Fabrizio Corona portato in carcere a Monza dopo un ricovero in ospedale di dieci giorni

Lombardia

L'ex agente fotografico si era ferito quando ha saputo che i giudici della Sorveglianza di Milano avevano revocato il differimento pena in detenzione domiciliare

Fabrizio Corona è stato trasferito ieri sera nel carcere di Monza, dopo essere stato ricoverato per una decina di giorni nel reparto di psichiatria dell'ospedale Niguarda di Milano per un episodio di autolesionismo. L'ex agente fotografico si era ferito quando ha saputo che i giudici della Sorveglianza di Milano avevano revocato il differimento pena in detenzione domiciliare, concesso nel dicembre 2019, per una serie di violazioni delle prescrizioni. Nei giorni scorsi era stato deciso di portare Corona nel carcere milanese di Opera, ma dopo il ricovero è stato scelto quello di Monza che ha anche un'apposita sezione con osservazione psichiatrica per i detenuti. Corona inoltre sta portando avanti uno sciopero della fame in ospedale per protestare contro la decisione dei giudici. (IL RICORSO)

Il legale: "Sta molto male"

"Sta molto male, sono 12 giorni che non mangia, è imbottito di psicofarmaci e si regge a malapena in piedi, mi chiedo dove è finita l'umanità in questo Paese, non riconosco più il mio Paese", ha detto l'avvocato Ivano Chiesa. Il legale è andato subito nel carcere di Monza per incontrare l'ex agente fotografico, "che sta proseguendo lo sciopero della fame". E ha riferito: "Non ho mai visto le dimissioni da un ospedale con trasferimento in carcere alle 23, mai visto un trasferimento in carcere notturno in 35 anni di carriera, se l'hanno fatto per problemi mediatici o di clamore sono ancora più sconcertato". E ancora: "Sono senza parole, non capisco più lo Stato in cui vivo". 

Per la difesa, coi legali Ivano Chiesa e Antonella Calcaterra, il provvedimento della Sorveglianza ha disatteso tutte le relazioni degli esperti nelle quali si diceva che Corona avrebbe dovuto proseguire il percorso di cure fuori dal carcere.

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Il Garante dei detenuti: "Si valuti compatibilità con carcere"

Sul caso è intervenuto anche Carlo Lio, Garante dei detenuti di Regione Lombardia. "Per le persone che presentano patologie psichiatriche andrebbe formulato un percorso che non può prescindere dalla presa in carico sanitaria del soggetto e dall'individuazione del luogo più idoneo al percorso riabilitativo, che spesso non è compatibile con le strutture detentive carcerarie", commenta Lio. "Si auspica pertanto - aggiunge il Garante - che le valutazioni tecniche psichiatriche e psicologiche dei clinici concorrano a determinare le misure più idonee individuate dai magistrati per i soggetti che presentino una diagnosi di patologia psichiatrica acclarata". "L'esperienza che ho maturato - continua Lio - mi porta ad affermare che, all'interno degli istituti di pena, le persone a cui è stato diagnosticato un disturbo psichiatrico difficilmente riescono ad ottenere trattamenti adeguati".

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