Morte Andy Rocchelli: presunte intimidazioni a interprete nel processo

Lombardia
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Secondo una testimone, sentita ieri fuori udienza dalla Corte d’Assise d’appello milanese, sarebbero avvenute nel 2019. La donna ha parlato di una telefonata ricevuta dai familiari del professionista, nominato dai giudici per il procedimento di primo grado per la vicenda del fotoreporter pavese. Gli atti saranno trasmessi in Procura affinché si valuti l’apertura di un’indagine

Presunte intimidazioni nel 2019 all'interprete nominata dai giudici nel processo di primo grado per la morte di Andy Rocchelli, il fotoreporter pavese ucciso da colpi di mortaio il 24 maggio 2014 mentre realizzava un reportage nel Donbass, zona dell'Ucraina occupata dai separatisti filorussi. Le ha riferite a verbale ieri una testimone, che ha parlato di una telefonata ricevuta dai familiari del professionista (che aveva effettuato le traduzioni dall'ucraino all'italiano in aula durante le testimonianze nel processo) da parte di un anonimo. La donna è stata sentita ieri fuori udienza dalla Corte d'Assise d'appello milanese. La quale, presieduta da Giovanna Ichino, nel processo a carico di Vitaly Markiv, italo-ucraino, ex soldato semplice che nel 2005 si trasferì nelle Marche e nel 2012 tentò di arruolarsi nell'esercito italiano, prima di tornare in patria a combattere, condannato a 24 anni in primo grado a Pavia per la morte di Rocchelli, ha disposto la trasmissione del verbale in Procura reso ieri dalla testimone per verificare eventuali "notizie di reato a carico di ignoti" che vedono l'interprete come parte offesa. 

Le presunte intimidazioni

Dopo l'udienza dell'8 febbraio 2019, quando erano stati ascoltati due senatori ucraini, l'interprete rinunciò all'incarico. Nella presunta telefonata intimidatoria, da quanto si è saputo, si chiedeva una 'ritrattazione' da parte dell'interprete del suo lavoro svolto in aula.

L'udienza di oggi

Oggi nel corso dell'udienza, a cui ha assistito anche il ministro dell'Interno ucraino per sostenere l'imputato ("Ci sono prove e fatti che dicono che Markiv è innocente - ha detto il ministro -. Non è possibile ammazzare una persona che dista un km e mezzo quando l'arma ha una gittata di solo 500 metri", ha detto) - e per cui si sono state mobilitazioni della comunità ucraina ma anche, ad esempio, dei Radicali a favore dell'imputato -, ci sono stati 'botta e risposta' tra accusa e difesa (avvocato Raffaele Della Valle) e parti civili (la famiglia Rocchelli, Fnsi-Alg e il collettivo fotografico Cesura) su alcune questioni in un caso che ha anche 'scaldato' da tempo i rapporti diplomatici. La Corte, alla fine, ha deciso, come richiesto dal sostituto pg di Milano, Nunzia Ciaravolo, di far acquisire nelle prove anche il brogliaccio trascritto dalla polizia giudiziaria (ma non dal perito) con una frase nota ma finora non nel fascicolo, pronunciata dall'imputato in un colloquio intercettato in cella il primo luglio 2017: "Nel 2014 abbiamo fottuto un reporter ma lui era...". Accogliendo, però, anche la richiesta delle difese (come responsabile civile c'è lo Stato ucraino) i giudici hanno deciso di far trascrivere ad un perito interprete tutta la registrazione del colloquio di Markiv in carcere. L'intercettazione che entra nel processo, come "integrazione", sarà anche ascoltata in aula. Nel frattempo, la Corte ha riferito di aver ricevuto "in modo un po' irrituale" una e-mail dal ministero della Giustizia ucraino nella quale, da quanto si è saputo, per questioni di giurisdizione si fa notare che Markiv è cittadino ucraino. Ha, però, anche la cittadinanza italiana. Le prossime udienze si svolgeranno il 15 e il 23 ottobre.

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