Il magistrato, interrogato a maggio, avrebbe affermato che sentire ancora a verbale l'ex dirigente sarebbe stato dannoso per le indagini sul 'falso complotto Eni'
Ci sarebbero anche alcune mail inviate dal pm Paolo Storari negli atti delle indagini sul caso Eni dei pm di Brescia, in cui l'aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro risultano indagati con l'accusa di rifiuto di atti d'ufficio per non aver depositato materiale probatorio nel processo sulla vicenda Eni-Nigeria. A quanto si apprende, nelle mail, inviate dal pm Storari (pure lui indagato a Brescia per il caso dei verbali dell'avvocato Piero Amara e i contrasti con i vertici del suo ufficio) ai vertici dell'ufficio, il magistrato faceva notare la inattendibilità dell'ex manager Eni Vincenzo Armanna. Il pm, interrogato a maggio a Brescia, avrebbe messo nero su bianco che sentire ancora a verbale l'ex dirigente sarebbe stato dannoso per le indagini sul 'falso complotto Eni', di cui era titolare assieme all'aggiunto Laura Pedio.
In una nota firmata da De Pasquale e Spadaro, inviata il 5 marzo al procuratore Greco, i due magistrati avevano espresso le loro valutazioni critiche sul materiale probatorio trasmesso dal pm Storari e che riguardava Armanna
Per Storari ex manager Armanna era inattendibile
Per il pm Storari, Armanna - valorizzato invece da De Pasquale e Spadaro come 'grande accusatore' nel processo Eni-Nigeria - in realtà era inattendibile e anzi, sentirlo ancora a verbale nell'altro fascicolo sul 'falso complotto Eni', avrebbe solo danneggiato l'indagine. L'inchiesta bresciana, coordinata dal procuratore Francesco Prete e dal pm Donato Greco, è nata proprio dagli interrogatori del pubblico ministero Storari, pure lui indagato a Brescia ma per rivelazione del segreto di ufficio, in quanto, quando aveva affiancato l'aggiunto Pedio nelle indagini sul cosiddetto 'depistaggio Eni', nell'aprile 2020 aveva consegnato, per autotutelarsi, i verbali resi da Piero Amara a Piercamillo Davigo, allora al Csm.
Le mail
Storari ha spiegato di aver inviato a De Pasquale e Spadaro - mettendo in copia Pedio e il procuratore Francesco Greco - materiale che avrebbe dimostrato come Armanna, ex manager licenziato dalla compagnia petrolifera e valorizzato dall'accusa nel dibattimento sul giacimento nigeriano, avesse costruito prove false per "gettare fango" sui vertici del gruppo per poi ricattarli. Materiale che i due pubblici ministeri non hanno messo a disposizione delle difese e del Tribunale durante il processo pur avendo consapevolezza, questa è l'ipotesi, delle false accuse. Le omissioni riguardano una serie di chat alterate dall'ex dirigente per screditare non solo l'ad Claudio Descalzi ma anche il capo del personale Claudio Granata. E altri messaggi 'depurati' per nascondere un presunto versamento di 50 mila dollari a Isaac Eke, teste chiamato in aula dall'accusa. Agli atti dell'inchiesta bresciana ci sono le mail inviate dal pm Storari ai vertici dell'ufficio, in particolare tra gli ultimi mesi del 2020 e l'inizio del 2021. Sull'inattendibilità di Armanna si sono espressi anche i giudici del caso Eni-Nigeria nelle motivazioni della sentenza con cui i 15 imputati sono stati assolti.
Agli atti un messaggio di Armanna a Eke
Nell'inchiesta della Procura di Brescia c'è anche un messaggio con la richiesta da parte di Vincenzo Armanna a Isaak Eke di restituirgli 50 mila dollari, soldi che l'ex manager licenziato da Eni avrebbe versato all'ex ufficiale della polizia nigeriana da lui chiamato come teste per confermare le sue accuse al processo sul caso Opl245. Il messaggio fa parte dei documenti non depositati alle parti processuali dai due pm, pur avendoli ricevuti dal collega Paolo Storari, che allora stava indagando sulla vicenda parallela del 'falso complotto'.
