
Pensioni, dal superamento della Fornero ai fondi pubblici. Le sfide del governo che verrà
Tra i dossier più caldi sul tavolo del prossimo esecutivo c'è anche quello sui pensionamenti. A partire dalle risorse da reperire in un contesto in cui - certifica la Nadef - entro il 2025 la spesa per gli assegni previdenziali arriverà a 350 miliardi di euro, contro i 297,4 miliardi di oggi. Tra i grattacapi della politica ci sono anche l'indicizzazione alla svalutazione monetaria degli importi pensionistici e l'eventuale proroga di opzione donna e ape sociale (in scadenza il prossimo 31 dicembre)

Non c’è solo la crisi energetica tra i dossier più urgenti che finiranno sul tavolo del nuovo governo. Anche il tema pensioni sarà da affrontare in fretta. Senza un intervento normativo in tempi rapidi, dal 1° gennaio 2023 si tornerà al regime della legge Fornero, ipotesi che fa storcere il naso a molti, a partire dai sindacati e arrivando alla politica. Ma ci sono anche altre questioni legate alle pensioni da risolvere, come l’indicizzazione del loro valore ai prezzi correnti e la scadenza dei canali di prepensionamento ora in vigore
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SPESA PUBBLICA E PIL - Sono diversi i motivi che rendono difficile muoversi per mettere a posto la questione pensioni. Innanzitutto, la spesa pubblica. L’Italia è un Paese in cui il saldo tra popolazione che invecchia e popolazione che nasce è sbilanciato, ormai da tempo. Più persone invecchiano senza un ricambio generazionale, più sale la spesa per le pensioni. Ci sono poi i problemi dell’inflazione e della decrescita economica a complicare la situazione
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Nel 2022 per gli assegni pensionistici si spenderanno 297,4 miliardi di euro (15,7% del Pil). La Nadef, approvata lo scorso 28 settembre, ricorda che è già dal 2010 che la spesa pensionistica continua ad aumentare. E questo ha la sua incidenza sul Pil italiano, messo a dura prova dalle crisi attraversate. Gli assegni per le pensioni nel 2023 costeranno 320,8 miliardi di euro, destinati a salire a 338,2 miliardi nel 2024 e 349,8 miliardi nel 2025
Pensioni, cosa potrebbe cambiare con Giorgia Meloni al governo
La partita principale per le pensioni si gioca quindi sui fondi e la data a cui guardare non può che essere il 31 dicembre 2022, entro cui deve arrivare la legge di Bilancio. I problemi nel reperire risorse in un momento in cui la spesa pubblica aumenta per far fronte ai rincari trainati dalle conseguenze della guerra in Ucraina si legano adesso alle promesse elettorali del centrodestra, che probabilmente sarà guidato da Giorgia Meloni al governo. Difficile trasformare in realtà tutte le proposte
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I NODI SULLE PENSIONI - A fine anno scadrà infatti Quota 102, regime con cui si permette di andare in pensione una volta raggiunti i 64 anni d’età e almeno 38 anni di anzianità contributiva. C’è ancora da capire come sostituirlo, perché senza una decisione l’età pensionabile tornerà a essere quella della legge Fornero (67 anni d’età). Sempre entro il 2022 bisogna poi capire cosa fare con strumenti di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro: ape sociale e opzione donna
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L’ape sociale è un anticipo pensionistico pensato per facilitare specifiche categorie di lavoratori considerati in difficoltà per diversi motivi, dalla natura usurante della professione svolta alla presenza di handicap e invalidità. Permette di andare in pensione raggiunti i 63 anni di età, insieme a 30 o 36 anni di versamenti contributivi. Opzione donna va invece a tutelare le lavoratrici che – con 35 anni di anzianità contributiva – possono smettere di lavorare a 58 anni se dipendenti e a 59 anni se autonome

Fratelli d’Italia, forte del suo successo alle elezioni dello scorso 25 settembre, vorrebbe ad esempio potenziare i canali flessibili per uscire dal mondo del lavoro, per garantire uno scambio generazionale più fluido e veloce. Il partito di Giorgia Meloni guarda anche alla riconferma di opzione donna, che vorrebbe tra l’altro rendere strutturale una volta per tutte

Sempre nel programma elettorale di Fratelli d’Italia si parla poi di “innalzamento delle pensioni minime sociali”, di superamento dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita e di rivalutazione dei trattamenti pensionistici erogati per fare fronte alla svalutazione monetaria. Proprio quest’ultimo è un punto particolarmente importante, invocato anche da altri soggetti politici, per fronteggiare da subito le difficoltà economiche degli italiani
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Gli assegni, da gennaio in poi, per essere rivalutati sulla base dell'andamento inflazionistico, costerebbero nove miliardi di euro in più rispetto alle previsioni fatte finora. In totale si parla di una cifra compresa tra i 23 e i 24 miliardi
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Bisognerà poi fare i conti con le varie anime del centrodestra. La Lega vuole tirare dritta con la sua proposta per superare la legge Fornero, Quota 41, che prevede la possibilità di andare in pensioni con 41 anni di contributi versati alle casse previdenziali, a prescindere dall’età anagrafica. L’idea piace anche al mondo sindacale: Cgil, Cisl e Uil l’avevano inserita nei documenti unitari che hanno consegnato al governo

Non è invece contento di parlare di prepensionamenti Carlo Bonomi (in foto), presidente di Confindustria: secondo lui - in questo momento storico - vanno evitati. "Non ce li possiamo permettere", ha detto il leader degli industriali, secondo cui "energia e finanza pubblica sono due fronti emergenza che non possono ammettere follie"
Bonomi: "No a flat tax e prepensionamenti"