Lagioia: “Roma è una città ninfomane in cui tutto è già successo”

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Filippo Maria Battaglia

Lo scrittore è una delle firme del nuovo numero di "The Passenger", il libro-rivista pubblicato da Iperborea e dedicato alla capitale. E durante Incipit, la rubrica di libri di Sky TG24, dice: “Qui, da sempre, chiunque può incontrare chiunque se solo lo vuole. Le classi sociali sono molto permeabili”

In questa intervista si parla di marziani e di Fellini, di un rione (l'Esquilino) e anche del Colosseo e di Pasolini. A un certo punto si parla pure dei Rolling Stones (ci arriviamo, ma tra poco). 

Si parla di tutto questo per parlare però sempre di una sola cosa, che poi è una città: Roma. E a parlarne è Nicola Lagioia, che di Roma ha scritto diverse volte: nel suo ultimo libro, ad esempio, “La città dei vivi”,  un’indagine su uno dei casi di cronaca più discussi e controversi (l'omicidio di Luca Varani), avvenuto nel 2016. E nell'ultimo numero di "The Passenger",  il libro-rivista pubblicato da Iperborea, dedicato proprio a Roma e di cui lui, Lagioia appunto, è una delle firme.

La città così grande che non si capisce dove va a finire

Ora uno si aspetta che una delle prime domande da fare a uno scrittore sia come si fa a descrivere una città come Roma e che una delle prime risposte sia che no, che Roma proprio non si può raccontare, che nessuno ha l'interpretazione autentica di una città troppo grande e complessa perché si possa avere la chiave che apra ogni porta. E infatti così accade. Lagioia ricorda così "due non romani che arrivano a Roma e che trovano due città completamente diverse: uno si chiama Federico Fellini e l’altro si chiama Pier Paolo Pasolini"; ricorda ancora come il primo giri la Dolce Vita e il secondo firmi invece Accattone, due film che, a parte la condivisione  teorica di uno stesso spazio fisico, non hanno nulla che fare l'uno con l'altro; e questo - spiega - perché la città è così estesa che proprio non si capisce dove finisca: tu superi il raccordo anulare,  trovi pascoli e campi, dici 'ecco è finita' e però poi, dopo qualche cinghiale, rispuntano ancora case e quartieri. Siamo ancora a Roma, osserva, non ne siamo usciti, da Roma fatichi a distaccarti, diciamo che  ha un carattere un po' ninfomane.

Roma e Torino

Una città ninfomane, dice quindi Lagioia, mentre un'altra scrittrice, Letizia Muratori, nel nuovo numero di "The Passenger" aggiunge che è una città che non conosce e che quasi disprezza l’etichetta. E qui Lagioia sorride, ci pensa un attimo e poi dice che sì, che è molto interessante, che lui in questi anni è stato  soprattutto a Roma e a Torino e che rispetto a ciò che si dice (e a ciò che non si dice) hanno delle caratteristiche opposte: "A Torino - dice lui che dal 2017 guida il Salone del libro - tutti sanno ma nessuno parla, quindi Torino è una città molto più omertosa di quanto possa sembrare". Certo, aggiunge, in Sicilia si chiama omertà  e magari a Torino si chiama riserbo, ma poco cambia. 

A Roma invece tutti parlano  ma nessuno capisce mai un bel niente di quel che succede in città perché il chiasso copre ogni cosa. "Quindi è come se Roma fosse l'inspiegabile alla luce del sole, mentre, che ne so, una città come Torino è invece il comprensibile al buio. Non so quale karma dovessi scontare - osserva - per ritrovarmi in due città così diametralmente opposte".

