Tra Riso con il Tastasal e Fegato alla veneziana, Matteo Rizzo, chef de Il Desco di Verona, disegna la mappa gastronomica della regione (foto: Matteo Rizzo/Il Desco). LA FOTOGALLERY
La cucina veneta si lega profondamente al suo territorio: parola di Matteo Rizzo, chef de Il Desco di Verona (una stella Michelin). Lo si legge nei piatti che nascono in Laguna, come le Schie con la polenta, ma anche nel Riso con il Tastasal, grande classico della regione (foto: Verona Eventi/Facebook)
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“Verona è terra di riso, in particolare del Vialone nano”, spiega Rizzo. Il Riso con il Tastasal si fa con l'impasto fresco del salame, cucinato e assaggiato per capire se l'insaccato è al giusto sapore di sale. “Non è però un risotto mantecato”, sottolinea lo chef (foto: Macelleria Franchini/Facebook)
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Il riso viene cucinato con una dose d’acqua. I chicchi vengono messi a piramide in una pentola, ricoperti con acqua bollente o brodo quasi fino al limite. Il riso deve risultare abbastanza sgranato. Viene condito con il Tastasal, simile a un ragù bianco. “Qualcuno aggiunge un po’ di pepe o di chiodi di garofano e cannella, dipende dalla zona”, aggiunge Rizzo (foto: Rocco Vassallo Chef/Facebook)
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Anche se diffusi in tutto il Sud Italia, il Veneto in cucina è anche Bigoli con le sarde. Si tratta di pasta fresca all’uovo passata al torchio, cucinata con le sarde sotto sale, soffritte nell’olio. La pasta viene poi saltata nel sugo e condita con del pangrattato (foto: Times Cafè & Bistrot/Facebook)
Un caposaldo della cucina veneta è il Fegato alla veneziana. Per preparare questa ricetta tipica si usa il fegato di bovino freschissimo tagliato a fettine, poi scottato velocemente e condito con la cipolla bianca brasata, stracotta, morbida, che vanno a smorzare la nota un po' ferrosa della carne (foto: Osteria Caffè Monte Baldo/Facebook)
“Ho pensato di utilizzare una tecnica di cottura diversa per questo piatto, servendo un cubo di fegato e non fettine sottili come da tradizione – racconta Rizzo – Il cubo di fegato viene ben scottato all’esterno, rimanendo morbido dentro. Viene servito con una crema di cipolle al sifone. Abbiamo voluto giocare con le consistenze” (foto: Matteo Rizzo/Il Desco)
La Pastisada de caval con la polenta è un piatto nato nel 489 dopo la battaglia a Verona tra il Re Odoacre ed il Re degli Ostrogoti Teodorico. Al termine dello scontro, vinto da Teodorico, rimasero sul terreno migliaia di cavalli. Il popolo, stremato dalla fame, fu autorizzato a recuperare la carne. Per disporne a lungo, fu tagliata e lasciata macerare nel vino rosso, con spezie e verdure. La successiva cottura a fuoco lento portò a questo piatto (foto: La gastronomia parona/Facebook)
Si tratta di uno spezzatino di cavallo. “Pastissada” significa “pasticciata” perché la carne viene cotta talmente tanto da sfilacciarsi e pasticciarsi. Vengono aggiunte verdure, alloro, erbe aromatico e poi si mangia con la polenta (foto: Agriturismo Le Tese/Facebook)
Il Bollito con la Pearà è un altro classico della tradizione veneta. Fatto con il cotechino, il musetto, la lingua, la gallina, la punta di petto, sembra un banale bollito. Ma il tocco viene dato da una salsa fatta con pane, midollo, brodo e pepe abbondante: la Pearà (foto: Massimo Orlandi/Facebook)
Si prende del pane vecchio e lo si tosta con del midollo a fiamma alta, poi si bagna con abbondante brodo e si fa cuocere. Si aggiusta di sale e si aggiunge molto pepe, caratteristica principale di questo intingolo. “Deve essere piccante – spiega Rizzo – si tratta di una salsa rustica granulosa, che va ad accompagnare il bollito” (foto: Trattoria alla Porchetta/Facebook)
Nella versione proposta da Rizzo il filetto, tagliato a cilindro del diametro di 3 cm, viene condito con sale pepe, olio d’oliva ed erbette aromatiche, avvolto in una foglia di lattuga e cucinato al vapore per un minuto, giusto il tempo di scaldarlo bene al cuore. “Questa carne è straordinaria, si taglia con la forchetta. Abbiamo trasformato la Pearà in una salsa molto liquida e liscia, frullandola molto bene con il brodo”, spiega Rizzo (nella foto, la versione proposta a Il Desco)
“In Veneto invertiamo tutti i nomi – spiega lo chef – per questo chiamiamo Baccalà lo Stoccafisso, mentre nel resto d'Italia con lo stesso nome si intende il Merluzzo sotto sale”. Con questo pesce si prepara il celebre Baccalà alla vicentina (foto: San Ferdinando di Levada/Facebook)
La ricetta tradizionale prevede del soffritto di cipolla con molto olio, trancetti di pesce leggermente infarinati e soffritti, a cui viene aggiunto del latte vaccino. Il tempo di cottura dipende dalla pezzatura del pesce: ci vuole un’ora e mezza abbondante, a fuoco molto lento, perché il pesce si cuocia (foto: Locanda La Castellana/Facebook)
“La mia versione lo trasforma in un primo”, spiega Rizzo. Si parte da gnocchi di patate conditi con le trippe del baccalà cucinate alla vicentina. Si tratta di una parte molto morbida, ricca di collagene. “Questa idea nasce dalla famiglia paterna, proprietaria di un’osteria a Verona, dove i clienti al mattino, litigavano per accaparrarsi la “trippeta” del baccalà. Questa tradizione un po’ si è persa perché è una parte del pesce che nessuno conosce” (foto: Matteo Rizzo/Il Desco)
Le Schie con la polenta sono un piatto creato con dei gamberetti tipici della Laguna. Vengono spadellati con un filo d’olio e serviti con la polenta. “Il focus è l’ingrediente: le schie devono essere freschissime”, aggiunge lo chef (foto: Ristorante Presina/Facebook)
Le Moeche fritte sono un tipico piatto veneziano. Si tratta di un piccolo granchio che sta facendo la muta del carapace. Viene cotto in quei giorni, quando ha la corazza morbidissima. “I moecari vanno in laguna e fanno tutto a mano, toccando i granchi da selezionare, sentendo in che punto sono del processo”, aggiunge Rizzo. Vengono passate nell'uovo (foto: Luca Baldi/Facebook)
“Io interpreto l’ingrediente creando una passatina di ceci e moeche. Il crostaceo è soffritto in un filo d’olio. Il piatto è servito con polpa di granchio reale, un po’ di quinoa croccante e del caviale” (foto: Matteo Rizzo/Il Desco)
Il Pandoro è il dolce simbolo di Verona. Rizzo lo reinterpreta come un soufflé. “Ne viene fuori un tortino molto arioso e leggero, che sa di pandoro e che abbiniamo a un gelato di mandorlato, tipico della zona, e della gelatina di grappa” (foto: Centro commerciale Borgo/Facebook)
Il Mandorlato di Cologna Veneta è una preparazione a base di mandorle, albume, miele, zucchero. “Al contrario del torrone che è morbido, il mandorlato è croccante e friabile in bocca”, sottolinea Rizzo (foto: Pro Loco Cologna Veneta/Facebook)
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