Richiesta di restituzione del denaro sarebbe stata avanzata nel novembre 2019
La richiesta di restituzione del denaro, come si evince dalle chat, sarebbe stata avanzata dopo che, nel novembre 2019, in aula, l'ex super poliziotto non ha confermato le accuse di Armanna nei confronti dei vertici del gruppo italiano, lo scorso marzo assolti con tutti gli altri imputati. Il versamento al teste era emerso nel corso dell'indagine sul cosiddetto falso complotto e, per il pm Storari, era indicativa di come l'ex manager di Eni, come ha annotato il Tribunale di Milano nelle motivazioni dell'assoluzione, avesse "utilizzato gli strumenti processuali, per finalità personali, arrivando ad orchestrare un impressionante vortice di falsità". La vicenda del testimone, soprannominato al processo sul caso Nigeria 'il vero Victor', è stata spiegata in due interrogatori resi al Procuratore della Repubblica di Brescia Francesco Prete e al pm Donato Greco dallo stesso Storari. Inoltre, Isaak Eke nelle ore successive la sua deposizione, mentre si trovava in una stanza di albergo a Milano, è stato perquisito su disposizione dei pm De Pasquale e Spadaro, i quali, accusandolo di falsa testimonianza, avevano ipotizzato fosse stato 'oliato' per negare quanto Armanna aveva dichiarato.
Pm scrissero a Greco: "Illegittima acquisizione chat"
Nella nota firmata dal procuratore aggiunto De Pasquale e dal pm Spadaro, inviata il 5 marzo al procuratore Francesco Greco e consegnata lunedì scorso anche ai pm di Brescia che indagano per rifiuto di atti d'ufficio, i due magistrati, titolari del fascicolo Eni-Nigeria, hanno espresso le loro valutazioni critiche sul materiale probatorio trasmesso dal pm Paolo Storari e che riguardava l'ex manager Eni Vincenzo Armanna. In particolare, a quanto si è saputo, hanno contestato la 'legittimità procedurale' nelle acquisizioni delle chat dell'ex dirigente da parte del pm Storari nell'inchiesta sul 'falso complotto'.
La relazione di De Pasquale e Spadaro
Nella "nota" di 11 pagine, con firma digitale di De Pasquale e Spadaro, inviata a Greco ma anche all'aggiunto Laura Pedio, titolare del fascicolo sul 'falso complotto Eni' di cui si occupava all'epoca anche Storari, i due magistrati rispondono con una serie di valutazioni critiche ad una relazione, da loro definita "informale", che era stata inviata da Storari a febbraio. Relazione nella quale era contenuto il materiale raccolto da Storari: in particolare alcune chat di Armanna che per lo stesso pm, che aveva inviato in precedenza diverse mail ai colleghi e ai vertici dell'ufficio, avrebbero dovuto essere depositate nel processo sul caso Eni-Nigeria. Le critiche dei due pm, a quanto si è appreso, hanno riguardato soprattutto la legittimità procedurale nell'acquisizione di quelle chat nell'inchiesta sul 'falso complotto' da parte di Storari. In più, comunque, quel materiale, come ha scritto Greco ieri in un comunicato, era "informale" e "oggetto di indagini ancora in corso". Tra l'altro, se in una chat, dialogando col teste Isaak Eke, Armanna parlava di 50 mila dollari non è certo, viene chiarito in ambienti giudiziari, che si riferisse ad un presunto pagamento per la sua testimonianza, ma potrebbe aver fatto riferimento ad un 'file' che gli interessava. A quanto si è saputo, infine, tra l'aggiunto De Pasquale e il pm Storari non ci sarebbe stata mai un'interlocuzione verbale su questi temi e nemmeno un vero scontro. Storari, però, tra fine 2020 e inizio 2021 avrebbe inviato diverse mail a De Pasquale, Spadaro, Pedio e Greco.