Assegno di mantenimento in caso di divorzio nelle unioni civili: come funziona

Economia
©IPA/Fotogramma

Introduzione

L’assegno non sarà più riservato alle coppie unite in matrimonio, ma potrà essere corrisposto anche nel caso di scioglimento di un’unione civile. Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 25495 della Prima sezione civile depositata mercoledì 17 settembre 2025: ecco cosa cambia.

Quello che devi sapere

Il ricorso accolto dalla Suprema Corte

La vicenda parte dal ricorso presentato da una donna che, unitasi civilmente alla compagna nel 2016, dopo lo scioglimento ha chiesto che l’ex partner le fornisse un sostegno economico. Alla base della richiesta c’era il fatto che lei avesse rinunciato alla propria attività per favorire la carriera della compagna. La donna aveva ottenuto un assegno di 550 euro mensili, ma la Corte d’Appello di Trieste nel 2020 l’aveva revocato e così lei si è rivolta alla Suprema Corte.

 

Per approfondire su Insider: L’illusione del pareggio fra unioni civili e matrimoni religiosi

La legge sul divorzio

La Cassazione con l’ordinanza n. 25495 ha quindi ribaltato la decisione precedente, spiegando che nonostante l’unione civile presenti delle differenze rispetto al matrimonio si applica anche ad essa l’articolo 5, comma 6, della legge 898/1970, ovvero la legge sul divorzio. “Anche l’unione civile - scrive la Corte - quale ‘specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione’, benché rappresenti un istituto diverso dall’archetipo del matrimonio e dal paradigma della famiglia come società naturale che su di esso si fonda, è espressione di una comunità degli affetti nel disegno pluralistico dei modelli familiari che si registra a seguito dell’evoluzione sociale e dei costumi”.

 

Per approfondire: Famiglia, aumentano le unioni civili e calano i divorzi. Il rapporto Istat

pubblicità

L’articolo 5

Articolo 5 che, nella parte sull’assegno, recita: “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico. I coniugi devono presentare all'udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria. L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze”.

 

Per approfondire: Divorzio e accordi prematrimoniali: la svolta della Cassazione

Le due funzioni dell’assegno

La Corte di Cassazione nell’ordinanza precisa che l’assegno si basa su due funzioni, spiega LaLeggePerTutti.it:

  • La funzione assistenziale, che “interviene quando uno dei due partner non ha mezzi economici adeguati per garantirsi una vita autonoma e dignitosa e si trova nell’impossibilità oggettiva di procurarseli. In questo caso, l’assegno non è legato al tenore di vita goduto durante l’unione, ma serve a soddisfare le esigenze primarie”
  • La funzione perequativo-compensativa, che “scatta quando lo squilibrio economico è il risultato diretto delle scelte condivise durante la vita comune. È il caso di chi ha sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi alla famiglia o per contribuire, anche indirettamente, alla formazione del patrimonio comune e alla carriera del partner. Questa funzione, che assorbe quella assistenziale, permette di calcolare un assegno che tenga conto del contributo dato alla vita familiare”

pubblicità

La funzione compensativa

La Cassazione infine specifica che nulla esclude che in un’unione civile siano compresi anche dei figli, biologici o in stepchild adoption, oppure dei familiari anziani che hanno bisogno di assistenza. Motivo per cui sono applicabili i criteri già elaborati dalla giurisprudenza della Cassazione stessa per valutare la funzione compensativa dell’assegno divorzile, in relazione a quelli che sono stati i compiti svolti da ognuno e alle ragioni per le quali sono state fatte delle scelte che hanno comportato a rinunce professionali.

 

Per approfondireDivorzi, come funziona la gestione degli animali domestici in tribunale? Cosa sapere

Le convivenze di fatto

Quanto stabilito dalla Cassazione non vale per le coppie che di fatto convivono ma non hanno formalizzato la loro unione. Pur disponendo di strumenti come il contratto di convivenza, non spetta loro un sostegno economico come quello per gli ex coniugi o ex partner di unione civile.

 

Per approfondire: Coppie e separazioni, anche le chat valgono come patti prematrimoniali

pubblicità