La corsa degli Stati europei verso il Recovery Fund: il monitoraggio di Sky TG24

Economia

Lorenzo Borga

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Il monitoraggio di Sky TG24 - aggiornato periodicamente - sugli aiuti europei al nostro paese: traccia i progressi sull'avanzamento del Next Generation Eu. Sono ormai quasi 20 i paesi che hanno inviato i propri piani all'Ue, e il 18 giugno dovrebbero essere approvati i primi.

Le ultime notizie sul Recovery Fund

  • 28 maggio 2021 - Il governo ha varato il decreto "Recovery", chiarendo la governance degli uffici che lavoreranno sul piano e semplificando alcune procedure e normative per velocizzare i lavori.
  • 27 maggio 2021 - Con la ratifica di Austria e Polonia tutti i paesi hanno terminato il processo di ratifica del debito europeo. Ora la prima tranche di 25 miliardi di euro all'Italia entro l'estate è più vicina.
  • 24 maggio 2021 - Il governo ha trovato la quadra sulla governance della spesa dei fondi europei. A Palazzo Chigi si insedierà una cabina di regia con i ministri competenti, mentre il Ministero dell'Economia si occuperà della comunicazione diretta con Bruxelles e del monitoraggio delle spese.
  • 21 maggio 2021 - Il governo avrebbe inviato i dettagli di alcuni provvedimenti alla Commissione europea, tra cui il decreto "semplificazioni".
  • 14 maggio 2021 - Matteo Salvini ha affermato a Repubblica che «non sarà questa maggioranza a fare la riforma della giustizia e del fisco». Una presa di posizione che ha fatto scoppiare la polemica all'interno della maggioranza, e che se diventasse realtà metterebbe a rischio i fondi europei condizionati al cronoprogramma delle riforme sottoscritto dall'Italia nel Recovery plan.

 

Il Next Generation Eu è un piano di ripresa proposto dalla Commissione europea, su cui è stato trovato un accordo dal Consiglio dei capi di stato e di governo, per far ripartire l'economia del continente. Gli Stati membri hanno deciso di raccogliere debito europeo per 750 miliardi, che arriveranno entro il 2026. I primi recovery plan, invece, dovrebbero essere valutati entro il 18 giugno 2021. E dopo di allora sono previsti i primi fondi.

Di quanti soldi parliamo

Il Next Generation Eu è ripartito in diversi programmi di spesa. Il principale è la Recovery and resilience facility (“Dispositivo per la ripresa e la resilienza”): quello che tutti chiamano comunemente Recovery Fund e che è il piatto forte – e la novità – dell’azione europea. Si tratta di un fondo che arriva a 672,5 miliardi di euro, divisi in 360 prestiti e 312,5 sussidi. A questo se ne aggiungono altri: React-Eu, Horizon Europe, InvestEU sono i principali e in tutto metteranno a disposizione circa 75 miliardi di euro di sovvenzioni.

 

Il governo italiano ha stimato che i fondi a disposizione entro il 2026 dovrebbero essere 191,5 miliardi dal Recovery Fund e 13 da React-Eu. ll governo italiano a questi numeri ha aggiunto anche un piano complementare da 30,6 miliardi, finanziato con debito pubblico italiano, ma che non rientrerà nel recovery plan. Il nostro paese sarà il maggiore beneficiario del piano, perché il più grande tra gli stati maggiormente colpiti dalla crisi (il calcolo dei benefici infatti dipende anche dall'andamento del Pil e della disoccupazione nel 2020 e nel 2021). In totale dunque si arriva a più di 235 miliardi. 

