Così il sindaco: "Eravamo convinti tutti che il virus potesse passare nel giro di poche settimane senza stravolgere le nostre vite. Mi dispaccio di aver sbagliato. Avrei voluto dare un messaggio più utile"
"La decisione di istituire la zona rossa poteva essere presa sia dalla regione sia dal governo. Non credo sarà facile accertare le responsabilità". Sono le parole del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, in un'intervista a La Stampa. Secondo il primo cittadino il virus in quei giorni "ha viaggiato sotto il pelo dell'acqua senza essere riconosciuto. Quando lo abbiamo scoperto, era troppo tardi. E poi abbiamo perso altro tempo", ha osservato Gori, "commettendo anche errori. Come chiudere e riaprire l'ospedale di Alzano. E in tutto questo, la partita dell'Atalanta contro il Valencia a Milano (19 febbraio, ndc) è stato un acceleratore. Il primo contagio è del 23 febbraio". (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LA SITUAZIONE IN LOMBARDIA - GIUSEPPE CONTE AI PM)
"Eravamo zona gialla"
Il sindaco di Bergamo ha poi continuato nella sua analisi: "Eravamo zona gialla. Ristoranti e bar aperti. Non erano soltanto gli amministratori lombardi a dire quelle cose. Ricordo Roberto Burioni in televisione spiegare che prendeva le stesse precauzioni di una normale influenza. Ricordo Ferruccio De Bortoli invitare a uscire: 'Bevete un caffè, fate una passeggiata'". E sulle zone rosse chiosa: "In Emilia-Romagna, nel Lazio e in Campania sono state istituite, però, zone rosse per decisione regionale. Fontana quindi aveva la facoltà di chiudere. Eravamo convinti tutti che il virus potesse passare nel giro di poche settimane senza stravolgere le nostre vite", ha ammesso Gori, "è un'assoluta ammissione di errore da parte mia. Sicuramente ho sbagliato. Mi dispaccio di aver sbagliato. Avrei voluto dare un messaggio più utile". Quanto alle pressioni per tenere tutto aperto, aggiunge: "Ho trovato persone con dei dubbi. Nessuno che stava tramando operazioni di lobbying".