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Il Mondo di mezzo a Roma c'è sempre stato

Poi sta zitto un attimo, sospira e aggiunge: "A Roma ci si confessa pubblicamente perché i nodi del segreto siano stretti in maniera ancora più forte: è una cosa paradossale - dice - ma Roma funziona così, ha una socialità travolgente, qui tu non puoi stare mai solo. Io ci sono arrivato nel '98 e, non conoscendo nessuno,  pensavo di consegnarmi ad alcuni mesi di normale solitudine. Invece no, dopo poco tempo non riuscivo a stare solo neanche per due ore. Questa socialità obbligata potrebbe essere bella, eppure è una socialità anche molto superficiale: due cose che sembrerebbero non andare d’accordo, a Roma, invece, convivono normalmente".

 

Piccola pausa, e poi chiede: vi ricordate di Mafia capitale e dell’inchiesta "mondo di mezzo"? Di quell'inchiesta, osserva, era molto interessante il nome, quasi dal sapore tolkeniano. Poi ricorda l'intercettazione in cui Massimo Carminati diceva che il mondo di sopra, quello dei potenti, e il mondo di sotto, quello dei disgraziati, si devono incontrare nel mondo di mezzo perché gli uni possono fare per gli altri delle cose che quegli altri non possono proprio fare. 

Ma in realtà, assicura Lagioia, a Roma il mondo di mezzo c’è sempre stato, sia nel bene che nel male. Da sempre, in città, chiunque può incontrare chiunque se solo lo vuole, le classi sociali sono molto permeabili.

"Non è così a Parigi - dice  - non è così a Londra, dove ci sono determinati club dove non puoi entrare. No, a Roma tutto si mescola e si confonde: imperatore e prostitute stanno insieme, a volte gli imperatori sono prostituti, pensate ad Elio Gabalo".

 

Una città immobile e stagnante, certo, ma pure traboccante di vita . Se è uno stagno - mi dice Lagioia - è uno stagno pieno di creature che lo invadono di continuo, quindi è molto interessante come manicomio. Del resto, si interrompe, lo è sempre stato, è una delle poche città italiane in grado di scatenare un immaginario, e con lei poche, pochissime altre. E le elenca, Lagioia: Palermo, Napoli e Venezia, ma su Venezia si ferma e dice che no, che però Venezia è già uno zoo di vetro rispetto a Roma e che qui, a Roma succedono invece delle cose.

Provincia e caput mundi

Lagioia ci ha detto che vive a Roma da più di vent'anni, ma lui è nato a Bari, sin da piccolo ha sentito il dialetto capursese, e infatti di quella lingua gli è rimasta appiccata una qualche traccia pastosa. E allora a lui, allo scrittore di Bari che vive a Roma e lavora a Torino, non si può non chiedere del rapporto tra il caput mundi e la provincia. A partire, magari da quello che osserva un altro scrittore sempre nel nuovo numero di questo libro-rivista (vi ricordate? "The Passenger") e cioè che "rispetto a quando vivevi in provincia, a Roma cominci a fare un po’ di editing della tua vita" (la frase è di Francesco Piccolo).

Ride Lagioia e dice che il pezzo di Piccolo è molto bello, che lui - Piccolo - viene da Caserta, che si è spostato da più vicino e che lui - Lagioia, stavolta - lo sa perché quando torna a Bari il treno passa per Caserta e che però già quell’ora che separa Caserta da Roma è proprio un altro mondo.

 

Poi ricorda che l’Italia, a parte quelle due, tre grandi città, è provincia e quella provincia è una risorsa, insomma, "io vengo da lì, per me mare e pianura sono parte del mio mondo interiore". E cita Bob Dylan: tutto sommato, sospira, ha ragione a riprendere nel suo ultimo album Walt Whitman quando scrive 'contengo moltitudini'. "Noi conteniamo moltitudini e quindi possiamo contenere nella nostra vita sia le grandi città come Roma sia le enormi province da cui veniamo".

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Hollywood e il marziano

Dopo tutta questa bellezza, e dopo tutta questa seduzione, viene da chiedersi se chi vive la città, chi la "sente" come dice Lagioia, non rischi di avere la curiosità appannata e che finisca col considerare bello solo la sua città e ciò che gli sta attorno.