I tempi del recovery plan

Siamo ormai alla seconda fase del processo di approvazione del Next Generation Eu. Come vedete nella visualizzazione qui sotto, a partire da maggio 2020 le istituzioni europee hanno lavorato per far approvare il pacchetto da 750 miliardi di aiuti. Dopo il faticoso compromesso di luglio 2020, a dicembre è stato raggiunto un accordo che ha portato all'approvazione del regolamento sul Recovery Fund da parte del Parlamento europeo (LA SPIEGAZIONE). Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell'Ue, il regolamento è ora operativo e i paesi possono inviare, come hanno già fatto in molti, i piani di spesa e riforma definitivi alla Commissione, che avrà due mesi di tempo per valutarli. Successivamente sarà chiamato a decidere il Consiglio europeo, per un altro mese di tempo. Nel frattempo i parlamenti nazionali di tutti gli stati dovranno ratificare l'accordo comunitario. I primi soldi, il 13% del totale (per l'Italia più di 25 miliardi di euro), dovrebbero dunque arrivare nella seconda metà del 2021. Molti stati stanno però richiedendo alle istituzioni europee di velocizzare il processo: i primi piani dovrebbero infatti essere approvati già il 18 giugno.

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Le condizionalità

 

La formulazione dei piani nazionali di spesa e riforma è particolarmente delicata perché la Commissione europea ne valuterà l'efficacia e la completezza - attraverso un sistema di rating - prima di dare il via libera ai fondi. L'approvazione di Bruxelles è fondamentale perché saranno gli stati ad anticipare i soldi, che poi chiederanno il rimborso all'Europa (che arriverà solo a determinate condizioni). La Commissione chiede che nei recovery plan siano indicati con precisione cronoprogrammi delle spese e target (sostanzialmente obiettivi di percorso) per ogni progetto e riforma. Dunque se, per esempio, si vuole costruire una nuova ferrovia con i soldi europei entro il 2024, bisognerà indicare quanti chilometri si intendono completare entro il 2022, il 2023, e così a seguire. Infatti due volte all'anno gli stati richiederanno il rimborso delle spese sostenute per i progetti concordati nei piani. Se gli obiettivi intermedi non saranno rispettati, a quel punto Bruxelles non autorizzerà il rimborso, e darà sei mesi di tempo allo stato per recuperare il ritardo. La Commissione non tollererà ritardi: gli stati dovranno spendere tutti i soldi entro dicembre 2026. Non dovessero essere usati dei fondi, lo stato ritardatario perderebbe il diritto di spenderli.

La corsa degli stati europei

 

Diversi paesi hanno già chiarito che invieranno il proprio piano dopo la deadline, e la stessa Commissione Ue ha affermato che è più importante focalizzarsi sulla qualità che sulla data di invio.

 

Tutti i principali paesi dell'Unione Europea, al di fuori della Polonia, hanno inviato i propri recoveru plan. La tempistica sarà importante per poter incassare il prima possibile l'anticipo del 13% dei fondi.

 

L'Italia ha inviato a Bruxelles il proprio recovery plan, approvato dal governo il 24 aprile. Il nostro paese, anche per via del cambio di governo (il piano di Conte era infatti differente), era accreditato come uno dei più in ritardo, ma ha recuperato lo svantaggio. Userà tutti i sussidi e tutti i prestiti messi a disposizione: caso unico tra i grandi paesi Ue. Il governo Draghi ha indicato le proprie priorità nel piano: investire sulla transizione ambientale (incluso il superbonus 110%, anche se ridimensionato) e sui giovani, con spese in istruzione e ricerca. Forti investimenti sono previsti anche per la rete ferroviaria e Industria 4.0. Relativamente a quanto fatto dagli altri paesi, il nostro governo ha deciso di focalizzarsi di più su istruzione e sulla spesa per la ricerca e l'istruzione.

 

La Spagna è stata per mesi in testa nella corsa al Recovery tra i grandi paesi, secondo l'elaborazione di Sky TG24. Secondo fonti della Commissione europea infatti già almeno da inizio dicembre ha inviato una bozza del proprio piano a Bruxelles, che ora ha concretizzato nel piano definitivo. ll governo spagnolo ha deciso inoltre di rinunciare ai prestiti del Next Generation Eu, come Francia e Germania: infatti i tassi di interesse a cui si finanzia sul mercato sono solo poco più costosi rispetto a quelli che dovrebbe rimborsare alla Commissione europea. Relativamente agli altri paesi, la Spagna punta in particolare su cultura e turismo e l'innovazione del sistema produttivo.

