"Buchi" nel curriculum, solo la metà degli italiani ha una carriera senza interruzioni

Economia
©IPA/Fotogramma

Introduzione

Secondo un’analisi di LiveCareer - che ha preso in esame oltre 7 milioni di curriculum caricati sulla sua piattaforma - i periodi di inattività dal lavoro non sono più l’eccezione, ma la nuova normalità del mondo professionale.

 

Il quinquennio tra il 2020 e il 2025 è quello in cui ci sono state date centinaia di migliaia di dimissioni. Il fenomeno è partito dagli Stati Uniti, ma ha riguardato poi anche l’Europa e il nostro Paese. Nel 2025, quasi un terzo dei curriculum in Italia (32%) presenta un’interruzione di almeno un anno. Questo dato appare in lieve crescita rispetto al 2022. Ecco tutti i dati

Quello che devi sapere

Come sono cambiati i cv negli ultimi anni

Nel 2025 solo la metà dei lavoratori italiani presenta un curriculum senza interruzioni. La percentuale è in costante calo rispetto agli anni precedenti: 51% nel 2022, 61% nel 2020. Il 32% dei cv presenta un’interruzione di almeno un anno: anche questo è un dato in crescita rispetto al 22% del 2020.

 

Per approfondire:
Lavoro, cos’è il "micro-pensionamento" sempre più diffuso tra i giovani

“Periodi di pausa ormai consolidati”

Sempre secondo i dati di LiveCareer, i gap di carriera di lunga durata hanno raggiunto il loro picco nel 2025. Le conseguenze della pandemia da Covid-19 continuano a pesare sulle abitudini lavorative e sulla stabilità occupazionale. “I periodi di pausa nella carriera sono ormai una realtà consolidata nel mondo del lavoro di oggi”, spiega Jasmine Escalera, esperta di carriera per LiveCareer -. I datori di lavoro dovrebbero superare i vecchi pregiudizi. Queste pause spesso riflettono crescita personale, acquisizione di nuove competenze o cambi di vita necessari, non una mancanza di ambizione o capacità”.

 

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I dati sulla disoccupazione in Italia

Ma quali sono i dati sul lavoro in Italia? A marzo il tasso di disoccupazione è salito al 6,0% (+0,1 punti rispetto al mese precedente), quello giovanile al 19,0% (+1,6 punti), secondi i dati dell'Istat.

 

A marzo, indica inoltre l'Istat, si registra un calo mensile degli inattivi, ovvero di coloro che non hanno un posto e non lo cercano (-0,1%, pari a -11mila unità) che coinvolge gli uomini e i 35-49enni a fronte di un aumento tra le donne e nelle altre classi d'età, con l'eccezione dei 15-24enni che registrano una stabilità. Il tasso di inattività è invariato al 32,9%. Rispetto a marzo 2024, invece, diminuisce sia il numero di persone in cerca di lavoro (-11,8%, pari a -208mila unità) sia quello degli inattivi (-0,9%, pari a -107mila).

I consigli su come valorizzare la pausa lavorativa

Per chi cerca un lavoro è però importante valorizzare il tempo di inattività, spiegando, ad esempio, in fase di colloquio, le esperienze fatte durante il periodo di gap (assistenza familiare, formazione, esperienze di crescita personale ecc.). Gli esperti consigliano di essere trasparenti, cioè di spiegare il gap con sicurezza, in modo chiaro e conciso, sia nel curriculum che durante un colloquio. È poi importante inquadrare la propria pausa non come una semplice sosta, ma come un'opportunità di crescita e di sviluppo personale.

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I buchi nel cv di 12 mesi o più

Ad ogni modo, ci sono anche degli indicatori negativi su cui riflettere. Il fatto che quasi un terzo dei cv abbia buchi di almeno 12 mesi può essere indice del fatto che in Italia la disoccupazione di lunga durata continui a essere un problema e che per alcuni trovare un nuovo lavoro resti ancora un’impresa difficile, soprattutto se si necessita di una riqualificazione professionale.

La Genz e il micro retirement

Ad ogni modo, quando ci sono pause molto lunghe nei cv, bisogna guardare anche la fascia d’età del lavoratore. Per chi fa parte della GenZ, cioè per chi è nato tra il 1997 e il 2012, è abbastanza comune prendersi una pausa per dedicarsi a hobby o viaggi, per circa un anno ogni tre di lavoro. Questo fenomeno si chiama micro retirement e l’espressione è stata usata per la prima volta nel 2007 da Timothy Ferriss nel libro The 4-Hour Workweek: il micro pensionamento si può quindi considerare come una sorta di antidoto delle nuove generazioni contro il cosiddetto burnout da lavoro, cioè il collasso psicofisico da stress cronico.

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Il fenomeno del job hopping

C’è poi anche il fenomeno dello job hopping. A essere interessati sono coloro che non sono soddisfatti del proprio lavoro e che quindi cambiano più volte ruolo o settore all’interno della stessa azienda o in aziende diverse. Come ha certificato nel 2023 l'Anpal, l’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro, il numero di professionisti che hanno cambiato lavoro almeno due volte in un periodo di 24 mesi è in costante aumento: durante il biennio 2015-2016, circa 2,35 milioni di italiani hanno cambiato lavoro più di una volta, ma questo numero è cresciuto del 20% nel biennio 2020-2021, raggiungendo quasi 3 milioni di persone.

 

Per approfondire:

Job hopping, il 6% dei lavoratori "salta" da un’occupazione all’altra: i dati

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