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Perché "L'età fragile" di Donatella Di Pietrantonio ha vinto il Premio Strega 2024

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Ludovica Passeri

©Getty

"Siamo tutti fragili": questo il messaggio del romanzo che ha trionfato.  L'autrice illumina le insicurezze di tutti, senza fare sconti

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Non è la prima volta che il libro vincitore del Premio Strega trionfa anche nella sezione Giovani. "L’età fragile" è il secondo - dopo lo struggente memoir di Ada D’Adamo assegnato postumo - a convincere non solo i “grandi lettori”, ma anche i "piccoli" della giuria di studenti tra i 16 ai 18 anni. “La cosa più bella che mi è stata detta su questo libro -  ha spiegato Di Pietrantonio la sera della consacrazione - l’ha detta un ragazzo durante un incontro: mi ha ringraziato perché leggendomi per la prima volta era riuscito a capire cosa ci fosse nella testa di sua madre”. Il merito de “L’età fragile” è proprio quello di essere un libro in cui è molto facile riconoscere se stessi e gli "altri", intesi come le persone che amiamo e che tanto ci sforziamo di comprendere, perché Di Pietrantonio illumina le insicurezze di tutti, senza fare sconti.

La trama

“La fragilità nel titolo è declinata al singolare ma io stessa mi sono sorpresa scrivendo il libro della quantità di richieste (a me stessa) che arrivavano dai personaggi, come se mi chiedessero di far spazio alla fragilità di ciascuno", ha spiegato l’autrice. "Alla fine potrebbero essere le età fragili, quindi la scoperta è che ogni fase della nostra vita ci espone alla caduta, al dolore, all’inciampo, alla sofferenza”, ha concluso. La voce narrante è Lucia, una donna di mezza età che cerca di decifrare la figlia appena ventenne. Amanda, matricola fuorisede, torna a casa, in Abruzzo, durante la pandemia, “smagrita” e trincerata in un silenzio enigmatico e carico di sofferenza. Per Lucia le preoccupazioni di madre si sommano a quelle di figlia: il suo anziano e ruvido padre proietta su di lei delle aspettative, delle richieste, dei bisogni, da cui non riesce a smarcarsi, impacciata come un’adolescente che non ha ancora imparato a ribellarsi.

 

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Il Delitto del Morrone

Proprio quando sembra che il libro stia imboccando la strada del romanzo familiare, che la storia si esaurisca e si alimenti solo nei rapporti privati e nella dialettica con la propria propria terra - quella regione “forte e gentile” che è a tutti gli effetti personaggio - la trama sorprende. Fa irruzione un passato, dove c’è poco spazio per la nostalgia. C’è un trauma, irrisolto e sedimentato nelle coscienze, che viene dissotterrato. È un fatto di cronaca, realmente accaduto, che risale al 1997, noto come il “Delitto del Morrone”, e che Di Pietrantonio ripercorre, in forma romanzata, attraverso gli occhi di Lucia. Il pastore macedone Halivebi Hasani uccise in una giornata di fine estate due giovani turiste padovane che erano in procinto di fare un’escursione. La terza si salvò fingengosi morta, un dettaglio per cui ai tempi venne paragonato a un nuovo “Massacro del Circeo”. Di quel caso parlò tutta Italia ma la stessa Di Pietrantonio, che a quella violenza fu così vicina, sia geograficamente sia per somiglianza alle vittime, sue coetanee, non lo elaborò mai del tutto. 

 

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I diritti delle donne

Si chiarisce così con con lo scorrere della pagine che "L’età fragile" è un romanzo che parla di donne prima di tutto, di donne sopravvissute, violate, ferite, spaventate, schiacciate. Pur non essendo un libro-manifesto - perché per Di Pietrantonio la letteratura "non è una missione” - è un romanzo contemporaneo nel senso più sociale della parola. Il messaggio che ha lanciato al momento del ritiro del premio suona per questo come l’epilogo perfetto: "Prometto che userò la mia voce scritta e orale in difesa di diritti per cui la mia generazione di donne ha molto lottato e che oggi mi ritrovo a verificare non più scontati".

 

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