Dazi Usa-Ue, quali effetti sul vino italiano? "Danni da oltre 300 milioni"

Economia
©IPA/Fotogramma

Introduzione

Il mondo del vino è in allarme: l’accordo tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen non risparmia il settore vitivinicolo, che rischia di subire una pesante batosta a causa dei dazi al 15% che entreranno in vigore il 1° agosto. La speranza del settore è che alla fine la percentuale sia inferiore o che si arrivi addirittura a zero dazi. Ecco cosa sapere.

Quello che devi sapere

I danni per il settore vitivinicolo causati dai dazi

"Con i dazi al 15% il danno che stimiamo per le nostre imprese è di circa 317 milioni di euro cumulati nei prossimi 12 mesi, mentre per i partner commerciali d'oltreoceano il mancato guadagno salirà fino a quasi 1,7 miliardi di dollari. Il danno salirebbe a 460 milioni di euro qualora il dollaro dovesse mantenere l'attuale livello di svalutazione. Chiediamo al governo italiano e all'Ue di considerare adeguate misure per salvaguardare un settore che grazie al buyer statunitense era cresciuto molto". A dichiararlo è il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi

 

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L’aumento di prezzo

Secondo le analisi Uiv, a inizio anno la bottiglia italiana che usciva dalla cantina a 5 euro veniva venduta in corsia a 11,5 dollari; ora, tra dazio e svalutazione della moneta statunitense, il prezzo sarebbe vicino ai 15 dollari con +186%; ma nella ristorazione la stessa bottiglia da 5 euro rischierà di costare circa 60 dollari

 

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I vini più esposti

“Non ci si può ritenere soddisfatti per questo accordo - ha detto il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti - un dazio al 15% è certamente inferiore all'ipotesi del 30%, ma è enormemente superiore a quella, quasi nulla, del pre-dazio". Secondo l'Osservatorio Uiv, il 76% (l'equivalente di 366 milioni di pezzi) delle 482 milioni di bottiglie tricolori spedite lo scorso anno verso gli Stati Uniti si trova in 'zona rossa', con una esposizione sul totale delle spedizioni superiore al 20%. Aree enologiche con picchi assoluti per il Moscato d'Asti (60%), il Pinot grigio (48%), il Chianti Classico (46%), i rossi toscani Dop al 35%, quelli piemontesi al 31% così come il Brunello di Montalcino, per chiudere con il Prosecco al 27% e il Lambrusco. In totale sono 364 milioni di bottiglie, per un valore di oltre 1.3 miliardi di euro, ovvero il 70% dell'export italiano verso gli Usa

Gli effetti dei dazi su consumi ed economie delle aziende vitivinicole

A fronte dei dazi imposti dagli Usa, è necessario "un intervento strutturale da parte del Governo e delle Istituzioni affinché mettano a disposizione risorse straordinarie per fare fronte a questo nuovo e importante cambiamento". A chiederlo è Andrea Rossi, presidente di Avito, Associazione vini toscani Dop e Igp che rappresenta 24 Consorzi di tutela - dal Chianti Classico alla denominazione di Bolgheri - e il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano. Il mercato Usa per il vino toscano, ricorda Avito, rappresenta il 37% dell'export con un valore medio annuo di oltre 400 milioni di euro: i dazi, si osserva dunque, "si ripercuoteranno in maniera importante sui consumi e quindi sulle economie delle nostre aziende che operano su uno dei settori strategici della Toscana, ma anche del Paese"

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Ripensare le strategie e gli investimenti in nuovi mercati

"Chiediamo inoltre una maggiore flessibilità sugli strumenti di promozione, a partire dall'Ocm; quindi, pensare insieme al mondo produttivo a nuove strategie e investimenti in nuovi mercati cercando una integrazione rispetto a quello statunitense", ha aggiunto Rossi che ricorda come la nuova variabile dei dazi faccia seguito ad altre intervenute negli ultimi cinque anni: "Prima la pandemia, poi il picco dei costi energetici, l'aumento incondizionato dei tassi di interesse, la peronospora, tutti eventi non controllabili e non prevedibili da parte dei produttori che hanno cercato comunque di reagire, ma a questo punto è doveroso chiedere alle Istituzioni di sostenere con interventi straordinari un settore così importante, quale quello del vino", conclude Rossi

Ci saranno categorie esentate?

"Quanto meno c'è chiarezza. Il 15% è un'aliquota abbastanza alta, sarebbe stato meglio accordarsi su numeri inferiori. Auspichiamo che ci siano categorie esentate e che siano quelle che riguardano i nostri prodotti, perché alcuni, come i vini Docg, Doc, Igt oppure l'aceto balsamico di Modena Igp, non si possono produrre negli Stati Uniti. Serve anche capire come saranno modulati"., ha dichiarato il presidente di Federvini Giacomo Ponti, intervistato da Il Messaggero in merito all'accordo sui dazi. "Sui condimenti a base di aceto, ad esempio, c'è già un dazio del 7%. Occorre capire se l'aliquota al 15% ricomprende già questo dazio oppure se le due tariffe andranno sommate. Nel primo caso si tratterebbe di un aggravio dell'8%, nel secondo si arriverebbe al 22%. Si tratta di punti da approfondire, che da domani diventeranno lavoro per i ministeri competenti e per le diplomazie", ha sottolineato Ponti

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Chi ci guadagna? I prodotti Italian Sounding

Ad avvantaggiarsi da questa situazione di incertezza possono essere in particolare i prodotti dall’Italian sounding, che riecheggiano nel nome alcune eccellenze nazionali ma che in realtà vengono realizzati fuori dal Paese. Un esempio è il Calsecco californiano, dal nome che imita deliberatamente il prosecco nostrano e che sull’etichetta prodotta dall’azienda Rack&Riddle dichiara testualmente di essere prodotto “secondo la tradizione veneziana”. Un danno secondo la Coldiretti che viene stimato in oltre mezzo miliardo di euro. Questo è soltanto l’ultimo di una serie di tentativi: il Prosecco, infatti, vanta diverse imitazioni come il Meer-secco, Kressecco, Semisecco, Consecco e Perisecco tedeschi, senza dimenticare il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova

 

Per approfondire: Dazi Usa al 15%, cosa cambia per il Made in Italy settore per settore

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