Smart working, studio Bankitalia sul mercato del lavoro: effetti positivi per donne e Sud

Economia
©IPA/Fotogramma

Introduzione

Uno studio realizzato da alcuni economisti della Banca d'Italia analizza gli effetti dello smart working, esploso con la pandemia, sul mercato del lavoro italiano. Da quanto emerso, dopo l’emergenza Covid-19 il lavoro da remoto si conferma un alleato prezioso per l'occupazione femminile e per il Mezzogiorno. I dettagli

Quello che devi sapere

Lo studio sullo smart working

Alcuni economisti della Banca d'Italia hanno realizzato uno studio, che non impegna l'istituzione, sull’impatto dello smart working sul mercato del lavoro italiano. Dall’analisi emergono effetti giudicati più che positivi e viene sottolineato il potenziale di una modalità lavorativa poco diffusa nel nostro Paese prima del Covid

 

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Gli effetti

Secondo la ricerca sullo smart working realizzata dagli economisti della Banca d'Italia, la diffusione del lavoro a distanza ha inciso positivamente sia sul tasso di attività sia sul tasso di occupazione, soprattutto tra le donne in età di cura dei figli e nei territori con minori servizi per l'infanzia. Il beneficio, sottolineano, è evidente anche nel Sud Italia e nelle aree meno densamente popolate, dove il lavoro agile ha contribuito a ridurre gli ostacoli all'ingresso nel mercato del lavoro

 

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La diffusione e le caratteristiche

Gli autori hanno utilizzato un ampio dataset amministrativo, che copre l'intera popolazione di lavoratori da remoto. Dal punto di vista geografico, emerge che il fenomeno è più diffuso al Nord e nelle aree urbane. Inoltre, è più diffuso tra le donne rispetto che tra gli uomini in tutte le macroregioni. Non essendoci segnali di trend precedenti che possano spiegare i miglioramenti, secondo lo studio diventa evidente come il lavoro da casa abbia avuto un effetto diretto sull'inclusione

 

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Dopo la pandemia

Dallo studio emerge anche come il lavoro da remoto non sia stato soltanto una risposta d'emergenza alla pandemia, ma è diventato un fattore strutturale capace di ampliare la partecipazione al mercato del lavoro in Italia. A beneficiarne di più, come detto, sono state le donne - in particolare quelle in età di cura dei figli - e le aree del Mezzogiorno

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La banca dati

Lo studio, in particolare, ha analizzato l'impatto dello smart working tra il 2019 e il 2022. Per farlo, ha sfruttato una banca dati amministrativa unica a livello europeo, costruita grazie agli obblighi di comunicazione che le aziende hanno nei confronti del ministero del Lavoro

L’impatto

Tornando ai risultati emersi dall’analisi, uno dei più evidenti è che la possibilità di lavorare da casa ha inciso in modo positivo sia sul tasso di attività sia sull'occupazione, soprattutto dove l'accesso al mercato del lavoro è storicamente più basso. Nelle aree meridionali e in quelle meno popolate, il lavoro a distanza ha rappresentato un'opportunità per chi, in assenza di servizi di welfare adeguati, avrebbe rischiato di restare inattivo

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I tassi

Nel dettaglio, i dati dello studio mostrano che un aumento standardizzato dei lavoratori in smart working, rapportato al totale degli occupati locali, ha prodotto un incremento di 0,9 punti percentuali nel tasso di partecipazione e di 0,7 punti in quello di occupazione

L’impatto sulle lavoratrici

Gli effetti diventano ancora più evidenti quando lo smart working riguarda le donne e la fascia 25-49 anni, la più coinvolta nelle responsabilità di cura dei bambini. Un aspetto cruciale, infatti, riguarda la scarsità di servizi per l'infanzia: lo studio documenta che l'impatto positivo del lavoro da remoto si concentra proprio nelle aree dove l'offerta di asili e strutture di sostegno familiare è limitata. In assenza di questo supporto, la flessibilità organizzativa e la riduzione dei tempi di spostamento offerte dallo smart working diventano decisive per le lavoratrici

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L’effetto inclusivo

Nello studio viene sottolineato anche come l’analisi del quadro italiano assuma ancora più rilevanza se la situazione del nostro Paese viene confrontata con il contesto europeo. L’Italia, infatti, presenta storicamente tassi di attività tra i più bassi, soprattutto tra le donne e nel Sud, e prima del Covid il ricorso al lavoro da remoto era molto più contenuto che altrove: tutto ciò ha reso il boom pandemico dello smart working un vero shock. Da qui l'effetto inclusivo: se nel Centro-Nord urbano lo smart working è più diffuso ma meno decisivo per spingere nuovi ingressi nel mercato del lavoro, al Sud e nelle zone periferiche ha svolto un ruolo chiave. In queste aree, meno dinamiche e con minori servizi, il lavoro da remoto ha offerto una porta di accesso per persone che altrimenti sarebbero rimaste fuori: una buona spinta, concludono gli analisti, in un Paese che deve fare i conti con bassa natalità, invecchiamento demografico e scarsa partecipazione al lavoro

 

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