Riforma Irpef, chi beneficerebbe dal taglio al 33% della seconda aliquota?
Nella prossima Legge di Bilancio, è possibile che il governo intervenga a sostegno del ceto medio con alcune misure, tra cui la riforma dell’Irpef. L’intenzione è quella di ridurre il secondo scaglione al 33%, estendendola fino ai redditi di 60 mila euro: ecco chi aiuterebbe e quanto si risparmierebbe
IN VISTA DELLA PROSSIMA MANOVRA
- Sono diversi i temi su cui l’esecutivo potrebbe intervenire nella prossima Legge di Bilancio, aiutando in particolare il ceto medio: tra questi ci sono gli interventi sul lavoro e le pensioni, a cui si aggiunge una possibile taglio dell’Irpef. "Sulla manovra noi puntiamo soprattutto alla riduzione della pressione fiscale per aiutare il ceto medio. Significa riduzione dell'Irpef dal 35 al 33% e allargamento della base fino a 60.000 euro”, ha dichiarato il vicepremier Antonio Tajani
ALIQUOTE IRPEF
- Ad oggi gli scaglioni dell’Irpef sono tre: si sta studiando per far sì che nel 2026 venga ridotto il secondo scaglione al 33% e allargato fino a 60 mila euro
STIMA TAGLIO IRPEF
- Secondo una stima fatta da Forza Italia, un possibile taglio dell’Irpef costerebbe all’incirca 4 miliardi l’anno
LE RAGIONI
- Una simile operazione agevolerebbe coloro che guadagnano oltre 29 mila euro, che sono anche coloro che pagano la maggior parte dell’Irpef, circa il 76%
QUANTO SI RISPARMIEREBBE
- Ma quanto si risparmierebbe con una simile modifica? Di base, secondo la Fondazione Nazionale commercialisti, che ha considerato la riduzione di un paio di punti prcentuali dell’Irpef, dai 40 mila euro in su si andrebbe a risparmiare alcune centinaia di euro l’anno
I BENEFICIARI
- Ma chi guadagnerebbe da una simile operazione? Soprattutto i contribuenti più ricchi, cioè quelli che guadagnano più di 40 mila euro, che sono 12,5 milioni
GLI AIUTI AL CETO MEDIO
- Sarebbe questo un aiuto al ceto medio, dopo che i governi Draghi e Meloni si sono concentrati soprattutto sul ceto meno abbiente: il recupero dell’inflazione si è finora concentrato sulle fasce meno benestanti, mentre chi ha guadagnato di più sente ancora la riduzione del potere d’acquisto