Il Comitato “Noi Denunceremo - verità e giustizia per le vittime di Covid-19” ha inviato una lettera alla presidente della Commissione Europea e al presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo, spiegando che potrebbero esserci gli estremi per il reato di crimini contro l'umanità per quanto accaduto in Valseriana
Come annunciato negli scorsi giorni, il Comitato “Noi Denunceremo - verità e giustizia per le vittime di Covid-19” ha inviato una lettera alla presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, e al presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo, Ròbert Ragnar Spanò, per chiedere alla Comunità europea "di vigilare sulle indagini" in corso in Lombardia, in quanto potrebbero esserci gli estremi per il reato di crimini contro l'umanità, "contravvenendo agli artt. 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea oltre che all'art. 32 della Costituzione Italiana”.
Intanto, quest’oggi i membri del comitato si sono presentati in Procura a Bergamo per depositare un altro centinaio di denunce, che fanno seguito a quelle presentate nelle scorse settimane in occasione del primo “Denuncia Day”. (CORONAVIRUS: TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - LA SITUAZIONE IN LOMBARDIA)
La lettera
"Gentile Presidentessa della Commissione europea, Gentile Presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo, lo scorso marzo il mondo ha espresso vicinanza al dolore delle nostre comunità di Bergamo e Brescia che, da sole, contano undicimila vittime di coronavirus - scrive il comitato -. Uno scenario unico e senza precedenti sull'intero pianeta. Vi scriviamo per chiedere la vostra supervisione sulle indagini in corso in Lombardia, che stanno seguendo centinaia di denunce legali presentate ai pubblici ministeri in tutta la regione".
“In Lombardia crimini contro l’umanità”
"In Lombardia, sembrano esserci - viene sottolineato nella lettera - segni di indicibili crimini contro l'umanità. Il 2 marzo e il 5 marzo l'Istituto Nazionale della Sanità ha consigliato al governo di chiudere Alzano Lombardo, Nembro in provincia di Bergamo e Orzinuovi (Brescia). Il prudente sindaco di Orzinuovi e Senatore della Repubblica italiana - riferisce il comitato - ha dovuto presentare una interrogazione parlamentare dopo essere venuto a scoprire, leggendo il giornale, che c'erano istruzioni specifiche relativamente alla chiusura preventiva della sua città dopo i primi casi riportati. Sembra tuttavia che queste istruzioni non le abbia mai ricevute. Allo stesso tempo - prosegue -, Alzano Lombardo e Nembro non furono mai chiuse nonostante l'esercito fosse pronto a ricevere la direttiva sull'applicazione della zona rossa”.
Il Comitato quindi aggiunge: “Se i pubblici ministeri dovessero stabilire che le mancate zone rosse appartengono alla sfera della politica piuttosto che al diritto penale, risulterà chiaro come la decisione di non contenere la diffusione del virus, in accordo con i pareri della comunità scientifica, sia stata intenzionale: una decisione deliberata di sacrificare vite umane, decine di migliaia di vite, per evitare - spiegano i membri del comitato - le ripercussioni politiche derivanti dalla messa in sicurezza di tre città economicamente produttive del Nord Italia”.
"Violata la Costituzione"
Per il Comitato "Noi denunceremo", la direttiva di Regione Lombardia dell'8 marzo, che suggeriva agli ospedali di trasferire i pazienti con coronavirus a basso rischio in case di cura per liberare alcuni letti e far fronte alla incessante domanda durante tutta l'emergenza, "è stata approvata in totale contraddizione con i dati scientifici a disposizione delle autorità pubbliche, che mostravano chiaramente come il virus si stesse dimostrando letale, in particolar modo per i membri più anziani e più vulnerabili della nostra società". Nella lettera inviata all'Unione europea si parla anche di un'altra delibera regionale, "attraverso la quale è stato impedito ai medici di base di intervenire a visitare i pazienti non ospedalizzati qualora presentassero sintomi riportabili al virus covid-19, lasciando un monitoraggio esclusivamente telefonico" e questo violerebbe l'articolo 32 della Costituzione Italiana. "Come parenti delle vittime - scrivono i componenti del Comitato - vi sollecitiamo a supervisionare le indagini in corso sull'epidemia di coronavirus in Italia, con un occhio vigile sulle potenziali violazioni di alcuni articoli inclusi nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. In particolare, se deliberate decisioni politiche hanno violato il diritto alla vita di migliaia di membri delle nostre comunità (art. 2); il diritto all'integrità fisica e psicologica dei nostri anziani (art. 3); insieme al diritto alla loro dignità umana (art. 1)".
La testimonianza: “Nostro padre lasciato morire”
Intanto, mentre le denunce vengono consegnate in Procura, alcuni membri del Comitato raccontano della scomparsa dei loro cari. Tra questi i tre fratelli Maisto, il cui padre è morto lo scorso 29 febbraio in una Rsa lombarda. "Lo hanno lasciato morire perché aveva 88 anni e quando abbiamo chiesto se poteva essere ricoverato in una struttura con un reparto Covid ci hanno detto di no”, dicono. "Negli ultimi giorni - proseguono - non si nutriva nemmeno più, il fatto di non vederci poi, probabilmente, ha fatto sì che subentrasse lo sconforto. Ora - affermano i tre fratelli - vogliamo che chi ha sbagliato paghi, compreso chi ha deciso di ricoverare i malati di Covid nelle Rsa. Hanno ucciso una generazione, quella che ha lavorato per tutta la vita per darci il benessere”.
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