Ponte sullo Stretto, analisi Unimpresa: serviranno 30 anni per rientrare dell'investimento

Economia
©IPA/Fotogramma

Introduzione

Ci vorranno 30 anni per recuperare l’investimento fatto per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. A dirlo è il Centro studi di Unimpresa, che ha analizzato il progetto e secondo cui però ci saranno utili già dal primo anno. In particolare, si legge nel rapporto, con un investimento previsto pari a 13 miliardi di euro il Ponte potrà generare ricavi annui stimati tra i 535 e gli 800 milioni di euro, grazie a un flusso di traffico previsto di 25 milioni di veicoli e 36mila treni ogni anno.

 

Il modello economico su cui è stata realizzata l’analisi è basato su di una tariffa media per veicolo pari a 15 euro - 10 euro per le auto, 20 euro invece per i camion - con una distribuzione ipotetica del traffico al 50% tra mezzi leggeri e pesanti. Il valore commerciale del traffico ferroviario è stimato pari al 30% del totale.

Quello che devi sapere

I guadagni dal pedaggio

Stando dunque a queste proiezioni, i ricavi ottenuti dai pedaggi  stradali  ammonterebbero a circa 375 milioni di euro. A questi bisognerebbe poi aggiungere circa 160 milioni dal traffico ferroviario, per un totale minimo di 535 milioni. Se si considera invece uno scenario maggiormente ottimistico, contrassegnato da una maggiore domanda e dalla piena operatività logistica delle infrastrutture, le entrate potrebbero arrivare fino a quota 800 milioni di euro l'anno.

 

Per approfondire: Ponte sullo Stretto di Messina, quali sono finora i ponti sospesi più lunghi del mondo

Gli utili e il recupero dell’investimento

Per quanto riguarda invece l’utile operativo, le stime parlano di circa 100 milioni di euro all’anno. La previsione è che si possa andare in positivo già nel primo anno di apertura del Ponte sullo Stretto al traffico. Inoltre, sempre secondo l’analisi condotta dal Centro studi di Unimpresa, nell’arco di 30 anni il valore cumulato degli utili ammonterebbe a circa 3 miliardi di euro, pari a poco meno del 25% del costo complessivo dell'opera. Il recupero integrale dell'investimento dipenderebbe quindi da un mix di ricavi diretti, benefici indiretti sull'indotto, impatti fiscali e possibili contributi pubblici. 

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L’impatto sul Pil di Sicilia e Calabria

È da segnalare però che, secondo le proiezioni di Unimpresa, le ricadute economiche sulle regioni sarebbero modeste. Per la Sicilia infatti l’impatto sul Prodotto interno lordo sarebbe inferiore all’1% anno, mentre per la Calabria - che parte da un Pil più basso - la ricaduta sarebbe compresa in una forbice tra l’1,4 e il 2,3%. 

L’impatto sull’economia italiana

E ancora, il Centro studi di Unimpresa sottolinea come l'importo di 13 miliardi di euro corrisponde a circa lo 0,6% del Pil italiano annuo. Il ritorno diretto per i territori di Sicilia e Calabria, secondo la previsione riportata nel testo, sarebbe pari a mezzo miliardo di euro l'anno. Si tratta presumibilmente di un valore cumulativo tra impatti diretti, indiretti e indotti. Tuttavia, la cifra rappresenta meno del 4% annuo del capitale investito, rendendo l'intervento economicamente sostenibile solo in un'ottica di lunghissimo periodo.

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L’ecosistema logistico integrato

Insomma, secondo Unimpresa il trasporto passeggeri non sarà sufficiente a rendere l’opera economicamente sostenibile. Sarà infatti indispensabile sviluppare un ecosistema logistico integrato che comprenda porti modernizzati e competitivi, terminal intermodali efficienti, connessioni ferroviarie ad alta capacità e piattaforme di distribuzione interna collegate alle principali direttrici europee. "Il progetto del Ponte sullo Stretto è una sfida infrastrutturale e strategica di rilevanza nazionale, ma il suo successo dipenderà non solo dalla sostenibilità economica, bensì dalla capacità di garantire trasparenza negli appalti,  coinvolgimento delle imprese locali e rigore nella gestione esecutiva”, ha spiegato il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.

L’esempio del ponte a Istanbul

Sempre secondo il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, è inoltre “fondamentale il rapporto tra gli abitanti e i passaggi sul ponte”. Infatti “lo sviluppo del Ponte dello stretto non sarà quasi per nulla legato al numero di abitanti, ma al numero di merci che attraverseranno il Ponte. Questo vuol dire che il futuro del ponte è legato a piani commerciali e piattaforme logistiche che dovranno nascere, ed è qui che la politica dovrebbe farsi sentire. Se prendiamo ad esempio il ponte di Istanbul, con 15 milioni di abitanti, crocevia per i Balcani e Medioriente, appare chiaro che quello sullo stretto è poca roba. Sicilia e Calabria unite sommano meno della metà degli abitanti della sola Istanbul”.

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Le posizioni della politica italiana

Non si ferma intanto la contrapposizione politica sulla realizzazione dell’opera. Il vicepremier e ministro ei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini ha detto che “la Lega ha sempre contestato l'assistenzialismo, la spesa improduttiva che condannava il Sud a vivere di sussidi e non di lavoro. Il Ponte, al contrario, è un'opera che attira investimenti e ricchezza, esattamente come lo è stata a suo tempo l'Autostrada del Sole". Mentre Angelo Bonelli, deputato Avs e co-portavoce di Europa Verde, ha commentato le parole di Salvini dicendo che “continua a nascondere la verità agli italiani: quest'opera è il più grande sperpero di denaro pubblico della storia recente”, aggiungendo che “anche i dati economici smentiscono le promesse di Salvini: secondo il Centro studi di Unimpresa, l'opera genererebbe ricavi annui compresi tra 535 e 800 milioni di euro, con un utile operativo di appena 100 milioni, pari a meno del 25% del costo totale in 30 anni. Un impatto limitato sul Pil del Sud, a fronte di un indebitamento e di una spesa colossali". 

 

Per approfondire: Ponte Stretto di Messina, dai ricorsi agli espropri: rischi e difficoltà del progetto

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