
Pensioni, tra ‘quota 41’ e i problemi dei costi: le ipotesi di riforma della legge Fornero
Il governo e i sindacati sono tornati a incontrarsi per discutere di un tema che da anni è sul tavolo della politica: la riforma delle pensioni e il superamento della legge Fornero. Ma a fianco della volontà di rivedere il funzionamento del sistema, c’è il problema degli enormi costi da sostenere

Il governo e i sindacati sono tornati a incontrarsi per discutere di un tema che da anni è sul tavolo della politica: la riforma delle pensioni e il superamento della legge Fornero. La norma voluta dal governo Monti nel 2011, durante la tempesta economico-finanziaria che aveva travolto l’Italia, è infatti ancora in vigore
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Negli anni sono state molte le “finestre” aperte per permettere di andare in pensione prima: dall’Ape sociale a quota 103, passando per le quote 100 e 102, quasi tutti i governi succedutisi nell’ultimo decennio sono intervenuti sulla materia senza però arrivare a una riforma strutturale
Pensioni, dalla Legge Fornero a Quota 103: riforme e “finestre” degli ultimi anni
La legge Fornero, che rimane normativa vigente in materia previdenziale, prevede due criteri per poter accedere alla pensione: avere compiuto 67 anni di età, con almeno 20 di contributi; oppure avere versato 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne
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Solamente per il 2023 l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha presentato quota 103: il nuovo sistema permette di accedere alla pensione avendo almeno 62 anni di età e 41 di contributi, ma con un tetto per l'assegno pari a circa 2.600 euro al mese fino ai 67 anni. Come riporta il Corriere della Sera, la spesa per la misura nel triennio 2023-25 è prevista in oltre 2 miliardi di euro
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Il problema dei costi è sempre stato centrale in questi anni, ed è una delle principali ragioni per cui non si è ancora arrivati a una riforma strutturale della Legge Fornero. Secondo il quotidiano di via Solferino, solo per quota 100 la spesa sarà di circa 23 miliardi di euro fino al 2025 per una platea di fruitori di 450mila unità

Insomma i costi di un’eventuale riforma complessiva del sistema si annunciano elevati. La sostenibilità del sistema del resto già adesso è sotto la lente d’ingrandimento: per il presidente dell’Inps Pasquale Tridico il quadro al 2029 non è positivo, con il rapporto tra lavoratori e pensionati previsto in calo dall'1,4 all'1,3 per arrivare al 2050 a uno a uno

L’esecutivo, comunque, ha parlato di una riforma complessiva del sistema in vista del 2024 (quando quota 103 non ci sarà più): nella maggioranza la Lega spinge per quota 41, che permetterebbe di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. (In foto: il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini)

Rispetto all’attuale legge Fornero, quota 41 permetterebbe di andare in pensione con un anticipo di 10 mesi per le donne e di un anno e 10 mesi per gli uomini. Inoltre, i 41 anni non dovrebbero essere adeguati periodicamente alla speranza di vita, come si prevede invece per l’attuale pensione anticipata

Anche in questo caso però a frenare la possibile riforma sono i costi della stessa: secondo le stime dell’Inps riportate dal Corriere della Sera, quota 41 costerebbe oltre 4 miliardi il primo anno per una spesa totale di 75 miliardi di euro in dieci anni. Cifre che probabilmente porteranno a percorrere strade meno esose, come fissare delle soglie d’età accanto al requisito dei contributi o introdurre penalizzazioni sull’importo della pensione per chi va via prima

Il cantiere per la riforma strutturale, comunque, è aperto: il governo ha incontrato i sindacati per discutere sul tema. "L'incontro non è andato bene. Non abbiamo avuto nessuna risposta, solo una disponibilità generica”, ha però fatto sapere il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Secondo Landini, non sono state date risposte né sui tempi, che a suo parere dovrebbero essere stretti e chiudersi entro aprile, né sulle risorse

Sulla possibilità di una riforma strutturale delle pensioni, invece, si è espresso positivamente il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: “Se la strada sarà di fare una riforma strutturale saremo contenti e daremo il nostro contributo se ci verrà chiesto”. Bonomi ha aggiunto di non essere “mai stati convinti da interventi spot come Quota 100: sono onerosi, non creano occupazione giovanile e incidono sulle future pensioni delle persone"
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