Pensioni, nel 2027 previsto aumento età pensionabile: chi potrebbe essere escluso

Economia
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Introduzione

Dal 2027 l’età per andare in pensione salirà, come previsto dalla Legge Fornero, a 67 anni e 3 mesi, in linea con l’aumento della speranza di vita certificato dall’Istat. Un adeguamento che varrà secondo la Ragioneria di Stato circa 3 miliardi di euro a regime e su cui il governo sta facendo alcune valutazioni in vista della prossima Manovra. Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha parlato di una "sterilizzazione selettiva", attenuato soprattutto per i lavoratori precoci e le occupazioni usuranti. Ecco cosa sapere.

Quello che devi sapere

L’ipotesi

Da giorni si dice che l'ipotesi principale sulla quale il governo sta lavorando preveda che la sospensione dell'aumento dei tre mesi dell'età di pensionamento scatti soltanto per chi nel 2027 avrà già compiuto 64 anni. Per loro lo scalino dei tre mesi non ci sarebbe più. Questo significa, per esempio, che se un lavoratore ha 62 anni, pur avendo lavorato per 42 anni e 10 mesi si vedrà applicato l'aumento dei tre mesi

 

Per approfondire: Pensioni, ipotesi stop all’aumento dell’età ma non per tutti: chi potrebbe interessare

Il costo

Il blocco dell'aumento di tre mesi dell'età pensionabile per la vecchiaia e per gli anni necessari ad accedere alla pensione anticipata nel 2027 solo per chi ha compiuto i 64 anni costerebbe 1,5 miliardi il primo anno e due miliardi a regime invece degli oltre tre miliardi a regime che costerebbe rimuovere l'aumento dei requisiti per tutti. Secondo quanto spiegano fonti al lavoro sul dossier, si sta ragionando sulla possibilità di lasciare fuori dal blocco dell'aumento "automatico" previsto dalle norme sul collegamento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita chi avendo raggiunto almeno i 42 anni e 10 mesi di contributi (per le donne un anno in meno) non abbia però compiuto 64 anni

 

Per approfondire: Pensioni novembre 2025, quando arrivano i pagamenti e chi rischia trattenute sull’assegno

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Quanti lavoratori sarebbero interessati

Secondo le analisi dell’Inps, i lavoratori che potrebbero dover restare al lavoro tre mesi in più nel 2027, perché non rientrano nel blocco dello scalino, nell'ipotesi che riguardi solo i pensionandi per vecchiaia e quelli in anticipata con almeno 64 anni, potrebbero essere circa 170mila. Sono i lavoratori che pur avendo raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) non avranno ancora compiuto nel 2027 64 anni di età

I dati del 2024

Il monitoraggio sui flussi di pensionamento, relativi allo scorso anno, evidenziano che i lavoratori usciti con la pensione anticipata con decorrenza nel 2024 sono stati 215mila, tra questi 195mila non avevano compiuto ancora 65 anni. Secondo il monitoraggio sulle uscite in anticipata previsto dalla legge del 2019 appena il 17% del totale dei pensionati che vanno in anticipata lascia il lavoro dopo aver compiuto i 64 anni

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Le norme di salvaguardia

Sarà poi necessario lavorare a una norma di salvaguardia per chi raggiunge i 64 anni mentre lavora il trimestre in più. Anche l'ipotesi di scalini più bassi per il pensionamento con lo scatto di un solo mese in più per tutti nel 2027 e uno o due mesi nel 2028 potrebbe creare difficoltà dato che nel 2029 è previsto che la speranza di vita a 65 anni aumenti ancora (nel 2024 era a 21,2 anni) e che scatti un aumento dell'età pensionabile di altri due mesi per arrivare per la vecchiaia a 67 anni e 5 mesi e per l'anticipata a 43 anni e tre mesi di contributi

Le alternative

Diverse le alternative su cui si lavora: una delle ipotesi, più graduale, immagina un aumento distribuito nel tempo, quindi di un mese nel 2026, due nel 2027, tre nel 2028, per ridurre l’impatto immediato sui conti pubblici e sui lavoratori. Un’altra strada, invece, la più prudente dal punto di vista finanziario, è quella di limitare la sterilizzazione solo ad alcune categorie (come quelle citate dal ministro Giorgetti), mantenendo per la generalità dei lavoratori il meccanismo automatico

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Ipotesi Tfr sul tavolo

Il tema previdenziale non si limita alla sola uscita dal mercato del lavoro. Tra le ipotesi ancora in discussione figura, infatti, la proposta avanzata dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che prevede la possibilità di andare in pensione a 64 anni con almeno 25 anni di versamenti. L’idea consiste nel convertire il Tfr accumulato durante la carriera in una rendita integrativa, capace di incrementare l’assegno fino a una soglia minima di circa 1.600 euro mensili. Il modello ricalcherebbe in parte quello introdotto l’anno precedente per i lavoratori soggetti al sistema contributivo, ai quali è stato concesso di sommare la rendita dei fondi pensione integrativi a quella pubblica, così da raggiungere i requisiti della legge Fornero che permettono il pensionamento anticipato a 64 anni. Un traguardo anagrafico che, secondo Durigon, dovrebbe rappresentare la vera “età della libertà pensionistica”

 

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