Bonus Giorgetti in Manovra, anche nel 2026 aumento di stipendio a chi rinvia la pensione
EconomiaIntroduzione
Chi è arrivato alla soglia della pensione anticipata, ma sceglie di restare al lavoro, potrà ancora trasformare la propria quota di contributi in un aumento immediato in busta paga. È questo il meccanismo che sta dietro al bonus Giorgetti (ex bonus Maroni), confermato anche nella bozza della prossima Legge di bilancio. Si va quindi in continuità con le misure degli ultimi anni. E l’incentivo viene prorogato per i lavoratori che maturano i requisiti fino a fine 2026.
L’obiettivo della misura - che vale sia per lavoratori pubblici che privati - è rinviare l’uscita dal lavoro, per evitare di sovraccaricare il sistema previdenziale. Ecco cosa sapere
Quello che devi sapere
Come funziona il bonus
Il bonus prevede che il dipendente che avrà raggiunto i requisiti per la pensione anticipata potrà rinunciare all’accredito della quota di contributi a suo carico, pari a circa il 9,19% dello stipendio lordo nel privato e a 8,89% nel pubblico. È questa la percentuale di “guadagno” netto in busta paga. Quindi: il datore di lavoro non versa più questa parte all’Inps, o a un altro ente previdenziale preposto, e “gira” lo stesso importo direttamente al lavoratore in busta paga, con un trattamento fiscale di favore. Il lavoratore, così, si ritrova con uno stipendio mensile più alto.
Per approfondire:
Manovra 2026, tutti i bonus e gli incentivi presenti nella Legge di Bilancio
I requisiti
Possono avere il bonus i lavoratori dipendenti iscritti all'Assicurazione generale obbligatoria o a forme sostitutive o esclusive. Entro il 31 dicembre 2026 bisogna aver maturato i requisiti per la pensione anticipata ordinaria (42 anni + 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni + 10 mesi per le donne). Essenziale non percepire già una pensione né aver presentato domanda per un trattamento previdenziale diretto. L'unica eccezione riguarda eventuali assegni di invalidità. L’incentivo riguarda anche il pubblico impiego. Le finestre di uscita restano quelle mobili di tre o quattro mesi a seconda della gestione.
I numeri
Secondo i dati contenuti nella relazione tecnica di Palazzo Chigi, per il 2026 la stima prudenziale parla di circa 6.700 accessi, con il 12% circa degli aventi diritto che hanno rimandato l’uscita dal mondo del lavoro. Il bonus sembra intercettare soprattutto chi è vicino alla decisione se andare o meno in pensione anticipatamente, e sta facendo i conti sui pochi mesi di differenza che ancora gli resterebbero da lavorare. Bisogna poi considerare che sì, questo è un incentivo, ma che costa poco all’inizio e poi si va riequilibrando nel medio periodo.
I guadagni effettivi
Repubblica riporta alcune simulazioni basate su retribuzioni lorde tipiche e sulla quota contributiva standard del lavoratore.
- Con un lordo annuo di 25mila euro, l’incentivo si traduce in un aumento di circa 2.300 euro l’anno, vale a dire poco meno di 190 euro al mese.
- Invece, con un reddito di 30mila euro, il beneficio sale intorno ai 2.750 euro annui, pari a circa 230 euro mensili.
- A 35mila euro, l’importo supera i 3.200 euro l’anno, con un effetto in busta nell’ordine dei 265 euro mensili.
- Per chi si colloca a 45mila euro lordi, il vantaggio si avvicina ai 4.140 euro l’anno, ossia circa 345 euro al mese.
- Mentre oltre i 60 mila euro, l’incremento può superare i 5.500 euro annui, con più di 450 euro al mese.
Le tempistiche
Come già detto, sulla scelta per l’adesione al bonus pesa soprattutto la durata del posticipo dell'uscita dal mondo del lavoro.
- Su un orizzonte di 12 mesi, gli importi citati nella scheda precedente vanno letti come incasso “una tantum” lungo l’anno.
- Su 18 mesi, le cifre si moltiplicano per 1,5.
- Su 24 mesi raddoppiano.
Ciò significa che, per un dipendente con 30mila euro lordi, due anni di permanenza al lavoro in più comportano un extra netto intorno ai 5.500 euro complessivi; con 45mila euro, l’ordine di grandezza sfiora i 8.300 euro; con 60mila euro, può superare gli 11mila.
L’effetto sui conti pubblici
Ma quale sarà l’impatto sui conti pubblici? Stando ai dati disponibili, nel 2026 si stimano minori entrate contributive per circa 12,8 milioni e un risparmio di spesa pensionistica di 12,2 milioni: l’effetto netto è dunque leggermente negativo, nell’ordine di mezzo milione. Il 2027 e il 2028 mantengono lo stesso schema, con un saldo che resta moderatamente in rosso perché la riduzione dei contributi supera i risparmi sulle uscite. Nel 2029 l’effetto peggiorerà.
È dal 2030 in avanti che dovrebbe esserci un cambio di passo: il risparmio sulle pensioni dovrebbe diventare strutturalmente superiore e l’effetto complessivo si attesta in positivo, attorno a 2,3 milioni l’anno. In sostanza, si vedranno i risultati del meccanismo per cui i lavoratori che hanno posticipato l’uscita fanno diminuire la spesa per le nuove pensioni. Così il sistema recupera una parte dei costi iniziali.
Per approfondire:
Manovra 2026, tutte le misure per le famiglie: potenziati congedo parentale e bonus mamme