Perché parliamo di crisi della lettura e cosa comporta?

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Si legge sempre meno e con difficoltà. Vediamo quali sono le conseguenze e quali potrebbero essere le soluzioni per arginare la "reading crisis", come la chiamano gli anglofoni

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Non riesci a finire un romanzo anche se la trama è avvincente, ti senti perso quando ti trovi di fronte a frasi lunghe e articolate, oppure per te leggere è diventato un dovere più che un piacere. Potrebbero essere tutti sintomi della "reading crisis", come la chiamano gli anglofoni: il declino della lettura, un fenomeno globale che desta preoccupazione perché le sue ricadute non sono solo culturali. 

Il fenomeno

Secondo il rapporto della no profit The Reading Agency pubblicato nel 2025, quasi la metà degli adulti del Regno Unito afferma di avere difficoltà a concentrarsi su un testo. Dall’altra parte dell’Oceano, stessa dinamica. Una ricerca ha mostrato che dal 2003 al 2023 l’attività del “leggere per svago” è crollata del 40% negli Usa.  L’Italia contribuisce al trend negativo. I dati del 2024 diffusi dall’Associazione italiana editori fotografano un peggioramento sia quantitativo sia qualitativo e una spaccatura netta tra il Nord e il Sud, che complica ancora di più le cose. 

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Le conseguenze

Si potrebbe parlare a lungo delle cause. La più scontata? Le nuove tecnologie: l'uso continuo degli smartphone e quindi dei social contribuirebbe all'abbassamento della soglia dell'attenzione con un impatto molto negativo su quella che si chiama “lettura profonda”, la capacità di immergersi in un testo, assimilarlo, comprenderlo. Ma concentriamoci sugli effetti di tutto questo.

 

Innanzitutto, l'editoria sembra essere al passo con i tempi, nel bene o nel male, perché le frasi dei romanzi sono sempre più brevi. Come dimostra uno studio condotto sui best seller del New York Times

E l'Economist, che ha molto a cuore questo tema, si è chiesto se anche la politica risenta dell'allontanamento dai libri. Nel parlamento inglese, ad esempio, si prende sempre meno parola, mentre un’analisi condotta sui messaggi inaugurali dei presidenti americani parla chiaro: George Washington si aggiudica un bel 28.7, mentre il punteggio di Trump è 9.4, che equivale al livello di un liceale.

 

Su un piano scientifico, invece, il neuroscienziato francese Stanislas Dehaene nel libro I neuroni della lettura spiega le implicazioni: “La lettura profonda crea una rete neurale unica che integra l’analisi visiva, l’elaborazione linguistica e il ragionamento concettuale. Quando questa rete non viene regolarmente attivata, non solo perdiamo l’abitudine alla lettura, ma compromettiamo la nostra capacità di pensiero simbolico complesso”. 

Le soluzioni

Veniamo alle soluzioni. Per contrastare questa crisi che emerge in modo preoccupante tra i più giovani e quindi nelle scuole, dove si fa sempre più difficoltà ad affrontare i testi, la Svezia nel 2023 ha promosso un ritorno alla carta e alla scrittura a mano. Mentre nel mondo anglofono si parla di "reading reset", ovvero fare piazza pulita delle tecniche educative finora utilizzate e sviluppare nuove modalità di formazione per gli insegnanti chiamati a raccogliere queste nuove sfide e ad avvicinare i ragazzi alla lettura, che notoriamente è uno strumento prezioso di mobilità sociale: più si legge durante l'infanzia più aumentano le possibilità future di realizzazione professionale e benessere economico. E infine c'è la Danimarca che punta tutto l'azzeramento dell'IVA sui libri, sperando in questo modo che la letteratura diventi almeno economicamente più accessibile per tutti

Le strategie sono variegate e bisognerà attendere per capire se avranno gli effetti sperati. Per i più pessimisti però è una deriva inarginabile della modernità, che non farà che peggiorare.

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