
Guerra in Ucraina, Russia minaccia di chiudere il gas: gli scenari e le conseguenze
La Russia ha minacciato di interrompere le forniture di gas all’Europa in caso di sanzioni sul petrolio. Secondo uno studio della Fondazione Eni-Enrico Mattei, pubblicato dal Corriere della Sera, lo stop “è un’eventualità da scongiurare con forza” perché costringerebbe l’Italia a imporre un razionamento del gas

La Russia ha minacciato di interrompere le forniture di gas all’Europa attraverso il Nord Stream 1, il gasdotto che collega Mosca alla Germania, sulla scia delle ipotizzate sanzioni contro il petrolio russo
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La tensione causata dalla guerra in Ucraina rischia così di travolgere anche il settore energetico, finora essenzialmente escluso dalle sanzioni occidentali. Cosa accadrebbe in Italia se davvero si fermasse la fornitura di gas dalla Russia?
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A questo domanda ha provato a rispondere la Fondazione Eni-Enrico Mattei, con uno studio pubblicato dal Corriere della Sera. Secondo l’analisi lo stop all’importazione dalla Russia “è un’eventualità da scongiurare con forza” perché costringerebbe l’Italia a imporre un razionamento del gas
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Per arrivare a questa conclusione lo studio ipotizza uno scenario in cui le forniture di gas dalla Russia sono azzerate da adesso fino alla fine del prossimo inverno, cioè a marzo del 2023
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La Fondazione ricorda che l’Italia consuma mediamente più di 70 miliardi di metri cubi di gas, di cui circa il 40% viene comprato dalla Russia. Nel 2021 da Mosca abbiamo ricevuto 28,8 miliardi di metri cubi

Considerando di aumentare l’importazione di gas da altri Paesi come Algeria e Libia e di ricevere quanto più possibile gas naturale liquefatto, l’Italia potrebbe disporre nei prossimi tredici mesi di 58,4 miliardi di metri cubi di gas: quasi il 75% della domanda del 2021

Per gestire la situazione lo studio ipotizza che si dia priorità al sistema elettrico nazionale, per evitare interruzioni della corrente elettrica. Sarebbe comunque necessario tenere in considerazione sia un forte aumento del prezzo dell’energia - stiamo fino a 100 euro a megawattora in più - e lo stop all’importazione di elettricità, poiché gli altri Paesi avrebbero le stesse difficoltà dell’Italia

Per contrastare la carenza di gas si ipotizza l’utilizzo a massimo regime delle centrali a carbone attualmente attive, la riapertura di due che erano pronte alla dismissione e l’utilizzo massimo possibile dell’elettricità prodotta dalle energie rinnovabili

Anche con tutte queste misure, sarebbero comunque ancora necessari 18 miliardi di metri cubi di gas: questi potrebbero essere recuperati, dicono i ricercatori, con le maggiori importazioni da Algeria e Libia e con l’aumento della produzione nazionale

Se si riuscisse a realizzare questo piano, si aprirebbero comunque dei buchi rispetto alla domanda per usi civili e industriali: mancherebbero, secondo le stime delle studio, tra gli 8,9 e i 10,5 miliardi di metri cubi di gas

“Il settore certamente più difficile da gestire”, dice lo studio, sarebbe quello degli usi civili: pur in presenza di un calo della domanda legato allo smart working, non sarebbe possibile scongiurare misure di razionamento

Questo causerebbe una “una forte contrazione del Pil”, a cui si aggiungerebbero i possibili fallimenti di aziende energivore gravate dal costo troppo alto dell’energia

Infine, ricorda lo studio, l’eventuale riapertura delle centrali a carbone causerebbe un aumento delle emissioni “di oltre 30 milioni di tonnellate” rispetto alla situazione di normale approvvigionamento di gas