"Questa cosa è un po’ bizzarra - risponde lui - perché il romano, che c’è il Colosseo o che c’è il Bernini non se ne accorge neanche più, fa talmente parte del suo panorama che forse non se ne rende neanche più conto". I romani, dice, non sono affatto insensibili alla bellezza altrui. 

E aggiunge che la cosa strana, però, è il fatto che chi sta a Roma da troppo tempo è come se la fine del mondo ce l’avesse già nel sangue. Nessuna cosa, assicura, nemmeno la più straordinaria, non può essere una novità per più di una settimana. 

 

"Io abito a Piazza Vittorio - mi dice Lagioia - è un quartiere abbastanza popolare, multietnico. Qui sono venuti ad abitare  due star hollywoodiane, una è Abel Ferrara e l’altra è Willem Dafoe, spesso li trovi qui sotto al bar. Ora, Ferrara ha fatto un documentario sull’Esquilino e a un certo punto, in quel documentario, con Dafoe si chiede cosa abbia comportato spostarsi da New York a Roma. E si risponde che ha significato una messa alla prova della propria vanità. Perché mentre a New York la gente li saluta e li riconosce, a Roma non se li fila nessuno".

È una cosa molto interessante, prosegue Lagioia, prima di accennare all'inevitabile marziano di Ennio Flaiano, quello che, in un racconto, sbarca proprio a Roma, tutti quanti sono presi dalla novità e poi però, dopo un po', un uomo entra in un bar, trova il marziano e gli dice: "ah marzia', scansate" .

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I Rolling Stones

Lagioia fa quindi un altro esempio, sempre paradossale: "Se Joe Biden venisse ad abitare a Roma, adesso che è diventato presidente degli Stati Uniti, e se ci rimanesse per tre settimane, quella terza settimana  gli sarebbe fatale perché diventerebbe uno qualunque. Cioè per una città che ne ha viste di tutti i colori, ha visto l’impero romano e il suo crollo, la morte di Cesare, il fascismo, le guerre, il Vaticano, ma che cosa può essere mai l’arrivo di un marziano o di un presidente della repubblica, o il semplice arrivo di una rockstar?"

 

Ecco, a proposito di rockstar. Siamo alla fine dell'intervista ed è qui il momento in cui Lagioia cita i Rolling Stones: "Mi ricordo - dice - quando qualche anno fa vennero al Circo Massimo. Se fossero venuti a Bari, questa cosa ce la saremmo ricordata nei decenni. A Roma, invece, io neanche andai perché era non una delle tante cose che stavano succedendo, ma solo una delle tante che erano già successe ancora prima che ci fossero. È  un po’ questo il sentimento, la cosa strana di questa città dove anche se atterra un’astronave, questa astronave l’abbiamo già vista".

 

L'intervista sta per finire. Come in ogni puntata della rubrica, Lagioia dà i suoi consigli di lettura, suggerisce di leggere Sandro Penna, Amelia Rosselli ed Emanuele Trevi, cita una poesia. Quindi saluta, a presto e grazie, dice.

Uno allora chiude Zoom,  spegne il pc e, mentre lo fa, pensa a Fellini e a Pasolini, al Colosseo e a Bernini. Pensa pure ai Rolling Stones, pensa che, d'accordo, Lagioia avrà pure ragione a spiegare perché non è andato a quel concerto, a dire che per uno che sta a Roma è solo una delle cose già accadute prima che ci fossero; epperò pensa pure che lui, Lagioia, stando a Roma, alla fine, a quel concerto non è andato, e che invece, come dice lui, se fosse stato a Bari, certo che sì, certo che ci sarebbe andato. E allora intuisce che la natura e l'identità di questa città forse stanno anche qui, in queste piccole , inevitabili contraddizioni che da secoli avvolgono lei e le vite di chi la abita.

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