 

La Francia è stata a settembre 2020 la prima a pubblicare una proposta di piano di rilancio (anche abbastanza dettagliato), finanziato nelle intenzioni francesi per 40 miliardi da fondi del Next Generation Eu (a cui aggiungerà 60 di fondi nazionali). Da allora ha intrapreso un negoziato con Bruxelles, che è risultato nell'invio del piano il 29 aprile. La Francia, rispetto agli altri paesi, investe più sull'efficientamento degli immobili, e come Spagna e Germania non ha richiesto i prestiti.

 

La Germania invece ha inviato il 28 aprile il suo "Deutscher Aufbau- und Resilienzplan". In totale i tedeschi spenderanno quasi 28 miliardi di euro, molto meno di Italia e Spagna, in cui rientrano circa 3 miliardi di fondi nazionali. La Germania inoltre prevale su tutti gli altri in particolare sugli investimenti per le energie rinnovabili e la mobilità sostenibile (anche per via dei bonus e sussidi al suo settore automobilistico), e sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Soldi per cosa

Le priorità di spesa sono state indicate dall'Europa: almeno il 37% dei fondi dovrà andare alla transizione verde e non meno del 20% a quella digitale. I contributi e i prestiti europei servono per finanziare riforme e investimenti dei paesi, mentre l'indicazione europea è di evitare di finanziare spesa corrente e bonus. Altra indicazione ai paesi è spendere i soldi comunitari per seguire le indicazioni annuali della Commissione europea, per cui sono necessarie in particolare le riforme.

 

Di seguito, nel grafico, è possibile confrontare gli stanziamenti per ambiente e digitale di alcuni paesi europei (Portogallo, Germania, Spagna, Francia e Italia) con i target richiesti dall'Ue.

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Per un confronto più puntuale, voce per voce, è utile il grafico basato sull'elaborazione di Sky TG24 sui recovery plan dei principali paesi europei. Naviga tra i macro-temi (ambiente, digitale, spesa sociale) per scoprire chi intende spendere di più su ogni fronte.

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Per vedere arrivare i primi soldi, però, la Commissione europea dovrà prima ricavarli dal mercato. Il meccanismo di raccolta dei fondi è infatti il seguente: l'Unione Europea si presenterà tutta assieme sui mercati finanziari per richiedere un prestito (a tassi più vantaggiosi di quelli a cui si finanzia l'Italia), e poi li distribuirà ai vari stati. Per farlo però è necessario modificare i trattati europei: il debito comune europeo di queste proporzioni è infatti una novità.

Chi incassa e chi paga

Attenzione: anche i contributi che qualcuno chiama "a fondo perduto" andranno ripagati in qualche modo. La Commissione europea si indebiterà sui mercati finanziari per reperire i soldi da girare agli stati, e in qualche modo i soldi ai creditori privati bisognerà restituirli. Le strade proposte sono sostanzialmente due: gli stati membri potrebbero pagare secondo le quote che già versano al bilancio europeo; altrimenti potrebbero essere introdotte nuove imposte europee pagate da contribuenti e imprese (come quella sulla plastica che entrerà in funzione da gennaio, oppure una web tax su cui ancora però non c'è accordo). Ciò significa, per esempio, che l’Italia sulla parte di sussidi dovrebbe restituire circa 50 miliardi di euro nel corso di diversi anni, rispetto agli 80 che incasserà dal Next Generation Eu. Tra i grandi paesi, anche la Spagna pagherà meno di quanto riceverà, mentre Germania e Francia dovranno rimetterci nel lungo termine. Il grosso delle restituzioni inizierà dopo il 2027 e potrà essere spalmato in più di 30 anni.

 

Se si dovesse scegliere la prima strada, ecco quanto riceverebbero o pagherebbero i singoli stati.

 

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Anche la Banca centrale europea ha confermato queste stime, facendo però notare che Spagna e Italia non saranno i maggiori beneficiari, se teniamo conto della grandezza delle loro economie. A incassare più sussidi, al netto delle restituzioni, saranno tra i paesi dell’Euro Grecia, Portogallo e Slovacchia.

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