Colors4Palestine, il grido del fumetto italiano per Gaza
LifestyleNata da un'esigenza individuale di Daniele Caluri, l'iniziativa ha rapidamente coinvolto oltre 100 autori e autrici che hanno realizzato i loro disegni per protestara contro gli attacchi israeliani sulla popolazione della Striscia. Le opere, esposte in mostra, arriveranno nei prossimi giorni a Poggibonsi, Nugola, Barberino del Mugello e Piossasco. E poi saranno messe all'asta per raccogliere fondi per i progetti di Emergency in Palestina
Quattro colori, il bianco, il nero, il rosso e il verde, e una causa, quella della Palestina martoriata dagli attacchi israeliani. Colors4Palestine è la call to action lanciata alla fine di maggio da Daniele Caluri, fumettista livornese co-creatore di Don Zauker e firma del Vernacoliere. Un’iniziativa nata a Cortona Comics, con la decisione di un singolo artista di realizzare le sue dediche da quel momento in avanti usando esclusivamente i colori della bandiera palestinese, che ha presto varcato i confini della rassegna nel borgo toscano, dove ha raccolto le prime adesioni. Ora sono più di 100 gli artisti che hanno aderito. E Colors4Palestine è diventata una mostra itinerante dal titolo "Colors4Palestine. Grida di colore per Gaza. Artisti contro il genocidio", un catalogo, una serie di stampe in vendita per raccogliere fondi per le operazioni di Emergency a Gaza. Solo nei prossimi 10 giorni, le opere saranno in mostra a Poggibonsi, Nugola, Piossasco, Barberino del Mugello. Daniele Caluri ha spiegato a Sky TG24 la sua genesi e i suoi obiettivi.
Com’è nata l'idea dell’iniziativa?
Da una mia esigenza personale. Spesso vengo invitato a questi eventi, piccoli o grandi, in cui lo scopo è quello di vendere albi ma anche incontrare lettori dedicando loro autografi, facendo disegnini sugli albi e così via. Il tutto in un clima molto festoso, in mezzo ad altri autori. Quando mi hanno invitato a Cortona, però, stavo già vivendo nella preoccupazione di quello che sta avvenendo a Gaza, perché è qualcosa di inedito. È vero, ci sono stati altri conflitti tremendi nel corso di questi decenni anche alle porte di casa nostra, penso a Srebrenica per esempio, all’Iraq e l’Afghanistan, al Sudan e al Rwanda, alla Birmania, però qui c'è una sproporzione e una pianificazione a tavolino che lascia sgomenti. E se quando i nazisti hanno fatto quello che hanno fatto negli anni ’30 e ‘40 c'era perlomeno la scusa di dire “noi non sapevamo”, oggi non lo possiamo più dire perché quello che avviene è in diretta, in tv, sul web, veramente è qualcosa di spietato e genera una frustrazione nel sentirsi impotenti di arginare una cosa del genere che veramente è qualcosa di inedito.
Così mi sono detto: ma io devo andare lì a bere, mangiare, gozzovigliare con i miei amici, fare i disegnini a chi me li chiede riempiendomi di complimenti mentre di là dal Mediterraneo invece incendiano i bambini, bombardano le case, distruggono i campi, cancellano una cultura. Come posso conciliare le mie cose con tutto questo? Ecco che a questo punto mi sono detto che quello che potevo fare per non arrestare tutto, perché la vita comunque deve andare avanti, è inaugurare una forma di protesta facendo sì i disegnini, le dediche, eccetera, ma utilizzando solo i quattro colori della bandiera palestinese.
E la reazione immediata qual è stata?
Tutti quelli che mi hanno chiesto, quando l'hanno sentito hanno detto: “Bravissimo, fai bene, ci voleva, ottimo, grande, insomma mi hanno incoraggiato”. E visto che ero attorniato da colleghi, ho detto: “Ragazzi ma avete voglia anche voi di aggiungere da questa protesta, se vi va?”. Nessuno ha fatto un passo indietro, anzi si sono offerti anche spontaneamente, mi venivano a dire: “Ho sentito di questa cosa, voglio partecipare anch'io”.
E così è diventato qualcosa di più.
Tutto è montato in maniera spontanea, nell’arco di due giorni, al che mi sono convinto a dire: “Ok ho questi 20-30 disegni, a questo punto apro il progetto a chiunque voglia aderire”. Ho pensato che se invece di uno fossimo stati 80 o 100, un pochino più di rumore, di polverone, lo avremmo fatto. Sempre convinto di non smuovere nulla, perché tutto questo non porterà assolutamente a nulla, ma visto che avevo dei disegni originali, visto che altri si stavano aggiungendo, mi sono detto, che magari non avrei smosso granché dal punto di vista della pressione sull'opinione pubblica ma che se alla fine di questo tour fossi riuscito a mettere all'asta gli originali avrei potuto devolvere il ricavato alla popolazione civile di Gaza, a quelli che rimarranno a questo punto, e che a qualcosa sarebbe servito. Meglio che stare sul divano a guardare il telegiornale senza fare niente.
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La risposta peraltro è stata immediata. In quanti hanno aderito finora?
Ora abbiamo superato i 100. E tanti si sono offerti anche se non erano fumettisti: ci sono musicisti, sociologi, metalmeccanici, insegnanti di varie discipline. Chi con la fotografia, chi con la ceramica, chi con l'uncinetto, ognuno ha contribuito a produrre immagini realizzate con quattro colori della bandiera palestinese e si è trasformata in una specie di protesta collettiva.
