Introduzione
L’anno prossimo le pensioni potrebbero aumentare, anche se non per tutti. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni sta valutando un nuovo intervento sull’Irpef a favore della classe di reddito medio-alta, con un taglio della seconda aliquota dal 35 al 33%. Così facendo, si alleggerirebbe la pressione fiscale su chi percepisce pensioni lorde tra 28 e 60mila euro, con un netto mensile che si alzerebbe. Ma di quanto?
Quello che devi sapere
Gli aumenti
Gli aumenti dovrebbero essere modesti, almeno secondo quanto trapela dalle prime simulazioni. Come scrive Il Messaggero, si potrebbe arrivare fino a circa 640 euro in più in un anno per chi ha una pensione lorda di 60mila euro. Le cifre vanno via via abbassandosi per chi ha redditi più bassi:
- 440 euro annui per 50mila euro lordi
- 240 euro annui per 40mila euro lordi.
Non è previsto, invece, un vantaggio per chi percepisce meno di 28mila euro annui di pensione e che è già nell’aliquota di tassazione più bassa, cioè quella del 23%
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Il ricalcolo
Il taglio dell’aliquota al 33% rientra nel percorso di riforma fiscale della legge delega approvata nel 2023 per puntare a ridurre gradualmente il numero degli scaglioni Irpef. Il cambiamento, per i pensionati, lo si vedrà nel cedolino mensile con il ricalcolo che dovrebbe essere automatico, sempre se la misura verrà confermata
Il peso dell'inflazione sulle pensioni
Nonostante gli adeguamenti legati alla perequazione e le misure fiscali previste, il potere d’acquisto dei pensionati resta molto limitato dall’aumento del costo della vita. Secondo stime parziali delle principali associazioni di consumatori, tra il 2021 e il 2024 l’inflazione ha bruciato migliaia di euro di valore reale delle pensioni, soprattutto nelle fasce medio-basse
In pensione sempre più tardi
Intanto, in Italia si va in pensione sempre più tardi. L’età media in cui effettivamente si lascia il lavoro nel 2024 è infatti salita a 64 anni e 5 mesi, tre mesi in più rispetto al 2023. Un allungamento della carriera che diventa più significativo se si va indietro nel tempo: negli ultimi 30 anni il traguardo della pensione si è spostato in avanti di sette anni. Guardando ai salari di chi è ancora al lavoro, tra il 2019 e il 2024, le retribuzioni nette, cioè tenuto conto dei rinnovi dei contratti nazionali ma anche degli aiuti del cosiddetto taglio del cuneo fiscale, in media sono cresciute del 12,5%, a fronte di un’inflazione del 17,4. Il recupero del carovita quindi non è stato pieno
Le differenze tra donne e uomini
Ci sono poi nette differenze tra donne e uomini. Nel 2024 è salita di qualche punto percentuale l'età media di pensionamento, ma le diseguaglianze di genere restano forti: i pensionati uomini hanno ricevuto una pensione media di 2.142,60 euro al mese, una cifra superiore del 34% a quella media ricevuta dalle donne pensionate, pari a 1.594,82 euro. I dati emergono dall’Inps, dal Rapporto annuale dell'Istituto nazionale di previdenza sociale. La crescita è dovuta prevalentemente alla stretta sulle pensioni anticipate con l'introduzione del calcolo contributivo per chi va in pensione con Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) e in parte agli incentivi sulla permanenza al lavoro. L'età media di uscita in pensione di vecchiaia è di 67,2 anni mentre quella per l'anticipata è di 61,6 anni
Il peso delle pensioni
Da considerare, poi, che nel nostro Paese la spesa per le pensioni continuerà a crescere per altri 18 anni, fino cioè al 2043. Il peso del sistema previdenziale sulle casse dello Stato aumenterà. A pesare, in particolare, è "Quota 100" voluta dal governo gialloverde, con ulteriori problemi di sostenibilità del sistema nel lungo periodo, come certificano i dati contenuti nell’ultimo aggiornamento della Ragioneria dello Stato. Ed emerge che, dopo il 2043, il costo delle pensioni inizierà sì una discesa, ma sarà lenta. Nel 2060 si arriverà sotto al 14% della ricchezza del Paese
Per approfondire: Pensioni, la spesa crescerà per altri 18 anni: gli scenari