Gli Invincibili, un fumetto per raccontare l'autismo in modo diverso

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Gabriele Lippi

Un collettivo di supereroi decisamente speciali. Sono i bambini autistici protagonisti del fumetto nato dalla collaborazione tra l'Associazione Insieme si può Sarno e Lo Scarabocchiatore. Per sensibilizzare i più giovani su un disturbo complesso e dallo spettro molto ampio

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L’autismo è un disturbo complesso da vivere ma anche da raccontare. Si porta dietro stereotipi e paure che spesso oscurano o appiattiscono una realtà ben più composita. E per raccontarlo, in modo semplice, ci voleva il mezzo adatto e un’idea brillante. Gli Invincibili è un fumetto che racconta l’autismo in modo originale ed efficace, trasformando tutti quei comportamenti ripetuti tipici di soggetti autistici in superpoteri, e gli stessi bambini in piccoli supereroi in grado di salvare il mondo da una minaccia. Nato dalla collaborazione tra l’Associazione Lo Scarabocchiatore e Insieme si può Sarno, scritto da Marco Ferrandino, disegnato e colorato da Steve Debrevi, Invincibili racconta di un gruppo di supereroi decisamente originali: c’è Cirux Bell, che suonando delle campanelle riesce a combattere usando il potere della musica; Sonyc che zittisce i nemici semplicemente tappandosi le orecchie; Perfect che riordina tutto fino a riuscire a interagire con le lettere delle onomatopee lanciandole come armi; Butterfly, che riesce a volare agitando le braccia; Jump, che è capace di saltare da una vignetta all’altra della tavola. “Quando si parla di autismo solitamente si parla solo delle problematiche che affrontano questi ragazzi – racconta Biagio Ruocco, presidente dell’Associazione Insieme si può Sarno - dimenticandoci che molto spesso sviluppano doti anche superiori rispetto ai cosiddetti normotipi, devi veri e propri superpoteri”.

Come nasce l’idea di un fumetto per raccontare l’autismo?
Col vicepresidente, mio fratello Enrico, abbiamo deciso di collaborare con lo Scarabocchiatore per creare un fumetto nel quale un gruppo di bambini speciali salveranno il mondo dai cattivi e dalle difficoltà attraverso i loro superpoteri.

L’autismo trasformato in superpotere. È un’idea che deve qualcosa a Greta Thunberg?
Sì. Greta Thunberg fece un’affermazione che calza a pennello con il fumetto. Disse: “L’autismo non è un dono, ma da un certo punto di vista può essere un superpotere”.

Tra l’altro il tema del fumetto è di tipo ecologista. Anche qui sembra esserci un richiamo a Greta Thunberg.
Sì. Anche soprattutto per il messaggio che lancia un fumetto, che è un iInsieme di immagine e testo che in un determinato progetto può arrivare più semplicemente e facilmente a chi lo legge. In questi giorni stiamo entrando nelle scuole e la cosa più bella è vedere i bambini approcciarsi all’autismo attraverso il fumetto, abbattere quella barriera di paura che c’è quando si nomina l’autismo. Noi educhiamo il bambino e il ragazzo come se fosse un gioco. L’obiettivo principe è quello di sensibilizzare, creare nuove consapevolezze.

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I personaggi del fumetto sono ispirati a bambini reali?
Solo il protagonista, Cirux Bell, è ispirato a mio figlio Ciro. Poi ci sono io nelle vesti del Prof. Ruok e c’è mia moglie Giux. Gli altri sono personaggi di pura fantasia. Ciro, come il suo personaggio, ama tanto la musica, e il suo superpotere nel fumetto è suonare campanelle che scatenano poteri in grado di sconfiggere il nemico di turno. È un fumetto che si ispira alle gesta degli X-Men. Anche gli altri bambini trasformano le loro “stranezze”, tipiche di bambini autistici, in veri e propri superpoteri.

Che effetto le ha fatto vedersi nei panni del Professor X?
L’idea è partita da noi. Mi piaceva tanto riallacciarmi agli X-Men perché in fondo il Professor X cerca di educare il mondo al diverso. Anche noi cerchiamo di educare le persone cosiddette normotipiche a questi bambini che sono come noi, anzi, ci possono insegnare tanto coi loro superpoteri.

L’autismo è un disturbo dallo spettro ampio, forse anche per questo è difficile da raccontare.
La sfera autistica abbraccia un po’ tutte le difficoltà che i ragazzi incontrano nella fase di adolescenza, prima il ventaglio era molto più stretto, ci rientravano pochi casi, ora si è allargato tantissimo.

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Come si impegna la vostra associazione? Quali sono le attività che svolge?
L’abbiamo fondata io e mia moglie Giusy nel 2019 grazie a 17 soci fondatori. Siamo in collaborazione con I bambini delle fate, di Franco e Andrea Antonello, ci rifacciamo a loro per le modalità di lavoro. I nostri progetti sono del tutto gratuiti, si riferiscono alle attività ludiche e sportive che sul territorio campano scarseggiano. Da papà di Ciro, nel momento in cui mi è arrivata la “mazzata” della diagnosi, mi sono informato su cosa si potesse fare oltre la scuola e le terapie e non c’era nulla. Da qui siamo partiti per creare numerosi progetti, ne abbiamo una decina all’attivo.

Ce ne racconti qualcuno.
Sono tutti progetti ludici sportivi. Accogliamo circa 150 famiglie dislocate nei vari progetti, abbiamo creato la prima vera scuola calcio per autistici iscritta alla FIGC sul territorio campano, si chiama Sognando un Gol, e coinvolge circa 70 bambini seguiti da uno staff specializzato in tre turni settimanali di allenamenti. Poi abbiamo progetti di ippoterapia, danza, musica, acquamotricità. Tutte quelle attività che un bambino ha vogliono fare, che magari i nostri bambini autistici comunicano con qualche difficoltà, ma che alla fine ci fanno capire di desiderare.

Forse oggi la sensibilità sta crescendo. Merito anche di ambasciatori dell’autismo come Greta Thunberg o, per fare un altro esempio, Christian, il finalista dell’ultima edizione di Masterchef con la sindrome di Asperger.
Ci rifacciamo tanto a questi casi specifici nel tipo di messaggio che vogliamo mandare. Quando si parla di autismo si parla solo di un ragazzo o di un bambino che non può. Invece no, la sfera autistica è così ampia che ci sono casi in cui alcuni ragazzi raggiungono l’eccellenza, fanno sembrare l’autismo non la fine del mondo ma un mondo a parte.

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