Il resto sulla sua comunità, quella del fumetto, se vogliamo allargare anche la comunità artistica degli illustratori in generale italiani, si è dimostrata molto sensibile al tema. Tra gli aderenti all'iniziativa ci sono anche nomi veramente grossi del panorama fumettistico italiano. Penso a Leo Ortolani, penso a Silvia Ziche, penso a Silver.
Carmine Di Giandomenico, Federico Maria Sardelli: ci sono nomi di peso e questo mi fa molto piacere. Una cosa a cui tengo, però, non è tanto il fatto di dire “oh, perfino Silver ha aderito, c’è Leo Ortolani che è un nome grosso”, anche perché mi piace immaginare questa protesta collettiva senza una gerarchia. Accanto a Leo Ortolani c'è un perfetto sconosciuto che però ha voluto contribuire con un oggettino di plastica pressata ed è bello che si azzerino le cariche e i gradi, non tanto per il discorso uno vale uno perché sappiamo che non è così, ma perché ognuno di questi partecipanti fa il ruolo proprio come essere umano, non come fumettista o come sociologo.
In uno dei primi post della sua call to action, lasciava libertà sulla scelta del soggetto ai disegnatori, però scriveva “preferibilmente non vignette sul massacro in corso in Palestina”. Come mai questa preferenza?
Era un discorso di indirizzo artistico che ho voluto dare a quello che, alla fine, è poi un atto di protesta, anche se poi non tutti ci sono riusciti. Sul piano umano si è portati spontaneamente a interpretare l'orrore in una forma, in un'immagine che lo denunci, insomma, però la mia intenzione era quella di far vedere proprio che la nostra vita continua, nonostante tutto, che ognuno è implicato nelle proprie piccolezze, nella propria questione quotidiana, e quindi vedere la realtà attraverso un paesaggio urbano, una natura morta, un ritratto, un animale, un pupazzo, le nostre quisquilie da occidentali: l'unico vincolo era che fossero utilizzati quei quattro colori, a voler indicare che andavamo avanti, sì, ma con una parte del pensiero rivolto a quello che sta succedendo nella Striscia. Come se dovessimo essere costretti a guardare il nostro quotidiano con gli occhi di chi invece il quotidiano non ce l'ha.
Come accennava, diversi disegni che, anche con un'enorme delicatezza, sono fortemente legati all'attualità, alla tragedia di Gaza. In qualche modo anche umanamente, non è sempre facile astrarsi quando il pensiero va là, non è sempre facile astrarsi e la cronaca prende comunque il sopravvento sulla mente della persona.
Sì, penso che la vignetta di denuncia sia un modo superato di affrontare le cose, quello che proponevo era un passaggio forse un pochino più complesso da fare ma che, se capito, avrebbe portato a una comprensione un po’ più profonda del problema. Quando mi sono visto arrivare quel tipo di immagini però non me la sono sentita di respingerle: primo perché è gente che si è comunque sbattuta anche per 20 minuti a produrla, secondo perché appunto c'è un'empatia umana, cioè se a loro non è venuto da fare altro va bene anche quello. Umanamente empatizzo con loro, la mia immagine consiste in un gruppo di ciliegie di cui una è mezza spappolata e rimanda per allusione a quello che sta succedendo, al sangue versato.
La risposta generale del pubblico all’iniziativa è stata positiva?
Molto, devo dire che è stato opportuno e proficuo l'aiuto ricevuto dall’ANPI di Livorno e dalla consigliera comunale livornese Francesca Ricci. La prima mostra che è stata fatta è stata fatta a Effetto Venezia, il principale festival che facciamo a Livorno in estate, al museo della città: sono state esposte una sessantina di opere e devo dire che per cinque sere l'afflusso è stato continuo, molto partecipato, molto commentato e ci ha incoraggiato a proseguire. Evidentemente è chiaro che il mio malessere era il malessere di tantissime persone, ci siamo riuniti intorno a quelle che ho chiamato “grida di colore”.
Avete già portato le opere in mostra in diverse località e altre date sono previste nei prossimi giorni.
Sì. Il 18 settembre alle 19 c'è l'inaugurazione a Poggibonsi, in provincia di Siena, nella sala 7 del teatro Politeama, dove rimane fino al 21. Il 21 settembre sarà anche a Nugola, in provincia di Livorno. Poi il fine settimana del 27 e 28 settembre saremo contemporaneamente a Piossasco per Piossasco Giochi e Fumetti e a Barberino del Mugello per Mugello Comics.
Avete stampato anche un catalogo che è in vendita, il ricavato va tutto in beneficenza a Emergency, giusto?
Sì, accanto all’asta per vendere i disegni originali su carta, che saranno i pezzi di maggior valore, avendo diversi file digitali abbiamo pensato di fare stampe e cartoline per venderle a un prezzo simbolico, e chi vuole può contribuire a questa causa. Tutto il ricavato, che verrà adeguatamente rendicontato, andrà a finire su un conto corrente dedicato a Emergency, siamo stati molto attenti a trovare canali sicuri perché questo magro compenso non andasse a finire in mani sbagliate. Il catalogo è stato coprodotto in parte dal Comune di Livorno, grazie al patrocino della mostra fatta a luglio, e in parte dall'ANPI provinciale di Livorno, abbiamo stampato 800 copie e saranno vendute ai vari eventi oppure a distanza, ordinandole all'ANPI provinciale.