Amori, epiteti e separazioni: Benni è tornato con una delle sue funamboliche storie

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Filippo Maria Battaglia

IL LIBRO DELLE SETTIMANA Esce per Feltrinelli “Giura”: la storia di amore tra Febo e Luna diventa lo spunto perfetto per dare sfogo alla straordinaria fantasia dello scrittore, con  situazioni strampalate e incredibilmente seduttive

Per raccontare il nuovo libro di Stefano Benni  possiamo partire da qui. Non è l'incipit, non è il finale e non è neanche uno snodo cruciale. Siamo a pagina ventidue e c'è Taddeo, che di mestiere uccide i maiali. Fin qui niente di male,  scrive Benni, da quelle parti, nell’Appennino, è un lavoro come un altro. Il problema però è che "ci godeva e faceva durare la loro agonia un minuto di più. E li guardava negli occhi. Muori, pensava: oggi a te, domani ancora a te". 

Un registro funambolico

Finché una notte, mentre tornava a casa, Taddeo " vide un maiale enorme e bianchissimo, quasi luminescente, sul ciglio della strada. Sembrava randagio e senza padrone. Allora saltò giù dal carretto armato del suo coltellaccio e lo inseguì. Ma quello correva, correva, come un cavallo, mica come un porco. Finché giunsero sul ciglio di un burrone, quello del calanco grande. In mezzo all'oro delle ginestre c'era il maiale immobile, che lo guardava paralizzato dal terrore. 'Ti ho preso, bello mio - disse Taddeo. E gli saltò addosso. Ma non c’era nessun maiale. Il prozio attraversò l’aria e volò nel vuoto. Era un fantasma, un porcospettro”.

In questo passaggio del libro, secondario e un poco defilato, c’è a ben guardare tutto Stefano Benni: il suo registro stralunato e funambolico, il suo racconto carico (anzi: sovraccarico) di fantasia, l’inesauribile capacità di creare situazioni strampalate e incredibilmente seduttive.

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Una storia d’amore e di separazione

Il suo nuovo romanzo si intitola “Giura”, è edito da Feltrinelli (pp. 196, euro 16,50) e racconta la storia di amore Febo e Luna. Più che una storia d’amore, in realtà la loro è una storia di separazioni. Il libro racconta questo, certo.

Ma si fa leggere per le solite ragioni per cui si legge Benni: la tenuta narrativa, innanzitutto; e poi l’incredibile scrittura, gli straordinari epiteti (“cretino sparatutto” merita una menzione) e l’estemporaneità di certe definizioni e di certi dialoghi spassosi.

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