morte della giovane, Binda era stato condannato all'ergastolo, e poi prosciolto in appello nel 2019 dalla Corte di Assise di appello di Milano. L'inchiesta, avocata dalla Procura generale di Milano, il 15 gennaio del 2016 aveva portato in cella Binda. L'uomo venne scarcerato il 24 luglio 2019, in seguito all'assoluzione in secondo grado poi confermata dalla Cassazione. Oggi la quinta Corte d'Appello, come è stato comunicato con una nota, ha depositato l'ordinanza riconoscendo l'ingiusta detenzione e liquidando immediatamente 303.277,38 euro a titolo di indennizzo.

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