Manovra 2026, chi guadagna di più dal taglio Irpef? La simulazione sui redditi
EconomiaIntroduzione
Stando alla bozza della Legge di bilancio 2026 approdata in Parlamento, la riduzione di due punti dell’aliquota Irpef per i redditi tra i 28mila e i 50mila euro annui rappresenta l’intervento più corposo messo in campo dal governo. Finanziata con 2,96 miliardi di euro per il triennio 2026-28, la sforbiciata dal 35 al 33% sul secondo scaglione dell’imposta punta a ridurre la pressione fiscale nei confronti del ceto medio. Secondo un’analisi de Il Sole 24 Ore, tuttavia, il 42,9% degli sconti previsti finirà nelle tasche dei contribuenti che percepiscono redditi sopra i 50mila euro
Quello che devi sapere
Gli effetti della misura
Come chiarito nei giorni scorsi alla Camera dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il taglio dell’Irpef farà sentire i suoi effetti su quasi 13,6 milioni di contribuenti, circa 4 milioni in più di quanti effettivamente rientrano nel secondo scaglione. Il quotidiano economico si focalizza sui potenziali benefici per coloro che si collocano nella fascia di reddito tra i 50mila e i 200mila euro.
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L’obiettivo
Scopo principale della misura è infatti quello di alleviare, almeno in parte, gli effetti distorsivi dell’imposta basata sul meccanismo degli scaglioni. Tra le principali economie, l’Italia è l’unica a prevedere l’aliquota marginale più alta sia per i redditi che si posizionano appena sopra i 50mila euro sia per quelli più elevati.
Taglio sulla parte redditi
Su un beneficio medio stimato intorno ai 210 euro, il taglio va ad incidere sopratutto per la parte di reddito che ricade nel secondo scaglione con i benefici che saranno tanto più consistenti quanto più alta sarà quella parte di reddito. Lo saranno quindi per chi guadagna di più, mentre chi è più vicino ai 28mila euro vedrà aumenti molto risicati.
Il limite sconti fino a 200mila euro
Dal meccanismo che elimina i nuovi sconti sull’Irpef sono esclusi invece i redditi più alti, superiori ai 200mila euro. Secondo la relazione tecnica che accompagna la Manovra, la definizione di tale soglia comporta risparmi annui che non vanno oltre i 12,6 milioni di euro, pari allo 0,4% di quanto stanziato per la misura.
Altre ipotesi escluse
L’innalzamento del limite reddituale per poter beneficiare del taglio Irpef esclude proposte analoghe come l'estensione dell’aliquota al 33% fino a 60mila di reddito, caldeggiata in particolare da Forza Italia e dai Liberaldemocratici di Luigi Marattin, intervento che da solo costerebbe 2 miliardi.
La simulazione
Stando a dati del dipartimento delle Finanze, ammonta a 2,88 milioni la platea di contribuenti che si collocano nella fascia di reddito tra 50mila e 200mila euro. Secondo i calcoli del Sole, la riduzione dell’Irpef potrebbe portare all’anno in media 440 euro in più a testa, che cumulati equivalgono a 1,27 miliardi, il 42,9% della spesa totale stanziata.
Impianto progressivo
Considerata la natura progressiva che caratterizza l’imposta, i guadagni potenziali saranno maggiori per i redditi che più si avvicinano alla soglia di 50mila euro. Come evidenzia il quotidiano, per i contribuenti che dichiarano tale importo, il taglio di due punti dell’aliquota equivale a uno sconto effettivo del 3,1%, quasi il doppio di chi percepisce 70mila euro. In questo caso l’Irpef lorda sulla quale si applicano detrazioni e deduzioni sarà più leggera, pari all’1,9% nel 2026.
Redditi sopra i 90mila
Per i redditi intorno a 90mila euro, l’Irpef è destinata a calare dell’1,4%, tre decimi sopra di chi dichiara guadagni annui pari a 110mila (1,1%). Oltre a tale soglia, i benefici scendono progressivamente fino ad azzerarsi del tutto una volta raggiunto il tetto dei 200mila euro.
Di quanto scenderà il gettito Irpef
Ipotizzando la conferma del taglio, Il Sole 24 Ore rileva come il gettito Irpef annuale sia destinato a calare dell’1,26%. Di conseguenza, risulterebbe piuttsoto blando l'impatto sulla pressione fiscale dell'imposta che nel 2024 ha portato in totale 235,6 miliardi nelle casse dello Stato.
Pressione fiscale stabile nei prossimi anni
Del resto, come stimato dal governo, la pressione fiscale in Italia è destinata a rimanere stabile nei prossimi anni a causa dell’incrocio tra due fattori macroeconomici: l’aumento dell’occupazione e l’incremento della tassazione sui redditi da lavoro, più alta in media rispetto ad altre tipologie di imposte.
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